Con la sentenza n. 16728 del 19 aprile 2023, la Corte di Cassazione ha confermato che la cessione a un terzo del credito, inesistente o non spettante, di cui al superbonus 110% (art. 121 comma 1 lett. b) del DL 34/2020), non consente di “sanare” la posizione del terzo stesso e non impedisce il sequestro preventivo impeditivo del detto credito, posto che questo, derivando dal diritto alla detrazione di imposta spettante al committente delle opere, costituisce cosa pertinente al reato di truffa o di indebita compensazione, senza che rilevi la condizione soggettiva del terzo. IL FATTO Nel caso di specie, il ricorso riguardava un decreto di sequestro preventivo per equivalente finalizzato alla confisca di beni con riferimento al profitto del reato di cui all’art. 10-quater del DLgs. 74/2000 (indebita compensazione), nonché il provvedimento di sequestro impeditivo avente a oggetto società riferibili al ricorrente e utilizzate, in ipotesi di accusa, per commettere i reati di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di diversi reati, tra cui la truffa e il reimpiego di denaro di provenienza illecita. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte ha confermato i provvedimenti cautelari reali, sotto un primo profilo richiamando la sua consolidata giurisprudenza per cui il reato di indebita compensazione si consuma al momento della presentazione dell’ultimo modello F24 relativo all’anno interessato e non in quello della successiva dichiarazione dei redditi; questo perché, con l’utilizzo di tale modello, si perfeziona la condotta decettiva del contribuente, realizzandosi il mancato versamento per effetto dell’indebita compensazione di crediti, in realtà non spettanti in base alla normativa fiscale. Non rilevano, pertanto, l’eventuale mancato computo della compensazione da parte dello Stato e il conseguente non aggiornamento del c.d. cassetto fiscale, in quanto tali operazioni, successive alla presentazione del modello F24, sono solo ricognitive del rapporto obbligatorio tra amministrazione e contribuente, senza alcun effetto costitutivo e modificativo. Nel caso di specie, il ricorrente aveva utilizzato in compensazione parte dei crediti inesistenti dovuti alla creazione di crediti di imposta fittizi ceduti allo stesso o a società a lui riconducibili, relativi a bonus locazioni, sismabonus e bonus facciate. Il ricorrente aveva portato in compensazione tali crediti a mezzo del pagamento di un cospicuo numero di F24 così dovendosi confermare, ad avviso della Corte, la sua responsabilità, indipendentemente dalla circostanza che si trattasse di debiti fiscali già iscritti a ruolo e bloccati dalle indagini in corso. Una volta individuato il momento consumativo della fattispecie, la Cassazione ha trasferito la sua attenzione sulla determinazione della nozione di profitto del reato de quo, costituito dallo stesso ammontare del credito di imposta inesistente utilizzato per l’illecita compensazione. Rilevante sul punto è la considerazione che la nozione di profitto del reato di cui all’art. 10-quater è riferibile al mancato versamento di un debito, di non predeterminata natura, per un ammontare corrispondente al credito inesistente o non spettante (Cass. n. 35719/2020), diversamente, ad esempio, dal profitto conseguente al reato di cui all’art. 3 del DLgs. 74/2000 che corrisponde a un abbattimento della base imponibile. Proprio con riferimento ai reati tributari, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che il profitto del reato è pari all’ammontare dell’imposta evasa che costituisce un indebito vantaggio patrimoniale direttamente derivante dalla condotta illecita e, come tale, certamente riconducibile alla nozione di profitto del reato (Cass. n. 6705/2015). Si tratta del risparmio economico derivante dalla sottrazione effettiva degli importi evasi alla loro destinazione fiscale, dei quali direttamente beneficia l’autore (Cass. n. 9578/2013). D’altro canto, per il diverso reato contestato di truffa aggravata ai danni dello Stato, il sequestro preventivo si deve rivolgere ai crediti dei terzi cessionari di cui all’art. 121 comma 1 lett. b) DL 34/2020, con riferimento al superbonus 110%, posto che gli stessi, derivando dal diritto alla detrazione di imposta spettante al committente delle opere, costituiscono cose pertinenti al reato, senza che rilevi la condizione soggettiva di detti terzi, in conformità alle norme processualpenalistiche proprie anche della citata disciplina (Cass. n. 40865/2022). In altre parole, la cessione del credito di imposta inesistente o non spettante non ha alcuna efficacia sanante rispetto al cessionario, non potendosi invocare l’art. 122 comma 4 del decreto “Rilancio”, secondo il quale quest’ultimo risponde solo per l’eventuale utilizzo del credito d’imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito ricevuto.