La legge di Bilancio 2023, all’art. 1, comma 285, abroga i commi 89 e 90 dell'art. 1 della precedente legge di Bilancio 2022, relativi all’istituzione di un Fondo per favorire il pensionamento anticipato dei lavoratori dipendenti di piccole e medie imprese in crisi, che abbiano raggiunto un'età anagrafica di almeno 62 anni. La motivazione va ricondotta alla necessità di finanziare, come aveva detto il Ministro dell’Economia, a “politiche invariate”, le altre misure in ambito previdenziale (pensionamento anticipato flessibile - quota 103, rinnovo Opzione donna in versione aggiornata, proroga dell’Ape sociale), con copertura cioè all'interno dello stesso settore d'intervento. Nella stessa logica si pone anche l’introduzione in materia di perequazione per gli anni 2023-2024 di una disciplina speciale in materia di indicizzazione dei trattamenti pensionistici (ivi compresi quelli di natura assistenziale). Quale era la funzione del fondo La legge di Bilancio 2022 prevedeva la creazione di un fondo che era specificamente finalizzato a favorire l’uscita anticipata dal lavoro, su base convenzionale, dei lavoratori dipendenti di piccole e medie imprese in crisi, che avessero raggiunto un’età anagrafica di almeno 62 anni. In dettaglio, si stabiliva che il fondo venisse istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, con una dotazione di 150 milioni di euro per l’anno 2022, 200 milioni di euro per l’anno 2023 e 200 milioni di euro per l’anno 2024. Con decreto del Ministro per lo Sviluppo Economico, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze e del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, si sarebbero dovuti definire i criteri, le modalità e le procedure di erogazione delle risorse stanziate. Va sottolineato come il decreto ministeriale attuativo non è stato però mai emanato. Erano circolate alcune bozze secondo cui, sulla base di un accordo collettivo aziendale, si ipotizzava la possibilità per i lavoratori delle piccole e medie aziende in crisi, fino al 2024, di essere “accompagnati” al raggiungimento dei requisiti previsti per la pensione di vecchiaia (67 anni di età e 20 di contributi) o anticipata (42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne, con un’età minima di accesso, in questo caso, di 62 anni) per 3 anni, con una indennità pari a circa il 90% dell’importo del trattamento previdenziale maturato. Il bacino potenziale dei lavoratori coinvolti veniva individuato in circa 10.000 persone, mentre la platea delle imprese sarebbe stato rappresentato da quelle con un numero di dipendenti compreso tra 15 e 250, con un fatturato annuo non superiore a 50 milioni o avere un totale di bilancio oltre i 43 milioni. Il requisito per essere considerate come aziende in crisi era rappresentato dal palesare una diminuzione media del fatturato nei 12 mesi antecedenti la richiesta di almeno il 30% rispetto alla media del fatturato dell’anno 2019. Canali di pensionamento In attesa di eventuali novità specifiche che potrebbero essere previste nell’ambito della riforma previdenziale annunciata dal Governo, valgono allora, in via ordinaria, i canali di pensionamento previsti nel 2023 e gli altri strumenti utilizzabili per gestire il turnover aziendale. Partendo da un veloce riepilogo delle modalità con cui accedere alla quiescenza, si evidenzia in primo luogo la pensione di vecchiaia, per cui occorrono 67 anni di età e 20 di contributi senza la previsione di finestre. Va ricordata poi quota 103, alla quale si può accedere maturando, entro il 31 dicembre 2023, un'età anagrafica di almeno 62 anni e un'anzianità contributiva di almeno 41 anni, a condizione che il valore lordo mensile del trattamento di pensione anticipata non sia superiore a cinque volte il trattamento minimo. Per i lavoratori del settore privato si applica una finestra mobile trimestrale. Vi è ancora la pensione anticipata che mantiene anche per quest’anno i requisiti precedenti, vale a dire 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne, indipendentemente dall’età anagrafica, con la previsione della finestra mobile trimestrale. È ancora da evidenziarsi come l’accesso ai canali di Quota 103 e il pensionamento anticipato, se ne ricorra il raggiungimento dei relativi requisiti previsti, consente di accedere nella previdenza complementare alla RITA, specifica prestazione di flessibilità. La legge di Bilancio 2023 ha poi prorogato anche per quest’anno Opzione donna, con calcolo su base contributiva, cui possono accedere, nella nuova versione, le lavoratrici che, entro il 31 dicembre 2022, hanno maturato un'anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e un'età di 60 anni (ridotta di un anno per ogni figlio, nel limite massimo di due anni) e che assistono un parente disabile, o che hanno una riduzione della capacità lavorativa superiore o uguale al 74% o che sono lavoratrici licenziate o dipendenti da imprese in crisi (in tale ultimo caso, il requisito anagrafico è pari a 58 anni). Per le lavoratrici del settore privato, si applica una finestra mobile di 12 mesi. Può poi accedersi anche nel 2023, al ricorrere dei requisiti, all’Ape sociale. Gestione del turnover aziendale Andando agli strumenti azionabili per gestire il turnover aziendale, è presente anche nel 2023 il contratto di espansione, per cui il recente decreto Milleproroghe, nella versione originaria, prevedeva una serie di novità poi venute meno nel testo pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Non è, però, da escludersi che in corso d’anno tali novità possano essere introdotte in altro veicolo normativo. Rimane allora il meccanismo di funzionamento precedente, con la possibilità di accedervi da parte delle aziende con organico almeno pari a 50 unità lavorative, soglia raggiungibile sia dalla singola impresa sia calcolata complessivamente nelle ipotesi di aggregazione stabile di imprese con un'unica finalità produttiva o di servizi. In particolare, in questa sede si evidenzia il profilo del prepensionamento con durata massima di 5 anni, con la finalità di accompagnare i lavoratori o alla pensione di vecchiaia o a quella anticipata verso la prima che arrivi in tempo utile. Nella ipotesi della pensione di vecchiaia, il datore di lavoro corrisponderà al lavoratore le rate di pensione corrispondente all’assegno maturato al momento dell’esodo, senza prevedersi versamenti contributivi aggiuntivi. L’onere datoriale del prepensionamento viene ridotto del valore corrispondente alla NASpI spettante al lavoratore nel periodo massimo pari ai primi 24 mesi. Nel caso, invece, in cui il primo ingresso a pensione è rappresentato dalla pensione anticipata, l’azienda verserà anche la contribuzione correlata, con uno sconto pari, per i primi 2 anni, alla contribuzione figurativa della NASpI. Ulteriore soluzione, ancora per il 2023, è poi l’esodo incentivato introdotto dalla legge Fornero, anche definito come isopensione, che si propone di incentivare il turnover dei dipendenti in esubero nelle aziende che abbiano almeno 15 dipendenti, versando una prestazione che è pari all’importo della pensione loro spettante sino al raggiungimento dei requisiti minimi per l’effettivo pensionamento (di vecchiaia e anticipata). Può accompagnare i lavoratori a pensione anticipata o di vecchiaia (non può attivarsi per accedere a quota 103 e a Opzione donna), per un prepensionamento lungo fino a 7 anni dopo la risoluzione del rapporto. Sulla base di un accordo tra datore di lavoro e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, validato dall’INPS, il datore di lavoro corrisponderà una prestazione di importo pari al trattamento di pensione che spetterebbe in base alle regole vigenti, fino a che non si siano perfezionati i requisiti per il pensionamento. Occorre poi versare anche la contribuzione piena sia nel caso del pensionamento di vecchiaia che della pensione anticipata.