Mediazione immobiliare: la proposta irrevocabile di acquisto non dà diritto alla provvigione

La Corte di Cassazione mette i paletti ai compensi dei mediatori nelle compravendite immobiliari. Non basta che il promittente venditore dell'appartamento accetti la proposta irrevocabile d'acquisto da parte del promissario a far scattare la provvigione in favore dell'agenzia: nel contratto di mediazione il pagamento del compenso dovuto a chi fa incontrare le parti risulta strettamente connesso alla conclusione dell'affare ex art. 1755 c.c. E in base al codice del consumo è nulla la clausola che determina un significativo squilibrio a carico del consumatore perché prevede la maturazione del diritto alla provvigione a una fase anteriore rispetto alla conclusione dell'affare. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 9612 pubblicata l'11 aprile 2023. IL FATTO È accolto il ricorso di legittimità proposto dal promittente venditore. Sbaglia la Corte d'appello a confermare il decreto ingiuntivo di 4.800 euro ottenuto dall'agenzia immobiliare, dopo che il Tribunale aveva accolto l'opposizione proposta contro il provvedimento monitorio. E ciò sul rilievo che basterebbe la firma del promittente venditore sulla proposta irrevocabile d'acquisto predisposta dalla società a configurare il diritto al compenso per l'attività d'intermediazione. Risulta fondamentale l'esame del contratto di mediazione immobiliare stipulato il 3 agosto fra l'agenzia e il promittente venditore: conta la clausola n. 4, che individua il momento in cui matura il diritto alla provvigione in favore della società all'atto in cui è accettata la proposta d'acquisto e lo fa nella misura del 2,5% più Iva del prezzo di vendita; diritto che, in base allo strumento negoziale, diventerebbe esigibile al momento della sottoscrizione della scrittura che riproduce il contratto mediato o, in mancanza di firma della parte, una volta trascorsi 30 giorni dall'accettazione della proposta irrevocabile d'acquisto. Nel caso l'offerta risulta firmata il successivo 6 novembre e tanto basterebbe, stando al giudice di II grado, a considerare maturato il compenso nella percentuale stabilita in favore dell'agenzia immobiliare. Il tutto benché la proposta non contenga le modalità di pagamento del prezzo né il termine per la stipula del contratto definitivo: il promittente-opponente, infatti, rifiuta poi di sottoscrivere il contratto preliminare perché le condizioni di pagamento per il saldo del prezzo sono diverse da quelle concordate durante le trattative. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE Trova ingresso la censura che denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 1754 e 1755 c.c. laddove la Corte d'appello eleva la mera accettazione della proposta irrevocabile trasmessa dal promissario acquirente a elemento cardine del diritto alla provvigione: si configura un vizio che riguarda la nozione di conclusione dell'affare. Tre gli elementi che il giudice deve verificare per stabilire se è maturato il diritto al compenso dell'agenzia nel rapporto di mediazione: anzitutto se l'affare proposto risulta identico a quello concluso, poi il nesso di causalità tra la conclusione dell'affare e l'opera del mediatore e soprattutto il compimento di un'operazione che genera un rapporto obbligatorio tra le parti e dà diritto di agire per l'adempimento oppure per il risarcimento dei danni. Nel caso la proposta irrevocabile d'acquisto sottoscritta dal promittente venditore il 6 novembre non può integrare un contratto preliminare, ma deve ritenersi una semplice puntuazione di contratto destinata a fissare, senza alcun effetto vincolante, il contenuto del successivo negozio, che avrebbe dovuto assumere natura di vero e proprio contratto preliminare. In base all'articolo 1755 c.c. nel contratto di mediazione il pagamento della provvigione risulta strettamente connesso alla conclusione dell'affare; la cui rilevanza causale ai fini della pretesa patrimoniale dell'agenzia immobiliare è confermata in modo indiretto dall'articolo 1756 c.c., secondo cui, salvo patti o usi contrari, il mediatore ha diritto al solo rimborso delle spese nei confronti della persona per