Le fibrillazioni degli operatori economici sulle scelte del Governo circa la continuazione o meno dell’applicabilità del regime speciale dello split payment regolato dall’art. 17-ter del D.P.R. n. 633/1972 possono finalmente placarsi a seguito della proposta di modifica della decisione di esecuzione (UE) n. 2017/784 del Consiglio presentata - verrebbe da dire in “zona Cesarini” - dalla Commissione europea con il documento del 22 giugno 2020, COM(2020) 242 final. La Commissione UE propone la proroga della misura di deroga per il periodo compreso “dal 1° luglio 2020 fino al 30 giugno 2023” e, inoltre, che “entro il 30 settembre 2021 l'Italia [dovrà] trasmette[re] alla Commissione una relazione sulla situazione generale dei rimborsi IVA ai soggetti passivi interessati [...]”. Le proposte della Commissione UE Meritevoli di attenzione sono alcuni rilievi che giustificano, secondo la Commissione, le modifiche proposte, anch’esse influenzate dagli effetti negativi, non immaginabili, prodotti dalla “pandemia da Covid-19”. La fase emergenziale ha spinto il Governo ad un improvviso cambio di rotta, rispetto alla prima idea di restringere lo split payment alle sole forniture rese in favore delle Pubbliche amministrazioni. Infatti, con la comunicazione del 27 marzo 2020, che sconfessa la precedente lettera del 4 dicembre 2019, l’Italia ha chiesto “che l'ambito di applicazione dell'autorizzazione resti identico a quello concesso dalla decisione di esecuzione (UE) 2017/784 del Consiglio”, con la conseguente applicazione della “deroga agli articoli 206 e 226 della direttiva IVA per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate alle pubbliche amministrazioni, alle società controllate dalle pubbliche amministrazioni centrali e locali e a un elenco di società quotate in borsa.”. Indubbiamente, vi sono anche altre ragioni, tutt’altro che marginali, a supporto della richiesta della proroga e che, sostanzialmente, sono motivate dal contrasto alle frodi IVA, a maggior ragione avendo, tra l’altro, “l'Italia [...] scoperto casi di evasione fiscale nel settore delle forniture a società controllate da pubbliche amministrazioni e a un piccolo gruppo di 40 società quotate in borsa.”. A questo proposito, la Commissione ricorda come lo split payment (scissione dei pagamenti) fa parte di un “pacchetto di misure” - fra cui, la fatturazione elettronica e la trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri - che, a causa della loro recente attuazione, neppure completata, preclude di svolgere una esauriente valutazione sull’efficacia delle misure antifrode. Pertanto, sottolinea la Commissione, un’eliminazione alla cieca della scissione dei pagamenti, che sino ad oggi si è dimostrata una misura efficace, potrebbe avere un impatto negativo sulla riscossione dell’IVA creando, altresì, enormi difficoltà agli operatori, ma anche alla stessa Agenzia delle Entrate, costretti a modificare, in tempi rapidissimi, i loro sistemi di fatturazione. Certamente lodevole è, poi, la preoccupazione della Commissione sui tempi dell’effettiva erogazione dei rimborsi visto che, per effetto del meccanismo dello split payment, gli operatori economici, trovandosi sistematicamente in una posizione creditoria verso il Fisco, devono affrontare una progressiva carenza di liquidità accentuata nell’era Covid-19. Sul punto, le informazioni (forse troppo) rassicuranti fornite dal Governo, che ha soprattutto enfatizzato la velocità della procedura di rimborso accelerato, non hanno pienamente convinto la Commissione che, non a caso, ha chiesto all’Italia di predisporre, entro diciotto mesi, una relazione con le “statistiche del tempo medio necessario per l'effettivo rimborso dell'IVA” e che illustri, in particolare, “i problemi particolari che potrebbero essersi verificati.”