La riorganizzazione di gruppi societari può salvare le cessioni «circolari»

L’indiscussa legittimità fiscale della cessione da parte di persone fisiche di partecipazioni previamente rivalutate ai fini fiscali viene meno (o diviene quanto meno discutibile), quando si inserisce in un contesto in cui alla cessione non può essere riconosciuta dignità realizzativa “sostanziale”. La logica realizzativa verso terzi della cessione della partecipazione previamente rivalutata non sussiste quando l’operazione ha una sostanza economica “circolare”, intendendosi per operazioni circolari “quelle operazioni in cui gli atti posti in essere non determinano una modificazione significativa dell’assetto giuridico economico preesistente del contribuente” (circ. Assonime 4 agosto 2016 n. 21). Il caso di scuola di una siffatta cessione è quello in cui un socio persona fisica cede la partecipazione a una società di cui è a sua volta socio al 100%. In questo caso, infatti, è evidente che il socio non realizza, nemmeno in parte, il valore della partecipazione verso un corrispettivo che gli deve essere pagato da terzi, bensì cede la partecipazione a una società che lo corrisponde con risorse attinte a un patrimonio che, seppur indirettamente, ricade già interamente nel suo perimetro giuridico-economico. L’assenza di sostanza economica insita nella natura di un’operazione circolare apre le porte a possibili contestazioni di abuso del diritto ex art. 10-bis della L. 212/2000, nella misura in cui, in dipendenza di essa, sia ravvisabile il realizzo di un vantaggio fiscale indebito. Nello specifico: - il vantaggio fiscale può essere rinvenuto nel fatto che, mediante la cessione della partecipazione (previamente rivalutata ai fini fiscali) ad una propria società, il socio persona fisica ottiene di incassare somme da proprie società dando loro la veste formale di corrispettivi rilevanti ai fini del calcolo delle plusvalenze imponibili come redditi diversi, di cui all’art. 67 comma 1 lett. c) e c-bis) del TUIR (la cui imponibilità è però azzerata fino a concorrenza del costo fiscale rivalutato della partecipazione), in luogo di quella sostanziale di distribuzione di utili rilevanti come redditi di capitali, di cui all’art. 47 del TUIR, la cui misura imponibile prescinde dalla rivalutazione del costo fiscale della partecipazione; - la natura indebita del vantaggio fiscale può essere rinvenuta nel fatto che la norma che consente la rivalutazione del costo fiscale delle partecipazioni consente di ottenere un lecito vantaggio fiscale solo con riguardo ai redditi derivanti da operazioni effettivamente realizzative delle partecipazioni e non a quelli derivanti da operazioni che concretizzano essenzialmente l’obiettivo di dare forma realizzativa a un flusso finanziario che è nella sostanza una distribuzione di utili a chi possiede anche dopo l’operazione ciò che già possedeva prima. Il fatto che la natura “sostanzialmente circolare” della cessione previamente rivalutata e la natura indebita del vantaggio fiscale che da essa può conseguire siano elementi idonei ad integrare in linea di principio gli estremi della contestazione di abuso del diritto, ai sensi dell’art. 10-bis della L. 212/2000, non vuol dire che tale contestazione sia legittima e fondata con riguardo ad ogni specifico caso concreto. Resta infatti ferma la possibilità che sussistano “valide ragioni extra-fiscali non marginali” alla base della scelta di porre in essere la “cessione indiretta a se stesso”, nel qual caso scatta, ai sensi del comma 3 del medesimo art. 10-bis, la causa esimente dalla censura di abuso del diritto e dalla altrimenti conseguente riqualificazione dell’operazione ai fini fiscali. Una possibile “valida ragione extra-fiscale non marginale” potrebbe essere rappresentata dalla volontà della persone fisica cedente di frapporre una holding tra sé medesima e la società partecipata. La “validità” di tale ragione appare naturalmente tanto più solida quanto più ampio è il perimetro della riorganizzazione e del gruppo (ad esempio, se sono più d’una le partecipazioni della stessa persona fisica in società diverse ad essere cedute ad una stessa società della medesima persona fisica perché assuma il ruolo di holding; oppure se la società “propria” cui la persona fisica cede la partecipazione già possiede partecipazioni in altre società); mentre assume minore solidità nel caso in cui la partecipazione previamente rivalutata sia l’unica ad essere ceduta alla società “propria” e quest’ultima non possieda partecipazioni in altre società; fino a divenire ragione extra-fiscale sostanzialmente inesistente qualora, successivamente alla cessione della partecipazione previamente rivalutata alla società “propria”, quest’ultima provveda a fondersi con la partecipata neo-acquisita. Una conferma a questo approccio interpretativo viene anche dalla recente risposta a interpello dell’Agenzia delle Entrate

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La riorganizzazione di gruppi societari può salvare le cessioni «circolari»

Potrebbe costituire una valida ragione extra-fiscale non marginale in caso di cessione di partecipazioni previamente rivalutate da persone fisiche

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