Fringe benefit auto uso promiscuo dipendenti: chi inquina paga

La stretta sulle auto aziendali è una delle previsioni più discusse della legge di Bilancio 2020. Per i dipendenti che godono dell’auto aziendale concessa dal datore di lavoro in uso promiscuo, il peso fiscale del fringe benefit è determinato sulla base di un valore convenzionalmente stabilito dall’Automobile Club d’Italia che si riferisce al costo chilometrico, aggiornato annualmente e pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Sino ad oggi, in base al disposto dell’art. 51, comma 4, lettera a), TUIR, veniva assunto alla determinazione del reddito di lavoro dipendente il 30% del costo chilometrico desunto dalle tabelle ACI, per una percorrenza di 15.000 chilometri all’anno. Ad esempio Nel caso di concessione in uso promiscuo al dipendente di una Fiat Punto 1.2 8Va benzina, 69 CV, il costo chilometrico stabilito dall’ACI ammonta a 0,4226 euro al chilometro che, moltiplicato per 15.000 chilometri annui di percorrenza, determina un valore annuo del fringe benefit per il dipendente pari a 1.902 euro (importo che concorrerà alla determinazione del reddito del lavoratore dipendente). Ipotizzando che si tratti di un dipendente che dichiara più di 70.000 euro di reddito lordo annuo, quindi con aliquota media effettiva IRPEF del 38%, la vettura del nostro esempio sconterebbe un’imposizione pari a 723 euro. La legge di Bilancio 2020 modifica l’impostazione normativa per i dipendenti e non solo. Cosa prevede la legge di bilancio 2020 in tema di auto aziendali La bozza di manovra, dopo l’esame della Commissione Bilancio del Senato, contiene una versione che potremmo definire “green” rispetto alla prima, che vede un sostanziale azzeramento del gettito che inizialmente ci si attendeva dalla misura (stimato in un importo di circa 300 milioni di euro). Inizialmente, infatti, la norma (art. 78 del DDL di Bilancio 2020) prevedeva che il valore fiscale dell’automobile in uso promiscuo venisse calcolato non in base al 30%, ma all’intero costo chilometrico calcolato dall’ACI per una percorrenza di 15 mila chilometri l’anno. In pratica, avrebbe portato ad una triplicazione delle imposte pagate da tutti i dipendenti che hanno in uso l’auto aziendale. Quella ora all’esame delle camere è una versione più “ambientalista”, appunto più “green”. Per quanto riguarda i contratti stipulati da luglio 2020 aventi ad oggetto veicoli di nuova immatricolazione, l’attuale testo della norma prevede infatti che il valore del fringe benefit si calcoli: - sul 25% del costo chilometrico ACI per le auto aziendali, i motocicli ed i ciclomotori che emettono CO2 fino a 60 g/km; - sul 30% del costo chilometrico ACI per quelli che emettono CO2 superiore a 60 g/km ma inferiore a 160 g/km; - sul 40% (nel 2020) per i veicoli con emissioni inquinanti superiori a 160 g/km e inferiori a 190 g/km; la percentuale salirà al 50% nel 2021; - sul 50% (nel 2020) per i veicoli con emissioni inquinanti superiori a 190 g/km; la percentuale salirà al 60% nel 2021. Ad esempio Per la Punto 1.2 da 69 Cv, quindi, nella nuova versione del testo della legge di bilancio, un contribuente con un reddito lordo annuo oltre i 70 mila euro l’imponibile passerebbe da 1.902 a 1.585 euro, con un’IRPEF ridotta, da 723 a 602 euro. Le imposte aumentano, invece, per le auto che emettono oltre 160 grammi di CO2 per chilometro. Il nuovo regime dovrebbe riguardare solo le auto aziendali di nuova immatricolazione, così da consentire alle imprese di rinnovare il parco auto concesso in uso ai dipendenti con un’attenzione alle tematiche ambientali. Impatto sul dipendente e sull’azienda Per il dipendente, l’auto concessa in uso promiscuo dal datore di lavoro rappresenta una forma di remunerazione in natura che, assieme alla remunerazione in