Agenzia delle Entrate - Risposta n. 78 del 27 febbraio 2020 L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato la risposta n. 78 del 27 febbraio 2020 in tema di piano di incentivazione monetario e azionario per lavoratori dipendenti e nuovi residenti. Come è noto sono da ricomprendere nella categoria dei redditi di lavoro dipendente le somme e i valori in genere, tra i quali le azioni, percepiti a qualunque titolo nel periodo d'imposta in relazione al rapporto di lavoro. L'imputazione del reddito di lavoro dipendente è disciplinata dal principio di cassa, in base al quale i compensi, in denaro o in natura, rilevano fiscalmente al momento dell'effettiva percezione da parte del lavoratore, o al momento in cui gli stessi escono dalla sfera patrimoniale dell'erogante per entrare in quella del dipendente. Tale momento coincide con quello in cui è esercitato il diritto di opzione, a prescindere dalla data di emissione o di consegna dei titoli. Ai fini della determinazione in denaro dei compensi in natura, il TUIR individua nel "valore normale" il criterio generale di valutazione dei benefit. Pertanto, in relazione alla determinazione del reddito di lavoro dipendente scaturente dall'assegnazione di azioni, queste ultime rilevano fiscalmente per un importo pari alla differenza tra il loro "valore normale" e quanto corrisposto dal lavoratore dipendente a fronte dell'assegnazione stessa. Di conseguenza i redditi derivanti dai piani di incentivazione in oggetto possono essere ricondotti alla categoria dei redditi di lavoro dipendente. Ciò premesso, in relazione alla determinazione della base imponibile delle remunerazioni incentivanti, previste dai piani in questione, erogate ai manager che abbiano trasferito la residenza in Italia e che non si avvalgono dei regimi fiscali agevolativi, occorre evidenziare che in applicazione del principio di cassa, il reddito costituito dalle azioni assegnate in ragione del piano azionario, deve considerarsi prodotto, per il loro intero ammontare nel momento in cui le stesse sono attribuite al manager, ossia entrano nella sua disponibilità, indipendentemente dalla circostanza che tale retribuzione in natura si riferisca all'intero periodo di vesting che ha comportato, per una parte di esso, lo svolgimento di attività di lavoro dipendente all'estero da parte dei manager, che all'epoca risultavano non residenti nel nostro Paese. Qualora però, durante il periodo di vesting, questi ultimi abbiano subìto la tassazione anche da parte dello Stato in cui è stata svolta l'attività lavorativa, per la parte di valore delle azioni riferibile a tale periodo, la situazione di doppia imposizione potrà essere risolta attivando gli strumenti previsti dal nostro ordinamento e dalla relativa convenzione stipulata dal nostro Paese per evitare la doppia tassazione nei confronti del beneficiario. Con specifico riferimento ai lavoratori che stabiliscono la residenza in Italia la norma prevede che le persone fisiche che trasferiscono la propria residenza in Italia, in deroga al principio della tassazione mondiale possono optare per l'assoggettamento ad imposta sostitutiva dei redditi prodotti all'estero, sempreché non siano state residenti in Italia in almeno nove dei dieci periodi d'imposta che precedono l'inizio del periodo di validità dell'opzione. Conseguentemente, non saranno da assoggettare a tassazione progressiva e, quindi, a ritenuta alla fonte, se prevista, i redditi prodotti all'estero, individuati sulla base di criteri reciproci a quelli previsti per individuare quelli prodotti nel territorio dello Stato. Per tale motivo è necessario valutare se, in base ad una lettura "rovesciata” questi redditi siano da considerare di fonte estera o di fonte italiana. Infatti, solo qualora tali redditi siano da considerare prodotti all'estero potranno godere del particolare regime previsto dall'articolo 24-bis del Tuir; in caso diverso, saranno assoggettati a tassazione in base alle ordinarie regole di determinazione del reddito previsto dal TUIR. Per cui la retribuzione monetaria scaturente dal piano monetario dovrà essere assoggettata a ritenuta alla fonte solo per la quota parte riferibile all'attività lavorativa svolta in Italia, dal momento che la quota parte relativa alla prestazione svolta all'estero rientrerà nella tassazione sostitutiva forfettaria.