Apertura partita IVA: nuovi controlli dal 2023

L’Agenzia delle Entrate sarà chiamata a controlli rigorosi per il rilascio di nuove partite IVA, all’esito dei quali il contribuente potrà essere invitato a presentarsi presso gli uffici per esibire idonea documentazione atta alla verifica dell’effettivo esercizio dell’attività imprenditoriale o professionale da cui emerga l’assenza dei profili di rischio. Se il contribuente non si presenta all’incontro fissato o in caso di riscontro negativo sulla documentazione prodotta da quest’ultimo, l’Ufficio potrà disporre la cessazione della partita IVA, con esclusione dalla banca dati dei soggetti che effettuano operazioni intracomunitarie. Ma il contribuente, destinatario di un provvedimento di cessazione ai sensi dei nuovi commi 15-bis.1. e 15-bis.2. dell’art. 35, D.P.R. n. 633/1972, potrà decidere di aprire una nuova partita IVA a condizione che presti idonea polizza fideiussoria o fideiussione non inferiore a 50.000 euro e di durata minima di tre anni. Accanto al provvedimento di cessazione della partita IVA, l’Ufficio irrogherà una sanzione di 3.000 euro in capo al solo contribuente, esonerando così la figura del professionista-intermediario che, in prima battuta, era stato ritenuto responsabile in solido nel pagamento di tale somma. È quanto ha previsto la legge di Bilancio 2023 (legge n. 197/2022). Quando aprire una partita IVA Tutti i soggetti passivi dell’imposta devono dotarsi di un numero di partita IVA, necessario per espletare i fondamentali e ricorrenti adempimenti contenuti nel D.P.R. n. 633/1972 (e nelle norme collegate). Quindi tutti i soggetti che intraprendono un’attività d’impresa, arte o professione nello Stato, ovvero istituiscono una stabile organizzazione, oppure i soggetti con sede in altro Stato UE che intendono eseguire in Italia operazioni rilevanti ai fini IVA avvalendosi di un rappresentante fiscale, devono presentare la domanda di inizio attività e ottenere un numero di partita IVA. All’interno dell’art. 35, il comma 15-bis dispone che l’attribuzione del numero di partita IVA determina l’esecuzione di riscontri automatizzati per l’individuazione di elementi di rischio connessi al rilascio della stessa nonché l’eventuale effettuazione dei riscontri sul soggetto, mediante verifiche e accessi e, in relazione a questi, potrà disporre d’ufficio la cancellazione della partita IVA e, conseguentemente, l’esclusione dall’archivio VIES. Nel dettaglio, è previsto un provvedimento per regolare l’inclusione all’interno della banca dati VIES (provvedimento 15 dicembre 2014) e un secondo provvedimento volto a stabilire le procedure da applicare in caso di esclusione (provvedimento 12 giugno 2017, n. 10418). Cosa cambia con la legge di Bilancio 2023? I commi da 148 a 150 dell’art. 1 della legge di Bilancio 2023 vanno a rafforzare l’attività di presidio preventivo connesso all’attribuzione e all’operatività delle partite IVA. Nel dettaglio, la norma riconosce all’Agenzia delle Entrate la possibilità di effettuare specifiche analisi del rischio anche mediante l’esibizione di documentazione tramite cui sia possibile la verifica dell’effettivo esercizio dell’attività. Vengono altresì specificate le modalità con le quali, dopo il provvedimento di cessazione, la partita IVA potrà essere nuovamente richiesta e il regime sanzionatorio applicabile. In buona sostanza viene “integrato” l’art. 35, D.P.R. n. 633/1972, a cui saranno aggiunti, accanto al comma 15-bis, i successivi commi 15-bis.1 e 15-bis.2. Partendo dal nuovo comma 15-bis.1, è previsto che ai fini del rafforzamento del presidio stabilito dal comma 15-bis, l’Agenzia delle Entrate effettuerà specifiche analisi del rischio connesso al rilascio di nuove partite IVA, all’esito delle quali l’Ufficio inviterà il contribuente a presentarsi per esibire la documentazione richiesta e prevista dagli articoli 14 e 19, D.P.R. n. 600/1973, ove obbligatoria. Si tratta in particolare di scritture contabili delle imprese commerciali, delle società e degli enti equiparati nonché degli esercenti arti e professioni. L’esibizione di tale apposita documentazione è volta a consentire in ogni caso la verifica dell’effettivo esercizio dell’attività d’impresa nonché di arti e professioni e per dimostrare, sulla base di idonea documentazione, l’assenza di profili di rischio individuati. Se il contribuente non dovesse presentarsi personalmente oppure in caso di esito negativo