Dal 1° luglio cambia il fringe benefit per le auto in dotazione ai dipendenti

Per i contratti stipulati tra il datore di lavoro e il dipendente dal 1° luglio 2020, la legge di Bilancio 2020 (art. 1, commi 632 e 633, legge n. 160/2019) modifica la percentuale di concorso al reddito del beneficiario di un’auto aziendale con facoltà di uso personale, prima convenzionalmente fissata dall’art. 51, comma 4, lettera a) del TUIR: si passa dal 30% del costo riferibile a una percorrenza del veicolo di 15.000 km/anno, secondo le tabelle ACI, a una serie di percentuali differenziate in funzione del grado di inquinamento del veicolo. In pratica si diceva che l’uso personale era forfetizzato in 4.500 km/anno (il 30% di 15.000). Gli effetti sulle imposte dirette Per le nuove attribuzioni al dipendente le percentuali sono le seguenti: - 25% per i veicoli con emissioni sino a 60 grammi di CO2 per kilometro; - 30% per il successivo scaglione sino a 160 g/km; - 40% per lo scaglione sino a 190 g/km (50% dal 2021); - 50% per fasce superiori di inquinamento (60% dal 2021). Ovvio che non si può dire che la percorrenza personale varia da 3.750 km/anno (25% di 15.000 km.) a 9.000 km (60% di 15.000) in funzione del grado di inquinamento del veicolo. La norma ha un obiettivo ecologico, che si spera possa essere conseguito agendo sulla leva fiscale. Per completare l’aspetto relativo alle imposte dirette per i veicoli aziendali in uso promiscuo ai dipendenti, l’art. 164, comma 1, lettera b-bis) del TUIR concede la deducibilità al datore di lavoro nella misura del 70% per i veicoli dati in uso promiscuo ai dipendenti per la maggior parte del periodo di imposta. Considerando l’aumento della tassazione del dipendente, questa percentuale di deduzione avrebbe dovuto essere incrementata, cosa che non si è voluto fare proprio per non incentivare l’acquisto di auto inquinanti. Gli effetti per l’IVA Vediamo ora quali conseguenze determina questa modifica per gli aspetti relativi all’imposta sul valore aggiunto. La disciplina europea e la clausola di standstill Al momento dell’adozione della sesta direttiva nel 1977 (n. 77/388/CEE) gli Stati aderenti alla allora Comunità Economica Europea non riuscirono a trovare un accordo sul regime di detrazione dell’IVA sulle auto utilizzate nell’attività dei soggetti passivi. L’art. 17, paragrafo 6 della Sesta direttiva affermava che “al più tardi entro un termine di quattro anni a decorrere dall’entrata in vigore della presente direttiva [ne sono passati 43 ... NdA]” verranno decise all’unanimità le spese che non danno diritto a detrazione. Saranno comunque escluse le spese non aventi carattere strettamente professionale, quali le spese suntuarie, di divertimento o di rappresentanza. La norma prosegue introducendo la clausola di standstill, in base alla quale gli Stati possono mantenere tutte le esclusioni previste dalla legge nazionale al momento di entrata in vigore della direttiva. La disposizione viene trasfusa nella vigente direttiva (n. 2006/112/CE) all’art. 176, che individua lo standstill alla data del 1° gennaio 1979 o a quella successiva di adesione dei nuovi Stati Membri dell’Unione. Le numerose sentenze della Corte di Giustizia sulle limitazioni del diritto di detrazione non entrano assolutamente nel merito delle disposizioni nazionali che le vengono sottoposte, limitandosi a verificare quale era la situazione alla data di standstill. Le istituzioni europee hanno mostrato di credere a una futura armonizzazione del diritto di detrazione per le spese di incerta inerenza: nella prima autorizzazione alla detrazione del 40% in Italia il Consiglio indicava la possibile decadenza di questa deroga dalla data di entrata in vigore delle norme dell’Unione che stabiliranno quali spese relative ai veicoli stradali a motore non possono beneficiare della detrazione totale, indicando poi il termine del 31 dicembre 2016. Le autorizzazioni successive si limitano ad indicare i nuovi termini (l’ultimo è il 31 dicembre 2022), senza richiamare la possibilità di una regolamentazione uniforme. Il rispetto della clausola di standstill è il fondamento delle pronunce della Corte di Giustizia. Anche per l’Italia la sentenza Stradasfalti del 14 settembre 2006, nella causa C-228/05, è motivata dal fatto che nel nostro Paese non esistevano limitazioni alla detrazione per le auto alla data del 1° gennaio 1979, e che quindi non era stata rispettata la clausola di standstill, né per una norma permanente si potevano invocare i motivi congiunturali, che avrebbero comunque richiesto una consultazione con il Comitato IVA. L’autorizzazione alla deroga e le condizioni relative all’utilizzo dei veicoli L’Italia si affretta a chiedere una deroga, per limitare la detrazione al 40%, che viene concessa