In base all’art. 28 del decreto Rilancio, relativo al bonus sulle locazioni, viene attribuito un credito d’imposta del 60% relativo ai canoni di locazione di marzo, aprile e maggio del 2020. Ciò a condizione che il contratto abbia a oggetto canoni di locazione, di leasing, di concessione relativi a immobili non abitativi utilizzati nell’esercizio dell’attività di impresa (commerciale, industriale, etc.) o di lavoro autonomo. Inoltre, il fatturato relativo ai predetti periodi deve essere diminuito almeno del 50% rispetto ai corrispondenti periodi dell’anno precedente. La disposizione prevede espressamente, diversamente dall’art. 65 del decreto Cura Italia, che il credito sorge solo nel caso in cui venga effettuato il relativo pagamento del dovuto. La precisazione, oltre a desumersi dalla norma, è stata indicata anche nella circolare n. 14/E del 6 giugno 2020 dell’Agenzia delle Entrate. La morosità del conduttore A seguito della grave crisi economica che ha colpito il Paese, accentuata dall’emergenza epidemiologica da Covid-19, è probabile che il conduttore abbia maturato un debito pregresso costituito dai canoni di locazione arretrati. Il decreto Rilancio offre ai contribuenti che si trovano in questa situazione una soluzione. Ciò al fine di maturare il diritto a fruire del credito di imposta. Il contribuente potrà infatti beneficiare del credito di imposta del 60% dei canoni, o in caso di affitto di azienda del 30%, a condizione di effettuare il pagamento dei canoni di marzo, aprile e maggio entro il 31 dicembre dell’anno 2020. La soluzione è sicuramente positiva. In caso di pagamento parziale? Tuttavia, si pone il problema di come imputare i pagamenti se entro il termine dell’anno 2020 il conduttore ha maturato un debito pregresso riguardante i canoni relativi a diverse mensilità e il pagamento effettuato è parziale. In questo caso potrebbe non essere certo che il pagamento parziale riguardi i canoni relativi ai mesi di marzo, aprile e di maggio e, quindi, nell’ipotesi in cui il pagamento si riferisse ad altri periodi dell’anno, il credito di imposta non maturerebbe. La soluzione al problema deve essere rinvenuta nell’art. 1193 c.c.. La disposizione prevede al comma 1 che “chi ha più debiti della medesima specie verso la stessa persona può dichiarare, quando paga, quale debito intende soddisfare”. Il problema può quindi essere agevolmente risolto prestando attenzione all’atto del pagamento. Se il debitore non avrà entro il 31 dicembre 2020 sufficiente liquidità per estinguere il debito integrale, dovrà indicare espressamente che il pagamento parziale riguarda i canoni di marzo, aprile e maggio. In tal caso, pur essendo ancora debitore, ad esempio dei canoni dei precedenti mesi di gennaio e febbraio, avrà maturato il diritto a fruire del credito di imposta in esame. L’imputazione del pagamento parziale ai mesi di marzo, aprile e maggio, potrà risultare dalla causale di bonifico bancario. Il comma 2 della disposizione citata prevede che “in mancanza di tale dichiarazione, il pagamento deve essere imputato al debito scaduto; tra più debiti scaduti, a quello meno garantito; tra più debiti ugualmente garantiti, al più oneroso per il debitore; tra più debiti ugualmente onerosi, al più antico”. I canoni di locazione sono di eguale importo, quindi ove il debitore non fornisca alcuna indicazione, il pagamento sarà imputato ai debiti di più remota formazione. Ad esempio Se il pagamento parziale, effettuato entro il termine dell’anno 2020, fosse di importo equivalente ai canoni di due mensilità “arretrate”, l’imputazione risulterebbe effettuata ai mesi di gennaio e febbraio. In questa eventualità il conduttore perderebbe il beneficio del credito di imposta riferibile ai tre mesi successivi. Dichiarazione di imputazione del creditore Tuttavia, se il debitore non indica espressamente l’imputazione del pagamento parziale, la prima scelta spetta al creditore. Tale circostanza si desume dall’art. 1195 c.c.. Tale soggetto, nello stesso documento di quietanza può dichiarare di imputare il pagamento ad uno o più debiti determinati, subentrando i criteri legali di cui all’art. 1193 c.c., che hanno carattere suppletivo, solo quando né il debitore, né il creditore abbiano effettuato l’imputazione. La dichiarazione di imputazione del creditore deve però essere accettata dal debitore e, qualora sia inserita nello stesso documento contenente la quietanza, la ricezione del documento da parte del debitore si riferisce solo alla quietanza in essa contenuta e soddisfa il suo interesse a conservare la prova documentale dell’avvenuto pagamento, ma non presuppone un accordo sull’imputazione. Affinché la ricezione del documento assuma valore di prova dell’accettazione dell’imputazione operata dal creditore è necessario, difatti, che essa non venga immediatamente o prontamente contestata dal debitore, atteso che la mancata tempestiva contestazione assuma il valore dell’acquiescenza (Cass. sentenza n. 917 del 16 gennaio 2013).