denaro, concorre a formare il reddito del lavoratore, ex art. 51 TUIR. Per il datore di lavoro, invece, il costo delle auto concesse in uso promiscuo ai dipendenti rappresenta un bene relativo all’impresa e i relativi costi, di acquisto e di gestione, vengono imputati al bilancio d’esercizio secondo gli ordinari criteri di competenza. Dal punto di vista fiscale, i temi che riguardano le auto aziendali de qua si sostanziano, da un lato, nella determinazione della percentuale di deduzione del costo dal reddito d’impresa dell’azienda e, dall’altro, nella quantificazione, ai fini della determinazione del reddito del lavoratore dipendente, della remunerazione in natura rappresentata dal fringe benefit in commento. Apparentemente, lato azienda, la novella della legge di Bilancio, nel testo in circolazione prima delle modifiche apportate in sede di ultima Commissione Bilancio in Senato, non cambiava nulla. La percentuale di deducibilità dei costi relativi alle auto aziendali date in uso promiscuo ai dipendenti rimane, infatti, pari al 70%. È evidente, però, che anche il datore di lavoro avrebbe dovuto scontare costi molto maggiori qualora la novella normativa non fosse stata modificata come ora. Con le ultime modifiche, invece, i costi aggiuntivi che potrebbe dover sopportare il datore di lavoro si ridimensionano molto, pur non azzerandosi completamente. Innanzitutto, infatti, l’aumento della remunerazione in natura imponibile, che in questa versione riguarda solo le auto particolarmente inquinanti (per quelle che potremmo definire più ecologiche, infatti, il valore del fringe benefit addirittura si riduce in caso di emissioni particolarmente basse ovvero rimane inalterato per le auto che emettono un massimo di 160 g/km di CO2) comporta un aggravio degli oneri sociali e previdenziali a carico dell’azienda. Unitamente a ciò non si possono non considerare i riflessi in termini di determinazione della retribuzione stessa del dipendente che verrebbe pregiudicata da un costo per l’auto che pesa in misura maggiore sulla busta paga e, di conseguenza, dovrà essere rideterminata, con un conseguente pregiudizio anche per l’azienda. Dal punto di vista del lavoratore dipendente, invece, le modifiche incrementano il peso dell’imposta sul reddito e delle relative addizionali regionali e comunali, solo in caso di vetture particolarmente inquinanti (che emettono oltre 160 grammi di CO2 al chilometro) e sempre che le autovetture siano di nuova immatricolazione, con contratto stipulato da luglio 2020. Aumenterebbero, ovviamente, anche per il dipendente, nelle circostanze appena descritte, gli oneri sociali e previdenziali a suo carico. Conclusioni L’art. 78 della bozza di legge di bilancio 2020, all’esito della revisione apportata dalla Commissione Bilancio al Senato, non rischia più di mettere nuovamente in crisi la convenienza per le imprese della concessione ai dipendenti delle auto in uso promiscuo; tale scelta legislativa comporta però un pressoché completo azzeramento del gettito atteso inizialmente dalla misura. Nel tempo, già con le citate riduzioni, per le aziende, delle percentuali di deducibilità dei costi di acquisto e manutenzione o di noleggio o leasing (dapprima riduzione al 90% della deducibilità di tali costi e, poi, al 70%), la convenienza della mobilità aziendale, con veicoli forniti dal datore di lavoro, è stata messa in discussione. Oggi, un aggravio del peso fiscale del fringe benefit in commento, come quello previsto in origine nella manovra, prima di quest’ultima versione particolarmente “green”, avrebbe potuto portare a ritenere definitivamente non più conveniente tale tipologia di mobilità aziendale. In questo contesto risulta sicuramente apprezzabile l’ultima revisione della norma.

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