Da quest’anno i termini per la presentazione della dichiarazione dei redditi e IRAP e quello del versamento del secondo o unico acconto delle imposte dovute per il 2019, coincidono. Infatti, sono fissati entrambi al 30 novembre, termine che, nel 2019, slitta al 2 dicembre (cadendo il 30 di sabato). Questa “coincidenza”, anche se in maniera indiretta, determina alcune conseguenze in fase di applicazione del ravvedimento operoso (art. 13, D.Lgs. n. 472/1997). Infatti, per chi avesse commesso qualche errore o dimenticanza, resta sempre possibile rimediarvi con il ricorso al ravvedimento operoso usufruendo, quindi, delle notevoli riduzioni sulle sanzioni. Proviamo, dunque, a sintetizzare quali sono i rimedi più efficaci per le violazioni commesse in relazione alla dichiarazione dei redditi e ai versamenti degli acconti. Ravvedimento della dichiarazione dei redditi Quando si parla di ravvedimento della dichiarazione dei redditi, con effetti a sfavore del contribuente, occorre distinguere tra le seguenti ipotesi: - dichiarazione integrativa (che presuppone una modifica al contenuto di una dichiarazione già presentata); - dichiarazione tardiva, nei casi di omessa presentazione. Partendo da tale differenziazione, occorre distinguere ulteriormente tra: - violazioni dichiarative ravvedute nei primi 90 giorni dalla scadenza del termine di presentazione; - violazioni dichiarative ravvedute dopo 90 giorni dalla scadenza del termine di presentazione. Da premettere, comunque, che la dichiarazione presentata oltre 90 giorni si considera a tutti gli effetti omessa e, pur essendo oggetto di sanzione da parte dell’Agenzia delle entrate, non è possibile ravvederla. Ravvedimento entro 90 giorni Nel primo caso (ravvedimento entro 90 giorni, quindi, con riferimento al modello di quest’anno, entro il 2 marzo 2020), le modalità operative variano a seconda che si debbano correggere: 1) errori non rilevabili in sede di controllo automatizzato o formale: la sanzione configurabile - e, dunque, quella da prendere a riferimento in caso di ravvedimento - non è quella prevista per la tardività di cui all’art. 1, comma 1, D.Lgs. n. 471/1997, bensì quella di cui al successivo art. 8, concernente le “violazioni relative al contenuto e alla documentazione delle dichiarazioni” (da 250 a 2.000 euro). Pertanto, il contribuente, in questo caso, dovrà: - presentare la dichiarazione corretta; - versare la sanzione di 27,78 euro (misura minima ex art. 8, comma 1, D.Lgs. n. 471/1997, pari a 250 euro, ridotta ad 1/9); - versare l’eventuale maggiore imposta, dovuta, ed eventualmente ravvederla con l’applicazione delle sanzioni ridotte a seconda di quando viene eseguito il versamento. 2) errori rilevabili in sede di controllo automatizzato o formale: la sanzione applicabile è solo quella per omesso versamento (art. 13 del D.Lgs. n. 471/1997), pari al 30% di ogni importo non versato, chiaramente ridotta in base alle regole del ravvedimento operoso. In caso di dichiarazione tardiva, ossia quella presentata entro 90 giorni dalla scadenza del termine di presentazione ordinario, si applica la sanzione in misura fissa di 250 euro, prevista per l’omissione della dichiarazione in assenza di debito d’imposta. Chiaramente, se oltre alla tardività c’è stato anche un carente o tardivo versamento del tributo emergente dalla dichiarazione stessa, si applica anche la sanzione per omesso versamento. Pertanto, ai fini del ravvedimento: - la sanzione fissa per la tardività (250 euro) può essere ridotta, in sede di ravvedimento operoso, a 1/10 (quindi, si versano 25 euro); - il tardivo o carente versamento del tributo può essere regolarizzato applicando le riduzioni previste dall’art. 13, D.Lgs. n. 472/1997, a seconda del momento in cui interviene il versamento. Ravvedimento oltre 90 giorni Anche nel caso in cui il ravvedimento della dichiarazione viene effettuato dopo 90 giorni dallo scadere del termine di presentazione della stessa, occorre distinguere i seguenti casi, a seconda che si tratti di: 1) errori non rilevabili in sede di controllo automatizzato o formale: ricorre il caso di infedele dichiarazione, con l’applicazione della sanzione compresa tra il 90% e il 180% della maggiore imposta dovuta o della differenza del credito utilizzato. Pertanto, il contribuente deve: - presentare una dichiarazione integrativa; - versare, oltre al tributo dovuto e agli interessi, la corrispondente sanzione proporzionale (tale sanzione assorbe anche le altre violazioni relative all’infedeltà dichiarativa, ovvero quella prevista per l’omesso versamento) avvalendosi, eventualmente, del ravvedimento operoso e applicando le riduzioni previste dall’art. 13, D.Lgs. n. 472/1997, a seconda del momento in cui interviene il versamento. 2) errori rilevabili in sede di controllo automatizzato o formale: anche in questo caso, la sanzione applicabile è solo quella per omesso versamento (art. 13, D.Lgs. n. 471/1997), pari al 30% di ogni importo non versato, ridotta in base alle regole del ravvedimento operoso. Ravvedimento della dichiarazione con ricalcolo degli acconti L’Agenzia delle Entrate, nella circolare 12 ottobre 2016, n. 42/E, si è occupata del caso in cui dalla dichiarazione integrativa presentata emerge una maggiore imposta, con conseguente determinazione di acconti dovuti per l’anno d’imposta successivo in misura superiore. Secondo la suddetta prassi, non è possibile scontare la sanzione per carente versamento dell’acconto (30%), se la dichiarazione integrativa è presentata successivamente al termine di versamento del secondo acconto. Ciò, a partire da quest’anno sarà la regola in quanto i due termini coincidono. E comunque, anche quando l’integrazione avvenga prima del citato termine, il primo acconto non sarà sanzionabile quando con il secondo acconto sia versata la differenza dovuta, calcolata con riferimento alla dichiarazione integrata. In definitiva, se l’importo versato per gli acconti è commisurato a quello determinato nella dichiarazione vigente al momento del versamento, il contribuente non potrà essere assoggettato a sanzione per carente versamento.