Scatta la causa di non punibilità se il contribuente regolarizza le fatture false ricevute prima di aver avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali. È questa una delle novità più interessanti introdotte dalle modifiche introdotte alla Camera al decreto fiscale, ora all’esame del Senato, in tema di reati tributari. In concreto, la vigente causa di non punibilità, già prevista dal Dlgs 74/2000 per i reati di dichiarazione infedele e omessa presentazione (articoli 4 e 5) viene estesa anche ai delitti di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (articolo 2) e mediante alti artifici (articolo 3). La causa di non punibilità scatterà, nella specie, allorché i debiti tributari, comprese sanzioni e interessi, siano estinti con l’integrale pagamento degli importi dovuti, a seguito del ravvedimento operoso, sempreché la regolarizzazione intervenga prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali. L’iniziativa legislativa, in linea di principio, deve essere salutata con estremo favore, in quanto, in buona sostanza, priva della rilevanza penale la regolarizzazione a posteriori dell’illecito ancorché esso sia rappresentato da condotte fraudolenti (utilizzo di false fatture, operazioni simulate ecc.) In concreto però si rischia che tale causa di non punibilità non abbia una effettiva applicazione per una serie di ragioni. Innanzitutto essa scatterà mediante il ravvedimento della violazione ma, sul punto, l’agenzia delle Entrate con un orientamento molto discutibile e singolare (che ora dovrà rivedere) non ammette questa regolarizzazione per le condotte fraudolenti prima fra tutte la dichiarazione che include costi fittizi (si veda articolo in basso). Poi vi è la necessità che la presentazione della dichiarazione corretta avvenga prima dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali. Ciò nonostante ormai da anni il ravvedimento possa essere eseguito anche successivamente alla consegna del Pvc contenente la constatazione delle violazioni. Inoltre, sorgono seri dubbi sull’interesse concreto del contribuente di sanare la propria posizione illecita benchè non veda alcun rischio conseguente alla violazione commessa. Al riguardo è significativo il parere dell’Ufficio del Massimario della Corte di cassazione (relazione III/05/2015) quando nel 2015 questa causa di non punibilità venne introdotta per la dichiarazione infedele e l’omessa presentazione. L’alto ufficio rilevava che «per la dichiarazione infedele e omessa esso (il debito tributario) va estinto con il ravvedimento o con la presentazione della dichiarazione omessa, entro il termine di presentazione previsto per il periodo di imposta successivo e l’autore del reato non deve aver avuto conoscenza di controlli o accertamenti. Sul piano pratico, per queste ultime ipotesi è improbabile un’applicazione dell’istituto, potendo difficilmente pronosticarsi comportamenti di “ravvedimento” da omessa/infedele dichiarazione non “sollecitati” dalla conoscenza di accertamenti». Era certamente preferibile la causa di non punibilità avesse seguito le previsioni vigenti per i reati di omesso versamento. Di sicuro avrebbe comportato un sostanziale abbattimento del numero dei procedimenti penali pendenti ed incentivato il pagamento delle imposte dovute (con positivi risvolti anche per le casse erariali). Per tali delitti (omesso versamento ritenute, Iva, indebita compensazione di crediti non spettanti), la non punibilità scatta, infatti, se il debito tributario compreso sanzioni e interessi venga completamente estinto prima dell’apertura del dibattimento anche mediante le speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie. Da ultimo, va segnalato che non è stato incluso nella causa estintiva anche il corrispondente reato di emissione di fatture false: il contribuente che ha ricevuto le false fatture e decide di ripresentare la dichiarazione espungendole dai costi rischia concretamente di denunciare indirettamente colui che le ha emesse.