Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11287 del 28 aprile 2023, chiamate a pronunciarsi sulla legittimazione processuale del fallito cui è stato notificato un atto impositivo riferito ad anni di imposta antecedenti alla dichiarazione di fallimento, sono intervenute ponendo auspicabilmente fine a indirizzi difformi che si registravano nella giurisprudenza di legittimità e di merito. Il pronunciamento era stato sollecitato dall’ordinanza interlocutoria della Cassazione del 25 agosto 2022 n. 25373 su due questioni: la legittimazione straordinaria del contribuente insolvente e tanto sia a fronte della mera inerzia del curatore sia ove questa fosse il frutto di una valutazione ponderata da parte degli organi della procedura concorsuale; in caso di ricorso del curatore, la rilevabilità di parte o d’ufficio dell’eccezione del difetto di legittimazione processuale del fallito. Le Sezioni Unite hanno riconosciuto la legittimazione processuale del soggetto fallito in caso di mancata impugnazione del curatore e tanto a prescindere dall’inerzia semplice o qualificata di quest’ultimo, riferendo testualmente: “in caso di rapporto d’imposta i cui presupposti si siano formati prima della dichiarazione di fallimento, il contribuente dichiarato fallito a cui sia stato notificato l’atto impositivo lo può impugnare, ex art. 43 L. fall., in caso di astensione del curatore dalla impugnazione, rilevando a tal fine il comportamento oggettivo di pura e semplice inerzia di questi, indipendentemente dalla consapevolezza e volontà che l’abbiano determinato”. L’inerzia del curatore nell’impugnazione di un atto impositivo determina, quindi, sempre la legittimazione processuale del contribuente fallito su cui si rifletteranno gli esiti del giudizio ove questo tornasse in bonis. Viene così meno la distinzione che si era andata prospettando in giurisprudenza circa la c.d. “inerzia semplice” e “inerzia qualificata o consapevole”. Tali definizioni distinguevano, rispettivamente, l’ipotesi in cui era ammessa la legittimazione del fallito, purché ci fosse il disinteresse nel coltivare il giudizio da parte del curatore senza indagare sulle ragioni di tale scelta, da quella per cui ai fini dell’ammissione della legittimazione del fallito occorreva che questo provasse le ragioni dell’inattività del curatore, ovvero se era una scelta determinata da una valutazione degli organi della procedura fallimentare (cfr. in senso contrastante Cass. nn. 20810/2020 e 26506/2021). I giudici di legittimità argomentano che questa soluzione ha il pregio di evitare un disequilibrio tra le differenti ipotesi prospettate specie quando il disinteresse della curatela è mosso da una valutazione sulla incapienza della procedura. La decisione quindi è in linea con il consolidato orientamento giurisprudenziale che ritiene legittima la notifica degli atti impositivi anche al fallito, diversamente tale indirizzo ne verrebbe svilito e apparirebbe contrastante. Sotto l’altro profilo relativo alla natura dell’eccezione di legittimità processuale, le Sezioni Unite hanno attribuito a questa carattere “assoluto” riferendo che il ricorso del curatore “comporta il difetto della capacità processuale del fallito in ordine all’impugnazione dell’atto impositivo e va conseguentemente rilevata anche d’ufficio dal giudice in ogni stato e grado del processo”. Ciò sta a significare che viene esclusa in ogni caso la legittimazione processuale del fallito se già il curatore fallimentare ha impugnato l’atto impositivo, oltre ad ammettere che il difetto di legittimazione è rilevabile anche d’ufficio dal giudice (allineandosi a Cass. 30 settembre 2021 n. 26506). “Ricezione” parziale della delega fiscale Il ragionamento sotteso a tale decisione muove dall’assunto per cui l’interesse del curatore alla lite esclude dal rapporto processuale, anche in concorso, il fallito e tanto in applicazione dell’art. 43 del RD 267/1942 per cui nelle controversie relative a rapporti di diritto patrimoniale del fallito compresi nel fallimento “sta in giudizio il curatore”. La sentenza delle Sezioni Unite, quindi, ammette la legittimazione processuale piena del fallito solo a fronte dell’inerzia degli organi della procedura, tuttavia la disconosce in caso contrario, quindi pare recepire solo in parte in via anticipata, i criteri guida del disegno di legge sulla delega fiscale contenuti all’art. 9 comma 1 lettera a) punto 4.2).