Il terzo decreto legge per sostenere le famiglie e le attività economiche dovrebbe arrivare in porto nel corso dell’ultima settimana di aprile, quindi in ritardo rispetto ai tempi programmati. Il virus però non aspetta, come pure non aspettano le scadenze fiscali. Le misure allo studio sono numerose e alcune di queste dovrebbero interessare i tributi locali e, in primis, la nuova IMU e la TARI. Le idee e le diverse ipotesi di rinvio sono sicuramente apprezzabili, ma sussiste il concreto rischio che la gestione della situazione dia luogo a complicazioni probabilmente anche maggiori rispetto al passato. I cittadini si troverebbero così a fare fronte non solo a una situazione nuova, in quanto l’imposta municipale propria ha assorbito la TASI con modalità di calcolo in alcuni casi diverse, ma anche alle decisioni dei singoli enti locali che in molti casi non saranno coincidenti. La nuova IMU La legge di Bilancio 2020 ha “cancellato” la TASI che ora risulta di fatto assorbita dalla nuova IMU. L’intento del legislatore era realizzare una radicale semplificazione per la gestione del tributo. Le casistiche da seguire con l’applicazione di aliquote differenziate e di esenzioni ad hoc avrebbero dovuto ridursi drasticamente, ma ora la necessità di intervenire ancora con provvedimenti di urgenza per la gestione dell’emergenza epidemiologica rischia di creare ulteriori complicazioni per i cittadini. Ora, non sarà più sufficiente familiarizzare con un’imposta che ha subito più modifiche di quelle che possono essere immediatamente comprese, ma si profila all’orizzonte un cambio di regole in corsa, sia pure eccezionale e valido probabilmente per il solo anno 2020. Il differimento della scadenza al 30 novembre: la soluzione “tramontata” La prima ipotesi, che ora sembra essere tramontata del tutto, avrebbe dovuto prevedere il trasferimento di fondi in favore dei Comuni. Contestualmente, con apposita delibera, i Comuni avrebbero potuto prevedere il differimento del termine previsto per il versamento dell’acconto (della prima rata) dal 16 giugno fino al 30 novembre 2020. La previsione avrebbe determinato un ammanco quasi certo nelle casse comunali, difficilmente gestibile nonostante il trasferimento dei fondi. Ogni soggetto, in presenza di una delibera comunale avente ad oggetto il differimento della scadenza, avrebbe posposto il pagamento. Per tale ragione la soluzione che potrebbe essere approvata dovrebbe essere radicalmente diversa. La soluzione alternativa La soluzione allo studio è più soft e avrebbe l’effetto di indurre un determinato numero di soggetti passivi a effettuare comunque il versamento entro la scadenza prevista dalla legge. Potrebbe essere quindi prevista una moratoria delle sanzioni per i contribuenti che pagheranno entro il 30 luglio 2020. In tale ipotesi i Comuni non irrogheranno né le relative sanzioni, né gli interessi. La decisione potrebbe però essere sempre demandata ai sindaci che per effetto di una previsione di legge in tal senso non rischieranno l’imputazione per danno erariale. Potrebbe essere però previsto che i Comuni modulino la disapplicazione di sanzioni e interessi, nell’ipotesi di pagamento tardivo, per categorie. Ad esempio, il beneficio dovrebbe riguardare i soggetti che hanno subito il maggior danno a causa della diffusione del Coronavirus. Si considerino, ad esempio, le strutture alberghiere ovvero le agenzie di viaggio che sono proprietarie degli immobili utilizzati per l’esercizio dell’attività i cui proventi risultano ora completamente azzerati. Al contrario, invece, dovrebbero essere chiamati alla cassa i supermercati, i negozi di generi alimentari, le farmacie, etc. Se la scelta dovesse essere quella prospettata, sorgerà il problema concreto di individuare le attività in grado di fruire del beneficio. È auspicabile che il decreto faccia concretamente riferimento ai codici ATECO al fine di eliminare le incertezze che scaturiranno. Inoltre, indipendentemente dalle scelte che saranno effettuate, sussiste il concreto rischio di esclusioni in grado di generare ulteriori iniquità, come è avvenuto per la prima sospensione dei tributi che non ha considerato i contribuenti di maggiori dimensioni.