dei riscontri operati sui documenti eventualmente esibiti, l’ufficio emanerà il provvedimento di cessazione della partita IVA. Il successivo comma 15-bis.2 chiarisce invece che, ferma restando la disciplina applicabile nei casi in cui la cessazione della partita IVA comporti l’esclusione della stessa dalla banca dati dei soggetti che effettuino operazioni intra-UE, in caso di cessazione ai sensi dei commi 15-bis e 15-bis.1, la partita IVA potrà essere successivamente richiesta dal medesimo soggetto, come imprenditore individuale, lavoratore autonomo o rappresentante legale della società, associazione od ente, con o senza personalità giuridica, costituite successivamente al provvedimento di cessazione della partita IVA, solo previo rilascio di polizza fideiussoria o fideiussione bancaria per la durata di tre anni dalla data del rilascio e di importo non inferiore a 50.000 euro. Inoltre, in caso di eventuali violazioni fiscali commesse antecedentemente all’emanazione del provvedimento di cessazione, l’importo della fideiussione dovrà essere pari alle somme, se superiori a 50.000 euro, dovute a seguito di tali violazioni fiscali, sempreché non sia intervenuto il versamento delle stesse. Novità anche sotto il profilo sanzionatorio Il comma 149 della legge di Bilancio 2023 ha introdotto un nuovo comma, ossia il 7-quater, all’interno dell’art. 11, D.Lgs. n. 471/1997, relativo alle violazioni in materia di imposte dirette e IVA. Nel dettaglio, tale norma prevede che il contribuente, destinatario del provvedimento emesso ai sensi dei commi 15-bis.1 e 15-bis.2 dell’art. 35, D.P.R. n. 633/1972, sia soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria pari a 3.000 euro, irrogata contestualmente al provvedimento che dispone la cessazione della partita IVA. È da sottolineare come, durante l’iter parlamentare della legge di Bilancio, è stata soppressa la parte relativa all’estensione della sanzione anche agli intermediari che trasmettono, per conto del contribuente, la dichiarazione. Infine, si ricorda come non sarà applicabile l’art. 12, D.Lgs. n. 472/1997 in materia di concorso di violazioni e continuazione. Alcune osservazioni finali L’implementazione dell’art. 35, D.P.R. n. 633/1972 ha uno scopo ben preciso, ossia quello di contrastare e arginare i fenomeni di evasione e frode fiscale. Infatti, dalla lettura delle novità introdotte emerge chiaramente che i controlli preventivi, che saranno operati dal Fisco, avranno una finalità ben precisa: verificare l’esercizio effettivo dell’attività, richiedendo al contribuente l’esibizione di accurata documentazione. Quindi l’Agenzia si attiverà per cercare di vagliare situazioni in cui la partita IVA sia stata detenuta da soggetti che potrebbero risultare in realtà fittizi, o quanto meno non realmente operativi, sanzionando, se del caso, il soggetto passivo con un provvedimento assai stringente e volto alla cessazione della partita IVA. Ma dall’altro lato, la norma contempla anche la possibilità di richiedere una nuova partita IVA, qualora sia stata disposta la cessazione da parte dell’Agenzia, a condizione però che venga rilasciata una fideiussione o polizza fideiussoria triennale di importo assai ingente, ossia non inferiore a 50.000 euro. Una misura che rischia di essere particolarmente stringente e limitante siccome, in caso di chiusura d’ufficio della partita IVA (per i motivi previsti nei nuovi commi), il contribuente sarà tenuto a prestare una fideiussione molto onerosa, che in molti casi non sarà rilasciata. Infine, l’aspetto sanzionatorio, ridimensionato: se dalla bozza iniziale della legge di Bilancio era emersa l’estensione della sanzione amministrativa pecuniaria anche per gli intermediari che trasmettevano la dichiarazione per conto del contribuente, in fase di approvazione della legge l’inciso è stato eliminato, mantenendo vigente la situazione attuale. Sarebbe risultato ingiusto e iniquo prevedere un’estensione sanzionatoria in capo al professionista, che sarebbe stato così esposto a un rischio assai elevato di dover corrispondere, in solido con il contribuente, una sanzione pecuniaria di importo non indifferente che, se moltiplicata per più clienti, avrebbe costituito un serio pericolo per lo svolgimento dell’attività professionale. La sanzione di 3.000 euro in caso di cessazione della partita IVA rimane invece in vigore, in capo al solo contribuente.

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