. Si tratta di una proposta che coglie un punto fondamentale del sistema IVA, considerato che il rimborso dell’imposta è la naturale conseguenza del diritto alla detrazione guarentigia della neutralità fiscale espressione, a sua volta, del principio di parità del trattamento o uguaglianza (Cfr., Corte di Giustizia, Sent. 11 giugno 2020, C‑242/19 e la giurisprudenza richiamata nelle Conclusioni dell’Avvocato generale presentate il 14 maggio 2020, Causa C‑235/19). L’analisi fin qui svolta rischia, però, di perdersi nel limbo dell’astrazione teorica, se la si raffronta, realisticamente, con l’attuale situazione di incertezza in cui si trovano gli operatori economici. Impatti operativi Riassumendo: l’Italia, che è stata autorizzata ad applicare lo split payment fino al 30 giugno 2020, ha chiesto la proroga, avallata dalla Commissione, che tuttavia deve essere approvata dal Consiglio che difficilmente potrà deliberare prima del 30 giugno. Maggiori possibilità vi sono, invece, che il Consiglio deliberi nella seduta già prevista per il prossimo 17 luglio 2020. Quid iuris, allora, nel periodo compreso fra il 1° luglio e il giorno dell’entrata in vigore delle modifiche alla decisione di esecuzione (UE) 2017/784, il fornitore deve continuare ad assolvere l’IVA mediante il meccanismo della scissione dei pagamenti, nonostante manchi un aggancio legislativo? In altri termini, sul piano giuridico, è sufficiente la proposta di modifica della Commissione o, in caso contrario, è il cedente o prestatore che deve versare, disapplicando la deroga, l’IVA direttamente all’Erario? Preliminarmente occorre osservare che, laddove il Consiglio approvi la proposta della Commissione così come è formulata, e in particolare la modifica all’art. 5 della decisione (UE) n. 2017/784 consistente nella mera modifica dei termini temporali di validità della deroga, non è necessario alcun provvedimento normativo da parte del nostro legislatore affinché le disposizioni contenute nell’art. 17-ter del D.P.R. n. 633/1972 continuino ad avere efficacia. Infatti, tale articolo, al comma 1-ter, prevede che “le disposizioni del presente articolo si applicano fino al termine di scadenza della misura speciale di deroga rilasciata dal Consiglio dell'Unione europea ai sensi dell’articolo 395 della direttiva 2006/112/CE”. Poiché la proposta della Commissione si limita a modificare il termine di validità e non sostituisce integralmente la misura di deroga con modifiche sostanziali, è da ritenere che essa si riverberi immediatamente sulle disposizioni interne. Rimane, quindi, da valutare quali possano essere le conseguenze derivanti dalla mancata approvazione della proroga entro il termine attualmente previsto. Sul punto può essere utile ricordare che la Corte di Giustizia, nell’affrontare un caso simile, ha ammesso che l’efficacia della decisione di esecuzione può decorrere retroattivamente, ossia, prima della sua pubblicazione o notifica allo Stato UE interessato, sempre che la medesima decisione indichi espressamente la sua data iniziale di applicazione (Sent. 13 febbraio 2019, C-434/17, Human Operator Zrt). Condizione quest’ultima che è presente nella proposta di modifica della Commissione, ove si puntualizza, diversamente dal caso Human Operator Zrt, che “si propone di autorizzare la deroga dal 1º luglio 2020 fino al 30 giugno 2023.” Sicché, l’approvazione della modifica da parte del Consiglio, che peraltro è da escludere che possa non avvenire, assorbirebbe, giocoforza, anche la condizione per l’applicazione retroattiva della decisione di esecuzione che proroga lo split payment a partire dal 1° luglio 2020. Fermo restando che, in ogni caso, i più elementari principi di ragionevolezza non possono frustrare le legittime aspettative di un operatore economico che, in assoluta buona fede, abbia fatto affidamento sulla dichiarata e, per di più, scritta volontà del legislatore nazionale - neanche contrastata, anzi, condivisa da una autorevole istituzione europea come, per l’appunto, la Commissione - di continuare a poter utilizzare la misura speciale dello split payment. In tal caso, al di fuori dei casi di frode, il legittimo affidamento “europeo” tutela l’operatore economico che viene esonerato dal pagamento non solo delle sanzioni, ma soprattutto dell’imposta (Corte di Giustizia, Sent. 14 giugno 2017, C‑26/16).