Da un lato, il numero di infezioni da Covid-19 negli Stati membri comporta ancora rischi per la salute pubblica e, dall’altro, negli Stati membri si registrano ancora carenze di beni destinate a contrastare la pandemia. Di conseguenza, l’esenzione dai dazi doganali e dall’IVA all’importazione dei beni necessari a contrastare gli effetti dell’emergenza sanitaria da Covid-19, originariamente concessa dalla decisione n. 2020/491/UE fino al 31 ottobre 2020, è stata prorogata dalla decisione n. 2020/1573/UE fino al 30 aprile 2021. È auspicabile che, anche sul fronte nazionale, sia disposta un’analoga proroga del regime agevolativo previsto dall’art. 124 del decreto Rilancio (D.L. n. 34/2020). Attualmente, fino al 31 dicembre 2020, si applica un regime di esenzione da IVA che non pregiudica il diritto alla detrazione (cd. “aliquota zero”) per le cessioni, le importazioni e gli acquisti intracomunitari di mascherine e degli altri dispositivi medici e di protezione individuali contenuti nel novellato punto 1-ter.1) della Tabella A, Parte II-bis, allegata al D.P.R. n. 633/1972; dal 1° gennaio 2021, tali operazioni saranno, invece, soggette all’aliquota IVA del 5%. I beni ceduti devono rientrare nell’attività propria dell’impresa In linea con la decisione n. 2020/1573/UE, a essere prorogata dovrebbe essere l’applicazione dell’aliquota zero che, come recentemente chiarito dalla circolare n. 26/E/2020 (§ 1), prescinde dalla circostanza che la cessione sia effettuata a titolo oneroso o a titolo gratuito. Nonostante il silenzio dell’Agenzia delle Entrate sul punto, occorre osservare che, in assenza di onerosità, il regime transitorio di esenzione con diritto alla detrazione (fino al 31 dicembre 2020), al pari del regime di imponibilità con aliquota del 5% (dal 1° gennaio 2021), presuppone che i beni ceduti a titolo gratuito rientrino nell’attività propria dell’impresa. Solo in tale ipotesi l’operazione assume rilevanza ai fini dell’IVA, soddisfacendo il presupposto oggettivo, e non anche quando i beni elencati nel citato punto 1-ter.1) non formano oggetto dell’attività d’impresa del cedente, come può desumersi dall’art. 2, comma 2, n. 4), del D.P.R. n. 633/1972. Il diritto alla detrazione dell’IVA Ai fini dell’esercizio del diritto di detrazione dell’IVA, per i beni ceduti gratuitamente senza applicazione dell’imposta per difetto del presupposto oggettivo, l’art. 19-bis1, comma 1, lettera h), del D.P.R. n. 633/1972 deve essere coordinato con l’art. 66, comma 3-bis, del D.L. n. 18/2020 (decreto Cura Italia). Di regola, la detrazione è ammessa soltanto per i beni ceduti a titolo gratuito di costo unitario non superiore a 50 euro, ma per effetto della previsione del decreto Cura Italia la detrazione può essere esercitata anche per i beni di costo unitario superiore a 50 euro, se la cessione gratuita è destinata allo Stato, alle Regioni, agli enti locali territoriali, alle enti o istituzioni pubbliche, alle fondazioni e associazioni legalmente riconosciute senza scopo di lucro, compresi gli enti religiosi civilmente riconosciuti. Spostando l’attenzione sulle cessioni gratuite di beni normalmente prodotti o commercializzati dal cedente, in considerazione di quanto sopra esposto, il presupposto oggettivo d’imposta, ai sensi dell’art. 2, comma 2, n. 4), del D.P.R. n. 633/1972, è soddisfatto a prescindere dal valore unitario dei beni, inferiore o superiore a 50,00 euro, e la detrazione “a monte” è consentita. Come chiarito dalla circolare n. 8/E/2020 (risposta 5.3), alle cessioni gratuite a sostegno delle misure di contrasto dell’emergenza Covid-19 è applicabile la disposizione dell’art. 6, comma 15, della legge n. 133/1999 “esclusivamente in relazione a quelle che rispondono ai requisiti oggettivi e soggettivi e alle condizioni in esso previste”. Un’analoga conclusione deve considerarsi valida anche con riguardo all’ulteriore previsione contenuta nell’art. 16 della legge n. 166/2016, che - al pari di quella dell’art. 6, comma 15, della legge n. 133/1999 - stabilisce una specifica presunzione di distruzione ai fini IVA, al rispetto di particolari condizioni oggettive e soggettive, con l’effetto che la cessione gratuita non è soggetta a IVA e il cedente mantiene il diritto alla detrazione. Le presunzioni di distruzione in esame hanno per oggetto i beni rientranti nell’attività propria del cedente, così come il regime di esenzione da IVA di cui all’art. 10, comma 1, n. 12), del D.P.R. n. 633/1972, se i destinatari sono enti pubblici, associazioni riconosciute o fondazioni aventi esclusivamente finalità di assistenza, beneficenza, educazione, istruzione, studio o ricerca scientifica, nonché ONLUS. In base alle indicazioni della circolare n. 26/E/2020 (§ 1), se la cessione gratuita ha per oggetto uno o più beni indicati nel punto 1-ter.1) della Tabella A, Parte II-bis, allegata al D.P.R. n. 633/1972, si applica il trattamento IVA previsto dall’art. 124 del decreto Rilancio anche nell’ipotesi in cui i destinatari della cessione gratuita siano quelli indicati dall’art. 10, comma 1, n. 12), del D.P.R. n. 633/1972. Pertanto, specifica l’Agenzia, fino al 31 dicembre 2020, tali cessioni gratuite sono esenti senza pregiudizio del diritto alla detrazione in capo al cedente; a partire dal 1° gennaio 2021, invece, le stesse saranno soggette all’ordinario regime di esenzione di cui al richiamato art. 10, comma 1, n. 12), del D.P.R. n. 633/1972, che implica l’indetraibilità “a monte”.