Il contributo, in qualsiasi modo offerto a una società c.d. “cartiera”, votata alla realizzazione di frodi carosello, comporta la consapevolezza, anche se delineata nelle linee essenziali e cronologicamente determinate in relazione agli anni di imposta rispetto ai quali le frodi sono realizzate, dell’apporto recato a coloro che sono tenuti a osservare gli adempimenti fiscali o a non alterare la veridicità delle operazioni fiscalmente rilevanti (cioè agli amministratori di diritto/legali rappresentanti). Da ciò deriva la possibile contestazione del reato di associazione per delinquere nei confronti di chi partecipa ai reati strumentali (ad esempio fiscali), e cioè di quelli che sono strumento di attuazione del programma criminoso, in ragione dell’adesione alla realizzazione dello scopo criminoso che richiede una comune predisposizione di mezzi ed implica la consapevolezza in ciascuno degli associati di concorrere a detta predisposizione. Tali affermazioni si trovano nelle motivazioni della sentenza n. 19609 della Corte di Cassazione, depositata il 10 maggio 2023. Si trattava qui di un complesso ed articolato meccanismo fraudolento caratterizzato da una progressione di condotte fraudolente poste in essere mediante l’uso strumentale della disciplina fiscale di favore accordata ai cosiddetti esportatori abituali di beni e servizi senza il pagamento dell’IVA, con fittizie lettere di intenti da società “innesco” alle diverse cartiere che, avvicendatasi tra loro senza soluzione di continuità, falsamente dichiaravano di essere “esportatori abituali” senza, tuttavia, averne i presupposti. Tale schema veniva sostituito con altro sistema a seguito della modifica legislativa dell’art. 1 comma 941-bis della L. 205/2017 avvenuta nell’autunno 2019, che impediva agli esportatori di usare le dichiarazioni di intenti per le cessioni di benzina destinate a carburanti per motori. Era stata così ordinata la custodia cautelare in carcere per una serie di soggetti (amministratori di diritto e di fatto delle varie società coinvolte) a cui erano contestati sia i reati tributari dell’omessa dichiarazione, dell’emissione di fatture per operazioni inesistenti e della sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (artt. 5, 8 e 11 del DLgs. 74/2000), nonché il reato di associazione per delinquere ex art. 416 c.p. Va ricordato che il meccanismo delle c.d. frodi carosello sfrutta, nelle operazioni di importazione di beni, la neutralizzazione dell’IVA all’acquisto mediante l’interposizione di società cartiere, aventi il solo scopo di emettere fatture – con l’esposizione di un’imposta in realtà non versata – destinate ad essere utilizzate nella catena delle cessioni per creare crediti d’imposta inesistenti. Pertanto, una volta appurata l’oggettiva sussistenza della frode attraverso la ricostruzione dei passaggi in cui, in concreto, detto meccanismo si estrinseca, la piena consapevolezza, in capo ai soggetti agenti, del sistema fraudolento complessivo è insita nella stessa gestione di fatto delle società coinvolte, e conseguentemente nella regia e supervisione delle operazioni commerciali dalle stesse poste in essere (Cass. n. 18924/2017). Interessante è anche l’annotazione riferita ai reati di omessa dichiarazione ex art. 5 del DLgs. 74/2000, condotta anch’essa parte del meccanismo illecito. Per i giudici di legittimità, risponde del reato di omessa presentazione della dichiarazione ai fini delle imposte dirette o IVA, a titolo di concorso per omesso impedimento dell’evento, l’amministratore di diritto, quale mero prestanome, a condizione che ricorra l’elemento soggettivo richiesto dalla norma incriminatrice (Cass. n. 38780/2015). Viene, più in generale, precisato che il dolo di evasione può essere integrato, in capo all’amministratore di diritto di una società, che funge da mero prestanome, quando l’esistenza può essere desunta dal complesso dei rapporti intercorrenti tra l’amministratore di diritto e l’amministratore di fatto, nell’ambito dei quali assumono decisiva valenza la macroscopica illegalità dell’attività svolta e la consapevolezza di tale illegalità (Cass. n. 2570/2019). Nel caso qui in esame il dato della partecipazione ad incontri con appartenenti dell’associazione e al progetto criminale, la richiesta di buste paga “farlocche”, unitamente al dato che le società amministrate dal ricorrente, fossero prive di concretezza, di dipendenti e di macchinari, hanno costituito, per il tribunale cautelare, indici eloquenti del coinvolgimento consapevole degli imputati nell’operazione illecita.