Costituzione di comunione volontaria e divisione: imposta di registro con aliquota dell’1%

Agenzia delle Entrate - Risposta n. 526 del 13 dicembre 2019 Con la risposta n. 526 del 13 dicembre 2019, l'Agenzia delle Entrate illustra la corretta modalità di tassazione di un atto di "Costituzione di comunione volontaria e divisione". IL QUESITO Con il contratto di "Costituzione di comunione volontaria e divisione", i fratelli CAIO e FILANO intendono procedere alla divisione di 8 unità immobiliari (quattro appartamenti e quattro posti auto scoperti) censite presso l'archivio del catasto in ragione di ½ ciascuno. Il fabbricato è stato realizzato in comunione dai sopra identificati signori in forza dei provvedimenti abilitativi ottenuti su un'area edificabile estesa complessivamente di mq 583,31, risultante dalla unificazione catastale di due terreni e dalla demolizione dei fabbricati ivi esistenti, originariamente acquistati in comproprietà con i seguenti atti: - scrittura privata autenticata del 1979 per l'acquisto dei sigg. CAIO e FILANO (il primo, a quel tempo coniugato con la sig.ra SEMPRONIA in regime di comunione legale dei beni dal 1977), in ragione di ½ ciascuno, di una casa di abitazione e area di pertinenza, il tutto di mq 540; - atto del 1989 per l'acquisto CAIO e FILANO (il primo in costanza di matrimonio, il secondo, a quel tempo coniugato con la sig.ra MEVIA, in regime di comunione legale dei beni dal 1982), in ragione di ½ ciascuno, di un appezzamento di terreno con ivi esistente una cabina elettrica, esteso mq. 43,31. Pertanto, l'area sulla quale è stata realizzata la costruzione è formata da due terreni provenienti da due comunioni e, precisamente, per il 92,575% dal terreno acquistato con il primo atto, e per la restante parte, pari a 7,425%, dal fondo proveniente dal secondo atto di compravendita. Specularmente, sulla base dei suddetti titoli di provenienza ed in ragione del diritto di accessione di cui all'articolo 934 del cod. civ. e del regime di comunione legale dei beni disciplinata dall'articolo 177 del cod. civ., la costruzione immobiliare successivamente realizzata, avrebbe dovuto essere accatastata tenendo conto, oltre che delle quote indivise dei fratelli, anche delle quote di comproprietà spettanti alle rispettive coniugi. LA RISPOSTA DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE L'articolo 934 del codice civile disciplina l'istituto di accessione, in virtù del quale qualunque piantagione, costruzione od opera esistente sopra o sotto il suolo appartiene al proprietario di questo, salvo quanto disposto dagli articoli 935, 936 e 937, o risulti da diverso titolo o da disposizione di legge. Con riferimento alle costruzioni realizzate sul suolo comune, la Corte di Cassazione, nella sentenza a Sezioni Unite, 16 febbraio 2018, n. 3873, ha enunciato il seguente principio di diritto: "La costruzione eseguita dal comproprietario sul suolo comune diviene per accessione, ai sensi dell'articolo 934 del cod. civ., di proprietà comune agli altri comproprietari del suolo, salvo contrario accordo, traslativo della proprietà del suolo o costitutivo di un diritto reale su di esso, che deve rivestire la forma scritta ad substantiam". Nelle motivazioni della sentenza si afferma quanto segue: "Perciò, in mancanza di valido contrario titolo, qualunque costruzione edificata sul suolo comune - non solo da terzi (caso che ricadrebbe nelle fattispecie di cui agli articoli 936 e 937 del codice civile) ma anche da uno o da alcuni soltanto dei comproprietari - diviene ipso iure, per il solo fatto dell'incorporazione e a prescindere dalla volontà manifestata dalle parti al di fuori delle forme prescritte dall'articolo 1350 cod. civ., di proprietà comune di tutti i comproprietari del suolo in proporzione alle rispettive quote dominicali". Al riguardo, occorre evidenziare che il principio generale dell'accessione, non è derogabile dalla disciplina della comunione legale tra coniugi, in quanto l'acquisto