Il disegno di legge di bilancio 2020 introduce per la prima volta la disciplina della dilazione delle entrate comunali, sinora riservata ai regolamenti locali. Si prevede che, in assenza di una delibera dell’ente, il debitore in difficoltà potrà chiedere la dilazione del pagamento, con una rateazione che va da un minimo di 4 rate mensili, per somme maggiori di 100 euro e fino a 500 euro, a un massimo di 72 rate mensili, per somme superiori a 20mila euro. L’ente impositore può anche variare gli scaglioni e la relativa tempistica di rientro, con l’obbligo però di fissare una durata di almeno 36 mesi, per debiti maggiori di 6.000 euro. Si ritiene che eventuali regolamenti difformi da tale clausola dovranno essere rivisti. Se la situazione del debitore peggiora, la dilazione può essere prorogata solo una volta, purché la stessa non sia decaduta. La decadenza si verifica con il mancato pagamento di due rate, anche non consecutive, previa notifica di un sollecito. Deve inoltre trattarsi di rate scadute nell’arco di sei mesi, nel corso del periodo di rateazione. Ne deriva che se l’omissione riguarda rate distanziate di oltre sei mesi la decadenza non si verifica mai. Nel contempo, si stabilisce che il venir meno del piano di rientro impedisce nuove rateazioni del debito residuo. Si ritiene però che anche tale aspetto possa essere diversamente disciplinato a livello locale, prevedendo ad esempio che se il contribuente versa le rate scadute il piano si riattiva, come disposto nell’articolo 19 del Dpr 602/1973. La presentazione della domanda di rateazione preclude l’iscrizione di fermi e ipoteche ma non blocca le procedure esecutive in corso. Questo significa che, in assenza di diverse indicazioni regolamentari, i debitori avranno tutto l’interesse ad anticipare i tempi di trasmissione della domanda. Nulla è previsto in materia di eventuali garanzie da rilasciare, lasciando così libertà alle decisioni locali. Il ddl infine stabilisce dei tetti all’importo degli aggi di riscossione che possono essere applicati al debitore. Si va da un massimo di 300 euro, in caso di pagamento entro 60 giorni dalla esecutività dell’accertamento, a un massimo di 600 euro, per pagamenti successivi a tale termine.