incarico della quale sono state eseguite, anche se l'affare non è stato concluso. Insomma: i soggetti intermediati, aderendo al contratto di mediazione, non assumono alcun obbligo di pagare la provvigione come corrispettivo dell'attività posta in essere dal mediatore a loro vantaggio, se non al momento della conclusione dell'affare. In questo caso la proposta irrevocabile formulata dal promissario acquirente e accettata dai promittenti venditori assume soltanto la veste di accordo preparatorio destinato a inserirsi nell'iter formativo del futuro negozio traslativo della proprietà. Ma il preliminare non risulta mai sottoscritto perché la bozza del contratto differisce dalle modalità convenute rispetto al versamento del prezzo al saldo: il promittente venditore rifiuta di firmarlo perché ritiene le condizioni troppo rischiose, mentre il diritto della società all'emolumento sarebbe sorto unicamente al momento di stipula del contratto preliminare oppure del definitivo. Principio di gradualità Trovano ingresso anche gli altri motivi del ricorso proposto dal promittente venditore, che denuncia la natura vessatoria della clausola contenuta nel contratto di mediazione laddove anticipa la maturazione del diritto alla provvigione all'accettazione della proposta irrevocabile d'acquisto: la pattuizione deve essere considerata nulla, e quindi non apposta, per nullità parziale di protezione ex art. 36, comma 1, del dlgs 206/05. E ciò in quanto determina un significativo “squilibrio normativo” secondo l'art. 33, comma 1, del codice del consumo: la previsione per cui il compenso dell'agenzia immobiliare matura in una fase che non corrisponde alla conclusione dell'affare finisce per stravolgere il fondamento causale dell'operazione economico-giuridica posta in essere dalle parti. Si presume peraltro vessatoria, e quindi inefficace, la clausola del contratto che attribuisce al mediatore immobiliare il diritto al compenso anche nel caso di mancata conclusione dell'affare per fatto imputabile al venditore, se le parti non hanno pattuito in modo esplicito un meccanismo di adeguamento dell'importo all'attività fino a quel momento concretamente posta in essere dall'agenzia. Si applica un “principio di gradualità” la cui ratio deve essere ravvisata nell'esigenza di garantire nei contratti a prestazioni corrispettive, come è quello di contratto mediazione “atipica”, il rispetto del sinallagma contrattuale: la prestazione di una parte deve trovare il proprio fondamento nella controprestazione dell'altra, in modo da evitare che dal negozio perfezionato emergano situazioni d'indebito arricchimento ai danni del contraente debole. Quando l'affare non risulta concluso, il compenso per l'agenzia trova giustificazione se risulta svolta dalla società una concreta attività di ricerca di terzi interessati all'immobile, attraverso la predisposizione di mezzi e organizzazione. E il giudice deve compiere l'accertamento sull'eventuale natura abusiva della clausola anche per evitare che il diritto al compenso del mediatore possa essere fissato in misura indipendente dal tempo e dall'attività svolta dall'operatore. Pesa la giurisprudenza della Corte Ue: l'art. 3 della direttiva 93/13/Cee, che corrisponde all'art. 33, comma 1, codice del consumo, va interpretato nel senso che la nozione di “significativo squilibrio” a danno del consumatore deve essere valutata con un'analisi delle norme nazionali applicabili in mancanza di un accordo tra le parti; sì da accertare se, e in quale misura, il contratto colloca il consumatore in una situazione giuridica meno favorevole rispetto a quella prevista dal diritto nazionale. Soccorre l'art. 1755 c.c. laddove fa coincidere la maturazione del diritto alla provvigione con la “conclusione dell'affare”. E per accertare se lo squilibrio sia creato “malgrado il requisito della buona fede”, conclude la Corte di giustizia Ue, occorre verificare d'ufficio se il professionista, qualora avesse trattato in modo leale ed equo con il consumatore, avrebbe potuto ragionevolmente aspettarsi che la controparte avrebbe aderito alla clausola in seguito a negoziato individuale.

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