della proprietà ai sensi dell'articolo 934 del cod. civ. avviene a titolo originario senza la necessità di una apposita manifestazione di volontà, mentre gli acquisti ai quali è applicabile la disciplina dell'articolo 177 del cod. civ. hanno carattere derivativo. Da ciò ne deriva che la costruzione realizzata in costanza di matrimonio ed in regime di comunione legale dai coniugi sul terreno di proprietà di uno solo di essi è a sua volta proprietà personale ed esclusiva di quest'ultimo, in virtù dei principi generali in materia di accessione. Nella fattispecie in esame, quindi, MEVIA è comproprietaria di una porzione minoritaria del fabbricato, corrispondente alla quota indivisa di ¼ di 7,425%, in quanto, avendo contratto matrimonio nel 1982, è stata acquisita per accessione sul secondo terreno, acquistato nel 1989 dal coniuge FILANO, in costanza di matrimonio in regime di comunione legale. Alla luce di quanto finora delineato, le quote di comproprietà spettanti ai comunisti sull'intero edificio sarebbero le seguenti: - coniugi CAIO e SEMPRONIA, in forza del regime di comunione legale, per la quota indivisa del 50% (corrispondente alle quote di ½ di ciascun fondo, ovvero 46,2875% e 3,7125%); - coniugi FILANO e MEVIA, in forza del regime di comunione legale, per la quota indivisa del 3,7125% (pari ad ½ del fondo acquistato in comunione con il fratello nel 1989, in costanza di matrimonio) e di FILANO per la quota indivisa del 46,2875% (pari ad ½ della porzione di fabbricato edificato sull'area acquistata nel 1979, all'epoca non coniugato). Secondo quando indicato nell'istanza e nella bozza dello stipulando atto di "Costituzione di comunione volontaria e divisione", il negozio di unificazione delle due comunioni, indispensabile per attuare il successivo negozio divisorio, concretizza la costituzione di una nuova e diversa comunione rispetto alle due oggi esistenti. La costituzione dell'unica comunione a mezzo della prima convenzione, quindi, è finalizzata esclusivamente a neutralizzare la doppiezza dell'accessione verificatasi con l'edificazione. Esaminando gli effetti giuridici dell'atto in esame, ai sensi dell'art. 20 del TUR, emerge che con il medesimo atto ciascuno comunista/conferente diviene titolare - a fronte delle due diverse proprietà conferite all'unica massa - di una quota della nuova comproprietà. In tal senso, quindi, la costituzione della nuova comunione produce effetti analoghi, seppur opposti, a quelli dell'atto di divisione della comunione. Pertanto, da un punto di vista fiscale, va applicata la disposizione di cui all'articolo 3 della Tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, che prevede la tassazione in misura proporzionale con aliquota dell'1%. Infine, per quanto attiene il negozio divisorio, si rammenta che l'atto di divisione (cfr. articolo 1111 del cod. civ.) è lo strumento giuridico attraverso il quale si scioglie lo stato di comunione esistente tra più soggetti, con l'attribuzione a ciascuno di essi della titolarità esclusiva su una parte determinata del bene o dei beni in comune corrispondente per valore alla quota spettante nello stato di divisione. Ai fini dell'imposta di registro, tale atto ha natura dichiarativa soggetto ad aliquota dell'1% (articolo 3 della Tariffa, parte prima, allegata al TUR) nei limiti in cui si realizza l'assegnazione a ciascuno dei condividenti di beni (quota di fatto) aventi valore corrispondente alla quota di diritto. Qualora l'assegnazione divisionale superi la quota di diritto spettante al condividente tale eccedenza è considerata vendita (cfr. art. 34 del D.P.R. n. 131 del 1986).

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Ai fini dell'imposta di registro, tale atto ha natura dichiarativa soggetto ad aliquota dell'1% nei limiti in cui si realizza l'assegnazione a ciascuno dei condividenti di beni (quota di fatto) aventi valore corrispondente alla quota di diritto

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