G li interventi della legge di Bilancio 2020, che hanno modificato il regime forfetario applicabile a imprenditori individuali e professionisti, richiedono alcuni chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate. Il legislatore ha reintrodotto due “vecchie” cause ostative che la legge di Bilancio 2019 aveva abrogato. Anche se non si tratta di una novità assoluta, non è difficile individuare alcuni profili che ne rendono incerta l’applicazione. Le maggiori incertezze riguardano la condizione del contestuale possesso di un reddito di lavoro dipendente o assimilato di importo superiore a 30.000 euro. La medesima disposizione prevede come la verifica del superamento o meno del predetto limite sia irrilevante se il rapporto di lavoro è cessato. Ambito applicativo della causa ostativa: i redditi assimilati al lavoro dipendente La causa ostativa in esame, prevista all’art. 1, comma 57, della legge n. 190/2014, con l’aggiunta della lettera d-ter), ha richiamato espressamente i redditi di cui agli articoli 49 e 50 del TUIR. Quest’ultima disposizione ha un contenuto estremamente ampio e indica numerose tipologie di proventi che costituiscono redditi assimilati al lavoro dipendente. Tutte queste tipologie di proventi, senza alcuna esclusione, concorrono alla formazione del limite di 30.000 euro e potrebbero incidere, nel senso di impedire, l’accesso al regime forfetario. Ad esempio Si considerano redditi assimilati l’assegno corrisposto in favore del coniuge nell’ipotesi di separazione legale, divorzio o cessazione degli effetti civili del matrimonio. La previsione è fornita dall’art. 50, lettera i), TUIR. Si consideri il caso in cui il contribuente sia titolare di un reddito di lavoro dipendente di 27.000 euro e nel medesimo periodo di imposta abbia percepito un assegno divorzile pari a 5.000 euro. I due redditi devono essere sommati e determinano il superamento della soglia di 30.000 euro. Non sarà così possibile fruire nell’anno successivo del regime forfetario. È irrilevante, al fine di sostenere una soluzione diversa, che il reddito assimilato non deriva dallo svolgimento di una vera e propria attività. La novella richiama genericamente l’art. 50 TUIR. Pertanto, non sembra possibile escludere dal computo del limite di 30.000 euro alcuni dei redditi assimilati. La medesima soluzione riguarda il caso in cui il contribuente possegga anche un reddito rappresentato da una rendita vitalizia che è riconducibile nell’ambito del citato art. 50 TUIR. Tale rendita potrebbe concorrere al superamento del limite di 30.000 euro e quindi determinare l’esclusione dal regime forfetario. Cessazione del rapporto di lavoro La disposizione prevede espressamente come non sia necessario verificare il superamento del limite di 30.000 euro se il rapporto di lavoro è cessato. Si pone il problema di comprendere se la predetta condizione debba essere riferita esclusivamente ai rapporti di lavoro dipendente, ovvero ad ogni altra fattispecie. La lettera della norma non fa rifermento ai rapporti di lavoro dipendente, ma utilizza la più generica espressione “rapporto di lavoro”. Sembra dunque ragionevole affermare che l’interruzione debba essere più correttamente riferita a qualsiasi rapporto di lavoro anche non dipendente. Ad esempio Il contribuente che nell’anno 2019 ha percepito l’importo di 40.000 euro quale compenso di amministratore di una società - le cui prestazioni, ovviamente, non sono riconducibili nell’ambito dell’attività professionale esercitata - potrà fruire del regime forfetario nel successivo anno 2020 se l’incarico di amministratore sia cessato entro il 31 dicembre 2019. L’Agenzia delle Entrate non ha affrontato espressamente questa fattispecie. Gli unici chiarimenti sono stati forniti con la circolare n. 10/E del 4 aprile 2016. In quella occasione l’Agenzia delle Entrate si è limitata ad esaminare un caso riguardante la cessione di un rapporto di lavoro dipendente. Per tale ragione sarebbe auspicabile tornare ad affrontare, ancora una volta, il nuovo punto.