Legittimo il licenziamento del lavoratore che - in malattia - esegua attività o movimenti che possano pregiudicare la guarigione. In questo caso viene meno l'elemento della fiducia che deve stare alla base del rapporto tra datore e prestatore. E' quanto chiarisce la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 12994 del 12 maggio 2023. E' noto che lo svolgimento di altra attività lavorativa da parte del dipendente, durante lo stato di malattia, configuri violazione degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà nonché dei doveri generali di correttezza e buona fede, oltre che nell'ipotesi in cui tale attività esterna sia, di per sé, sufficiente a far presumere l'inesistenza della malattia, anche nel caso in cui la stessa, valutata con giudizio ex ante in relazione alla natura della patoiogia e delle mansioni svolte, possa pregiudicare o ritardare la guarigione o il rientro in servizio. E' parimenti risaputo che, in materia di licenziamento disciplinare intimato per lo svolgimento di altra attività, lavorativa o extralavorativa, durante l'assenza per malattia del dipendente, gravi sul datore di lavoro la prova che essa sia simulata ovvero che la predetta attività sia potenzialmente idonea a pregiudicare o ritardare il rientro in servizio del dipendente, atteso che l'art. 5 legge n. 604/1966 pone a carico del datore l'onere della prova di tutti gli elementi di fatto integranti la fattispecie che giustifica il licenziamento e, dunque, di tutte le circostanze, oggettive e soggettive, idonee a connotare l'illecito disciplinare contestato (da ultimo, con ampia ed approfondita argomentazione Cass. 26 aprile 2022, n. 13063, in motivazione sub p.ti da 4.1. a 4.5.; in particolare sottolineato, sub p.to 4.2., il "peculiare rilievo" del "l'eventuale violazione del dovere di osservare tutte le cautele, comprese quelle terapeutiche e di riposo prescritte dal medico, atte a non pregiudicare il recupero delle energie lavorative temporaneamente minate dall'infermità, affinché vengano ristabilite le condizioni di salute idonee per adempiere la prestazione principale cui si è obbligati, sia che si intenda tale dovere quale riflesso preparatorio e strumentale dello specifico obbligo di diligenza, sia che lo si collochi nell'ambito dei più generali doveri di protezione scaturenti dalle clausole di correttezza e buona fede in executivis, evitando comportamenti che mettano in pericolo l'adempimento dell'obbligazione principale del lavoratore per la possibile o probabile protrazione dello stato di malattia"). Pertanto, correttamente la Corte territoriale ha considerato legittimo il licenziamento per giusta causa intimato ad un lavoratore sulla previa contestazione di simulazione dell'infortunio occorsogli sul luogo di lavoro (che gli aveva cagionato un trauma alla caviglia sinistra) o comunque di aggravamento dello stato di malattia (dal 5 gennaio al 5 giugno 2017, dall'8 agosto al 15 settembre 2017 e ancora dal 20 febbraio al 19 gennaio 2018) ed ostacolatone la guarigione, per le condotte contrarie ai doveri di diligenza, fedeltà, correttezza e buona fede - specificamente addebitate per il periodo dal 7 agosto al 5 settembre 2018 - con sottrazione illegittima alla prestazione lavorativa ed abuso del beneficio concesso dalla legge, integrante ipotesi di truffa in danno dell'impresa datrice e dell'Inail. Al contrario del Tribunale, che erroneamente aveva qualificato illegittimo il licenziamento intimato dalla società condannandola alla reintegrazione del lavoratore per insussistenza dei fatti contestatigli in assenza di prescrizioni mediche che lo limitassero nei movimenti o negli spostamenti o nelle attività quotidiane ma soltanto di un periodo di "riposo e cure", la Corte territoriale ha altrimenti ritenuto; essa ha, infatti, premesso i principi di diritto di inesistenza di un obbligo del lavoratore in stato di malattia di astenersi da attività, anche lavorative, con esso compatibili, purché con le cautele idonee a non ritardarne la guarigione, nel rispetto dei doveri generali di correttezza e buona fede e degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà: diversamente, giustificandosi il recesso datoriale, come pure nell'ipotesi in cui dall'attività esterna prestata possa essere presunta l'inesistenza della malattia (dimostrandone la fraudolenta simulazione), o come nel caso in cui la medesima attività - con valutazione ex ante in relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte - possa pregiudicare o ritardare la guarigione o il rientro, con irrilevanza della tempestiva ripresa del lavoro alla scadenza del periodo di malattia; spettando al lavoratore l'onere della prova della suddetta compatibilità, non pregiudicante, né ritardante la guarigione. Nel merito, la Corte territoriale ha accertato, sulla base di investigazioni private datoriali nell'arco temporale contestato, come il lavoratore, nel periodo di malattia suindicato (nel quale peraltro si era sottoposto a numerose visite mediche e ad un ciclo di tre sedute di infiltrazioni di acido ialuronico, di cui le due ultime del 6 agosto 2018 e del 5 settembre 2018 nel periodo di contestazione disciplinare: dal 7 agosto al 5 settembre 2018) abbia tenuto comportamenti (di protratta stazione eretta; di guida di auto, scooter o moto; di scarico e carico di scatoloni; di spazzamento del marciapiedi antistante l'esercizio commerciale intestato ai familiari; di ripetuti spostamenti a piedi; di montaggio con altri di un portabagagli sulla propria vettura; di carico e scarico di materiale edile), neppure specificamente contestati quanto piuttosto giustificati siccome compatibili con lo stato di malattia, integranti una condotta incauta per inosservanza delle prescrizioni mediche di "riposo e cure". E così ostacolato e comunque ritardato la guarigione, in violazione dei doveri di correttezza, diligenza e buona fede, integrante giusta causa di recesso datoriale. Ne consegue, in definitiva, la legittimità del recesso datoriale per giusta causa.