con la decisione del Consiglio n. 441 del 18 giugno 2007. Questa deroga è a termine, ma è stata sinora reiterata più volte, così che l’attuale scadenza è al 31 dicembre 2022. L’art. 2 della decisione puntualizza, in sostanza, che nella indetraibilità del 60% diventa intassabile l’uso a fini privati di questi veicoli. Questa prescrizione è dichiarata in deroga all’art. 26, paragrafo 1, lettera a) della direttiva n. 2006/112/CE, equivalente al nostro art. 3, comma 3, relativo all’autoconsumo di servizi, utilizzati per finalità estranee all’impresa o per il personale (diversi da finalità sostanzialmente assistenziali), se l’acquisizione dei relativi servizi ha dato diritto alla detrazione. Allo scopo di evitare una doppia tassazione economica, si possono peraltro considerare equivalenti queste scelte contabili: - limitare la detrazione al 40% e non assoggettare ad IVA la prestazione di servizio consistente nell’utilizzo del veicolo a fini privati; - detrarre l’IVA al 100%, procedendo alla fatturazione dell’utilizzo estraneo alle finalità di impresa. Questa scelta può ritenersi obbligata per la normativa, che ora vedremo, sulla tassazione di questo fringe benefit a valore normale, anche nel caso in cui il destinatario dell’utilizzo non paghi un corrispettivo equivalente. In merito a questa scelta prende posizione la risoluzione del Ministero delle Finanze n. 6/DPF del 20 febbraio 2008. Dopo aver illustrato gli effetti della sentenza europea, che aveva visto soccombente il nostro Paese, nonché dell’autorizzazione alla limitazione della detrazione al 40%, questo documento di prassi correttamente afferma che devono considerarsi utilizzati esclusivamente nell’esercizio dell’impresa anche i veicoli stradali a motore messi a disposizione del personale dipendente a fronte di uno specifico corrispettivo. Ne deriva che l’imposta afferente all’acquisto dei veicoli (e dei relativi consumi) è integralmente detraibile, sempre che non vi siano limitazioni soggettive come nel caso dei contribuenti in tutto o in parte esenti. La risoluzione prosegue ricordando la valorizzazione convenzionale per i redditi utilizzata per la quantificazione IVA del fringe benefit, precisando che ove sia pattuito un corrispettivo inferiore a tale importo, la base imponibile è costituita dal valore normale, in luogo del corrispettivo, al lordo delle somme trattenute al dipendente e al netto dell’IVA in detto importo inclusa (le tariffe ACI sono infatti IVA compresa). Il richiamo al valore normale ci porta all’art. 14 della legge IVA, ove il relativo comma 6, vigente sino al 28 luglio 2009 faceva espresso riferimento alla determinazione del fringe benefit per i veicoli. La disposizione ora vigente, nel comma 3 dell’art. 14, fa invece riferimento alla quantificazione IVA in base ad un decreto del Ministro delle Finanze, non ancora emanato pur essendo passati più di 10 anni. Si è reso pertanto necessario adottare un ulteriore provvedimento di legge (art. 24, comma 6, legge n. 88/2009), che nel fissare il termine di 120 giorni per l’emanazione del provvedimento ministeriale, ribadisce che sino ad allora il valore normale ai fini IVA coincide con quello reddituale. Si chiude così il cerchio: l’utilizzo privato deve essere fatturato a valore normale, sia che il dipendente paghi un importo equivalente, inferiore o nessun importo. Questa fatturazione dà diritto alla detrazione totale dell’imposta. Osserviamo in via conclusiva che i termini utilizzati da questa legge (“comprensivo delle somme eventualmente trattenute al dipendente e al netto dell'imposta sul valore aggiunto compresa in detto importo”) sono quelli utilizzati dalla risoluzione del ministero delle finanze del 2008. Venendo ora a modificarsi, sia in meno che in più, la quantificazione del fringe benefit relativo all’utilizzo privato dell’auto aziendale, cambia per pari importo anche la base imponibile dell’IVA.

Concordato preventivo biennale: in un video le istruzioni per l’uso

Decreto salva casa: nuovi requisiti di abitabilità

Concordato preventivo forfetari: aggiornato il software

Via libera al Decreto Agricoltura: le misure approvate

Decreto Salva Casa: le novità in arrivo

Influencer inquadrabile come agente di commercio

Carta Dedicata a te: destinatari, requisiti e misura

Decreto Coesione in Gazzetta Ufficiale, le novità in arrivo

Disabili: come cambia la legge 104 dal 30 giugno

Dal 1° luglio cambia il fringe benefit per le auto in dotazione ai dipendenti

Le nuove norme prevedono una tassazione del fringe benefit non più fissa dal 30% e che varia sulla base del grado d’inquinamento dell’auto calcolato sulla base dell’anidride carbonica prodotta

Lascia un commento Annulla risposta

Newsletter

Articoli correlati

Lascia un commento Annulla risposta