Per i delitti tributari più gravi commessi dopo la legge di conversione del Dl fiscale si applicherà la confisca allargata, e, prima ancora, il sequestro. Il nuovo articolo 12-ter del Dlgs 74/00 dispone, infatti, in caso di condanna (o patteggiamento della pena) per alcuni delitti fiscali l’applicazione del particolare istituto previsto dall’articolo 240-bis del Codice penale. La confisca Si tratta della possibilità di confiscare denaro, beni o altre utilità di cui il condannato non possa giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito dichiarato o all’attività economica. Questo istituto trova la sua origine nel contrasto alla criminalità organizzata e consente di aggredire l’intera ricchezza non giustificata ritenuta frutto dell’accumulazione illecita in base a una presunzione legale. Viene cosi meno il nesso di pertinenzialità o di continenza che ordinariamente deve sussistere tra beni sequestrati e reato. Si trasferisce inoltre sul soggetto, che ha la titolarità o la disponibilità dei beni, l’onere di dare un’esauriente spiegazione in termini economici (e non semplicemente giuridico-formali) della positiva liceità della loro provenienza, con l’allegazione di elementi che, pur senza avere la valenza probatoria civilistica in tema di diritti reali, possessori e obbligazionari, siano idonei a vincere tale presunzione (tra le altre Sezioni unite 36499/2018). In tale contesto l’interessato - e nel caso dei delitti tributari la previsione potrebbe trovare una diffusa applicazione - può giustificare la provenienza dei beni sul presupposto che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego dell’evasione fiscale, a condizione che l’obbligazione tributaria sia stata estinta mediante adempimento nelle forme di legge. Mentre la confisca scatta una volta che vi sia condanna definitiva, alcuni aspetti problematici potrebbero presentarsi nel caso dei reati tributari con riferimento al sequestro preventivo che viene eseguito in una fase del procedimento decisamente precedente. La Cassazione Basti pensare che secondo la Cassazione, ai fini del sequestro preventivo, è necessario accertare, quanto al fumus commissi delicti, l’astratta configurabilità, nel fatto attribuito all’indagato, di uno dei reati in esso indicati e, quanto al periculum in mora, la presenza di seri indizi di esistenza delle medesime condizioni che legittimano la confisca, sia per la sproporzione del valore dei beni rispetto al reddito o alle attività economiche del soggetto, sia per la mancata giustificazione della lecita provenienza dei beni (sentenza 26832/2015) È evidente che nei delitti tributari occorrerà comprendere in che modo gli investigatori prima, e il Pm dopo, riescano a distinguere la posizione della società, che normalmente commette la violazione fiscale, rispetto a quello della persona fisica (rappresentante legale) che invece commette il reato e quindi come vengano in concreto verificati in capo all’uno e all’altro i beni posseduti, i redditi dichiarati e le attività economiche svolte la cui sproporzione legittima il sequestro e, successivamente la confisca.