L’estensione ad alberghi e seconde case, così come ai beni delle imprese, o le regole per la cessione dei crediti. Sono solo alcuni dei nodi ancora da sciogliere a meno di una settimana dalla piena operatività del superbonus fiscale del 110% per i lavori di riqualificazione energetica o di messa in sicurezza degli edifici. Dal prossimo 1° luglio e fino al 31 dicembre 2020, almeno secondo quando dispone il decreto Rilancio in discussione alla Camera e in vigore dal 20 maggio scorso, si potrà dar fuoco alle polveri e avviare i lavori per il cappotto termico, la sostituzione della vecchia caldaia con nuovi modelli a condensazione o a pompa di calore, l’installazione di pannelli fotovoltaici o la messa in sicurezza dell’immobile con interventi mirati antisismici. Una partenza però che al momento è al buio e ricca di incognite. Alla Camera, dove la norma è in discussione, il dibattito è stato congelato in attesa della definizione delle modifiche da voler apportare al superbonus. Ma condizione preliminare è la definizione delle risorse, soprattutto se il Governo dovesse accettare le proposte di ampliamento dell’ambito di applicazione oggettivo e temporale del superbonus del 110 per cento. Il Governo, al momento, non avrebbe del tutto chiuso il confronto con maggioranza e opposizione che chiedono con emendamenti al decreto Rilancio la possibilità di estendere la superagevolazione ai lavori eseguiti dal prossimo 1° luglio al 31 dicembre 2021. Un anno in più di incentivo ai massimi livelli che richiede però risorse non di poco conto. Se è vero, infatti, che lo sconto Irpef del 110% costa all’Erario poche decine di milioni nei primi sei mesi del 2020, si arriva a ben oltre il miliardo nel 2021 e circa tre miliardi nel 2022. Nodo risorse che vincola anche la possibile estensione del bonus ad alberghi e seconde case, fino ad ora escluse dalla norma. Queste ultime in realtà rientrano nel beneficio se sono escluse da villette bifamiliari. Il Parlamento ha però chiesto in maniera sostanzialmente univoca che l’incentivo si possa applicare a tutte le seconde case e che soprattutto possa includere anche le strutture alberghiere. Per gli alberghi il Governo ha già fatto trapelare, risorse permettendo una possibile apertura. Difficile, se non impossibile, invece l’estensione del superbonus ai beni delle imprese. Altro nodo da sciogliere che potrebbe indurre molti condomini e famiglie a rinunciare al superbonus è l’obbligo, ora previsto, di vedere crescere - con il pacchetto degli interventi - la certificazione energetica Ape di almeno due classi. Operazione difficile se non impossibile, ad esempio, con la sola sostituzione della caldaia. Intervento che, secondo i tecnici più esperti, dovrebbe essere obbligatoriamente accompagnato da altri lavori come quelli di isolamento termico dell’edificio. Per questo si punta a eliminare, attenuare o circoscrivere questo obbligo o almeno ad allargare le deroghe già presenti, sia pure in termini molto vaghi, nello stesso decreto legge. Preoccupazioni che arrivano dal mondo dei costruttori sono invece quelle che riguardano la certificazione ambientale degli impianti e dei materiali e quelli sui prezzari. Le imprese più strutturate che fanno capo all’Ance chiedono che si eviti lo spezzatino regionale dei prezzari e che si faccia riferimento invece ai prezzari nazionali Dei. Quanto ai materiali, un eccesso di stretta da parte del ministero dello Sviluppo economico renderebbe l’intervento meno facile. Fra le piccole imprese artigiane invece la preoccupazione è che lo sconto in fattura possa premiare solo imprese medio grandi o piattaforme gestite dalle public utilities o da soggetti finanziari. L’ampia cedibilità del credito di imposta riduce questa preoccupazione senza però eliminarla del tutto. Tutti comunque attendono, prima di muoversi, il provvedimento dell’agenzia delle Entrate che dovrà chiarire proprio gli aspetti relativi alla cessione del credito, la leva che consente a condomini e famiglie di fare i lavori senza anticipare neanche un euro. Le Entrate dovranno per esempio fugare le preoccupazioni delle banche sui crediti di imposta: nel caso in cui si rivelino non dovuti chi andrà a cercare l’Agenzia? Dal Mef non hanno dubbi che non sarà la banca a pagare ma si aspetta di vederlo chiaro su carta. È una fase di grande attesa ma tutti temono il granello di sabbia che possa bloccare il meccanismo. Forse anche per questo il sottosegretario a Palazzo Chigi, Riccardo Fraccaro, padre della norma, si è affrettato ad annunciare che ci sarà un portale unico, una piattaforma attraverso cui passeranno chiarimenti ma anche autorizzazioni operative agli interventi.