Il fil rouge di tutte le modifiche dettate dal D.L. n. 124 /2019 è stato proprio quello di distinguere il trattamento da riservarsi agli illeciti fiscali che presentano profili ingannatori rispetto a quelli che invece, pur penalmente rilevanti, sono caratterizzati dal “mero” inadempimento dell’obbligazione tributaria. In riferimento ai primi, infatti, il decreto fiscale 2020 non solo conferma il severissimo inasprimento del trattamento sanzionatorio per le persone fisiche, ma amplia il novero dei reati idonei a far scattare la responsabilità amministrativa degli enti ex D.Lgs. n. 231/2001. Alla seconda categoria, quella degli illeciti fiscali non fraudolenti, pur nell’ambito di un generale aggravio del quadro punitivo, pare invece volersi accordare una stretta un po’ meno forte: significativo che nel corso dell’iter di conversione del decreto si sia rinunciato all’abbassamento di soglie di punibilità per l’omesso versamento dell’IVA e delle ritenute certificate originariamente contemplato, così come sia stata cancellata l’infedele e l’omessa dichiarazione dall’elenco dei reati per cui si prevede la confisca per sproporzione, scegliendo altresì di concedere ai medesimi un esonero dalla disciplina 231. I colpi più duri inferti dalla riforma sono dunque rivolti al contribuente che non “solo” presenti una dichiarazione recante l’indicazione di elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo, ma si avvalga di un impianto contabile e documentale mendace, o ponga in essere altre attività idonee a ostacolare l’attività di accertamento dell’Amministrazione finanziaria. I reati tributari “fraudolenti” Per quanto riguarda la dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti (art. 2), la frode fiscale mediante altri artifici (art. 3), i delitti di emissione di fatture fittizie (art. 8) e di distruzione o occultamento di scritture contabili (art. 10), è stato confermato l’aumento di pena per cui la cornice edittale che pre-riforma era da 1 anno e 6 mesi a 6 anni di reclusione passa a: - da 4 a 8 anni per il delitto di cui all’art. 2, salvo per lo speculare di cui all’art. 8; - da 3 a 8 anni per quello di cui all’art. 3; - da 3 a 7 anni per quello di cui all’art. 10. È stato confermato anche l’inserimento nell’art. 2 del comma 2-bis, che prevede una pena ridotta (da 1 anno e 6 mesi a 6 anni) se l’ammontare degli elementi passivi fittizi è inferiore a 100 mila euro, reintroducendo nell’ordinamento quell’ipotesi attenuata originariamente inserita e poi abrogata dal D.L. n. 138/2011; analogamente, anche nel caso di emissione di fatture false, l’art. 8 ora prevede il suddetto più mite range edittale quando l’importo non rispondente al vero indicato nelle fatture stia al di sotto di 100 mila euro. Ma, soprattutto, in sede di conversione del decreto, si è deciso di ampliare il catalogo dei reati tributari idonei a far scattare la responsabilità da reato delle persone giuridiche ex D.Lgs. n. 231/2001. Se in origine il D.L. n. 124/2019 aveva preferito limitare l’intervento all’uso di fatture false, in sede di conversione la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche è stata estesa anche a chi si avvalga in dichiarazione di altri mezzi fraudolenti (ex art. 3, D.Lgs. n. 74/2000), emetta fatture per operazioni inesistenti (art. 8), occulti o distrugga le scritture contabili al fine di evadere le imposte (art. 10), alieni simulatamente o compia altri atti fraudolenti idonei a rendere anche solo parzialmente inefficace la procedura di riscossione coattiva da aperte dell’erario (art. 11). Considerando che la sanzione prevista varia, nel suo massimo, da 400 a 500 quote a seconda del reato fiscale presupposto, e altresì che l’importo di una quota è compreso tra un valore minimo di 258 e un massimo di 1.549 euro (fissato sulla base delle condizioni economiche e patrimoniali dell’ente), la sanzione pecuniaria per le imprese potrà arrivare fino a 774.500 euro. Si tratta di un ampliamento rispondente a una precisa indicazione del legislatore eurocomunitario: infatti, la direttiva in materia di tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea (direttiva UE 2017/1371 - direttiva PIF) impone che per le frodi IVA, quantomeno per quelle gravi (ovvero che “siano connesse al territorio di due o più Stati membri dell’Unione e comportino un danno complessivo pari ad almeno 10.000.000 Euro”), sia prevista, accanto a una pena massima di almeno 4 anni di reclusione per le persone fisiche, la responsabilità delle persone giuridiche. La delega al Governo al recepimento della direttiva PIF, peraltro, è stata inclusa nella legge di delegazione europea pubblicata in Gazzetta Ufficiale lo scorso 18 ottobre, e, tenendo conto che la direttiva richiede espressamente anche la previsione di sanzioni interdittive, si comprende perché in sede di conversione siano stati inseriti, accanto alle pene pecuniarie, anche il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione (salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio); l'esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l'eventuale revoca di quelli già concessi; nonché il divieto di pubblicizzare beni o servizi. I reati non fraudolenti Restano esclusi dalla 231 i reati meno gravi - in quanto connotati dall’assenza di condotte ingannatorie - di dichiarazione infedele di cui all’art. 4, di omessa dichiarazione di cui all’art. 5, di omesso versamento di cui agli articoli 10-bis e 10-ter, nonché di omesso versamento mediante indebita compensazione di cui all’art. 10-quater del D.Lgs. n. 74/2000, per i quali, peraltro, in sede di conversione si è delineata un’area di rilevanza penale meno ampia rispetto a quella ipotizzata originariamente dal decreto fiscale. In particolare, le soglie di punibilità per i delitti di omesso versamento di ritenute e IVA, che il decreto aveva diminuito, vengono riportate alla misura pre-riforma, mentre si conferma l’abbassamento a 100.000 euro per l’imposta evasa che fa scattare il reato di infedele dichiarazione; per quest’ultima fattispecie, vengono tuttavia quantomeno ridotti gli aumenti di pena originariamente previsti dal decreto (così che il range edittale è ora da 2 anni a 4 anni e sei mesi di reclusione), così come anche per la dichiarazione omessa (con una cornice da 2 a 5 anni). Si è rinunciato infine alla confisca per sproporzione per tali fattispecie, individuando nella fraudolenza la discriminante anche per l’applicabilità di tale misura.