Pur richiesto a gran voce dai professionisti e dagli operatori dei settori interessati, in assenza di un eventuale differimento dell’entrata in vigore delle nuove regole in materia di ritenute fiscali per appalti e subappalti, da gennaio incomberanno gravosi compiti di controllo tributario (confermati anche dalla risoluzione n. 108/E/2019) anche sui committenti di tali contratti, con correlata necessità degli stessi di dover divenire veri e propri informatori dell’Agenzia delle Entrate per gli inadempimenti fiscali della ditta appaltatrice. Sono queste le conseguenze sostanziali prodotte dalla conversione in legge dell’art. 4 del decreto fiscale 2020, che ha completamente riformulato le previsioni introdotte in materia di ritenute fiscale per appalti e subappalti. Dal 1° gennaio 2020, infatti, un committente (sostituto d’imposta residente nel territorio dello Stato ai fini delle imposte sui redditi) che affidasse a un’impresa il compimento di opere o servizi di importo complessivo annuo superiore a 200.000 euro (tramite contratti di appalto/subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziati comunque denominati, ove caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera presso le sedi di attività del committente e con l'utilizzo di beni strumentali di proprietà di quest'ultimo o ad esso riconducibili in qualunque forma), di fatto diventerà un collaboratore (gratuito) del Fisco e assumerà compiti ausiliari di polizia amministrativo-tributaria trasformandosi suo malgrado, a pena di sanzioni, in un informatore ausiliario dell’Agenzia delle Entrate. In origine, peraltro, il D.L. n. 124/2019 spostava addirittura in capo al committente l’obbligo di versamento delle ritenute fiscali operate dalle imprese appaltatrici mentre ora la disposizione in vigore, interamente riscritta nell’iter di conversione del decreto, prevede invece che sul committente permanga solo l’obbligo di ricevere dall’appaltatrice la copia delle deleghe di pagamento relative al versamento delle ritenute ai fini del riscontro dell’ammontare versato. In altri termini, le imprese appaltatrici/affidatarie o subappaltatrici effettueranno i versamenti dovuti (con distinte deleghe per ciascun committente e senza alcuna possibilità di compensazione), ma dovrà essere il committente a verificare la correttezza della loro fedeltà fiscale e, in caso di mancata ricezione dei modelli di pagamento nei 5 giorni lavorativi successivi alla scadenza del versamento (oppure nel caso risultino omessi o insufficienti i versamenti), egli sarà tenuto a sospendere il pagamento dei corrispettivi maturati dall’appaltatrice sino a concorrenza del 20% del valore complessivo dell’opera o del servizio, ovvero per un importo pari all’ammontare delle ritenute non versate. Il committente, quindi, diventerà un inserviente del Fisco per effettuare una vera e propria pre-liquidazione formale del corretto versamento dei tributi altrui e, in caso di riscontrata infedeltà, egli dovrà non solo trattenere una sorta di cauzione finalizzata a garantire l'esecuzione dell’adempimento tributario, ma avrà anche l’onere di darne comunicazione, entro 90 giorni, ai controllori di livello superiore, vale a dire all’ufficio delle Entrate territorialmente competente nei suoi confronti. Documento unico di regolarità fiscale L’unica possibilità per il committente di non divenire un presidio periferico delle Entrate è prevista solo nell’ipotesi in cui le imprese appaltatrici/affidatarie/subappaltatrici inviino al committente quella sorta di DURF (documento unico di regolarità fiscale) che sarà rilasciato dalle Entrate per attestare l’assenza, nell’ultimo giorno del mese precedente a quello della scadenza prevista, di pendenze fiscali sopra certi limiti e requisiti di attività dell’impresa da almeno tre anni in regola con gli obblighi dichiarativi e di versamento fiscale con determinati termini e modalità. In questi casi, infatti, le imprese appaltatrici potranno procedere direttamente al pagamento delle ritenute senza che sul committente incombano necessità di ulteriori controlli e, quindi, non scatterà mai la necessità del committente di dover inoltrare al Fisco anche quella che si profila come una sorta di SES (ovvero una segnalazione di evasione sospetta). Un nuovo fronte della lotta all’evasione Parafrasando allora una nota metafora, il Fisco ha aperto un nuovo fronte della lotta all’evasione, ma con il lavoro degli altri. Poiché, infatti, l’Amministrazione finanziaria non riesce a contrastare efficacemente in questo ambito le diffuse infedeltà fiscali viene scaricata per legge sulle imprese la necessità di effettuare una serie di controlli non solo esorbitanti, ma anche del tutto estranei alla loro funzione istituzionale economico-imprenditoriale. Se la legge, per contrastare gli eccessi di velocità autostradali, affidasse compiti di controllo e di segnalazione preventiva delle infrazioni ai casellanti delle autostrade, in funzione ausiliaria della Polizia stradale, forse qualche dubbio di legittimità o di opportunità sorgerebbe. Diversamente, invece, in questa perenne crociata contro l’evasione fiscale i concetti di pertinenza e proporzionalità degli adempimenti richiesti ai contribuenti sono ormai considerati solo pretesti adombrati politicamente da chi intenderebbe difendere la fraudolenza fiscale. Se si utilizzassero meglio e più tempestivamente tutte le (ormai anche pletoriche) banche dati digitali di cui il Fisco dispone e se si lasciassero gli imprenditori a fare solo impresa con serenità, forse ne gioverebbe economicamente il sistema Paese molto di più di quanto sarà recuperato imponendo una serie di problematici adempimenti su tutti i committenti, compresi quelli onesti che, purtroppo, il legislatore tributario accomuna troppo spesso a quelli fraudolenti.