Con la legge di Bilancio 2020, il legislatore fiscale è intervenuto, tra l’altro, sul quadro RW, denominato “Investimenti e attività finanziarie all’estero, monitoraggio IVIE/IVAFE”. La ratio di tale quadro dichiarativo è quella di monitorare le attività patrimoniali e finanziarie detenute all’estero da soggetti residenti in Italia, nonché di determinare le imposte patrimoniali eventualmente dovute sia ai fini degli asset immobiliari (IVIE) che di quelli finanziari (IVAFE) detenuti all’estero da soggetti fiscalmente residenti in Italia. Cambia l’ambito soggettivo Il periodo d’imposta 2019 rappresenta lo spartiacque ai fini dell’ambito soggettivo delle imposte patrimoniali sopra richiamate. Infatti, sino a tale anno d’imposta gli enti non commerciali, le società semplici ed equiparate ex art. 5 TUIR residenti in Italia che detenevano investimenti all’estero a titolo di proprietà o di altro diritto reale, erano tenuti alla compilazione del quadro RW ai soli fini del monitoraggio fiscale. A partire dal periodo d’imposta 2020 viene modificato l’ambito soggettivo delle sopra richiamate imposte, per il tramite dell’estensione prevista dall’art. 1, comma 710, della legge di Bilancio 2020, che include tra i soggetti passivi anche quelli indicati nell’art. 4, comma 1, D.L. n. 167/1990 (i.e. enti non commerciali, società semplici residenti in Italia e ad esse equiparate). Titolare effettivo Una delle modifiche più rilevanti, oltre a quelle sopra richiamate, è da rinvenirsi, inoltre, nel riferimento al concetto di “titolare effettivo” a opera del medesimo decreto, che renderebbe soggetti passivi d’imposta anche i beneficiari residenti di trust opachi esteri, in quanto questi ultimi possono essere considerati soggetti non individuati ai fini della disciplina del monitoraggio fiscale. Pertanto, i soggetti sopra richiamati saranno obbligati a liquidare l’IVIE sulle attività patrimoniali detenute all’estero (i.e. immobili o diritti reali immobiliari), applicando l’imposta pari allo 0,76% dovuta sul valore catastale (quando reperibile) o alternativamente sul prezzo d’acquisto o, ancora, sul valore di mercato. Occorre specificare che l’eventuale imposta patrimoniale corrisposta all’estero sarà scomputabile sino a concorrenza di quella Italiana dovuta. Anche per quanto concerne l’IVAFE, si è assistito all’ampliamento dell’ambito soggettivo così come sopra definito. Di conseguenza i medesimi soggetti saranno assoggettati all’imposta del 2 per mille (34,20 euro per i conti correnti) sui contratti di natura finanziaria stipulati con controparti non residenti, quali, ex multis, finanziamenti, riporti, pronti contro termine e prestito titoli, nonché polizze di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione stipulate con compagnie di assicurazione estere. Criptovalute Con riferimento al presupposto oggettivo inerente agli obblighi di monitoraggio fiscale e di compilazione del quadro RW della dichiarazione dei redditi, assumono rilevanza a partire dall’anno d’imposta 2019 anche le monete virtuali. Queste ultime, anche dette “criptovalute” (tra le quali si annovera il ben noto Bitcoin), sono utilizzate quale moneta alternativa a quella tradizionale avente corso legale emessa da un’Autorità monetaria. Per questa categoria patrimoniale, nello specifico, l’Agenzia delle Entrate, nel formulare le istruzioni del quadro RW, ha previsto per la prima volta uno specifico codice, il 14, da utilizzare ai fini della compilazione del medesimo quadro del modello Redditi 2020. Viene inoltre meno l’obbligatorietà di indicare il Paese estero di riferimento, non essendo tale ultimo dato riscontrabile vista la particolarità delle criptovalute. Si specifica inoltre che andrebbe barrata la casella n. 20, che indica la finalità di monitoraggio fiscale di tale onere dichiarativo e non anche l’assoggettamento ad IVAFE. In tal modo si è definita in sede dichiarativa la categoria patrimoniale di appartenenza dei Bitcoin e delle altre valute virtuali, includendo le stesse tra le attività aventi natura finanziaria, non rientranti nel novero degli investimenti esteri. Inoltre, le criptovalute sono escluse dagli obblighi di IVAFE e dall’assoggettabilità all’imposta patrimoniale del 2 per mille, in quanto tali attività non possono ricondursi nel novero dei prodotti finanziari. Con riferimento ai redditi eventualmente prodotti dalla criptovalute, già la risoluzione n. 72/E del 2016 aveva assimilato le valute virtuali a quelle tradizionali. Di conseguenza la detenzione, o meglio la movimentazione delle valute virtuali, potrebbe generare redditi diversi di natura finanziaria, in particolare annoverando tra questi le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di valute estere così come previsto dall’art. 67, comma 1, lettera c-ter), TUIR. La finalità di acquisto delle criptovalute, infatti, oltre relativa allo scambio con beni e servizi alla stregua di una moneta tradizionale, è anche in molti casi di tipo speculativo, ossia è finalizzata alla cessione su piattaforme di scambio per generare delle plusvalenze. In tale contesto l’art. 67, comma 1-ter del TUIR dispone per la rilevanza di una plusvalenza qualora la giacenza media complessiva dei wallet esteri (i.e. il portafoglio virtuale nel quale sono detenute le criptovalute) in valuta sia superiore a 51.645,69 euro per almeno sette giorni lavorativi continui. Tale operazione determina l’assoggettamento a imposta sostitutiva del 26% da dichiarare nel relativo quadro RT della dichiarazione dei redditi. Da ultimo, il wallet, come confermato dall’Agenzia delle Entrate, non è assimilato a un conto corrente e quindi non sconta l’IVAFE fissa di 34,20 euro dovuta sui conti correnti ordinari, in quanto tale imposta si applica esclusivamente sui depositi e conti correnti di natura bancaria. Quanto sopra trova conforto nella recente pronuncia del TAR del Lazio (n. 01077 del 27 gennaio 2020), che ha adottato una qualificazione funzionale della criptovaluta, che la rende assoggettabile a tassazione non per il mero possesso della stessa, ma bensì per l’eventuale utilizzo che venga fatto della stessa. Con ciò si esclude quindi ulteriormente che l’eventuale ricorrenza di profili di tassazione delle monete virtuali sia in nuce alle stesse, dovendosi invece vagliare la declinazione che deriva da tali valute.