Come noto, con il c.d. Decreto Lavoro (D.L. n. 48/2023) - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, Serie Generale n. 103 dello scorso 4 maggio e attualmente in sede di conversione al Senato - il Governo è tra l’altro intervenuto per provvedere al superamento del Reddito di Cittadinanza attraverso l’adozione due specifiche misure destinate a combattere le situazioni di povertà. Si tratta, nello specifico, dell’Assegno di inclusione e del Supporto per la formazione e il lavoro: la prima, con decorrenza dal 1° gennaio 2024, destinata ai nuclei familiari che comprendano una persona con disabilità, un minorenne o un ultra-sessantenne per un importo mensile massimo fino a 500 euro (più quota affitto da 280 euro), ovvero 630 euro mensili se nel nucleo ci sono solamente persone di età pari o superiore a 67 anni oppure persone di età pari o superiore a 67 anni e altri familiari tutti in condizioni di disabilità grave o di non autosufficienza (più quota affitto da 150 euro), per un periodo continuativo non superiore a 18 mesi rinnovabile, previa sospensione di un mese, per periodi ulteriori di 12 mesi; la seconda, con decorrenza dal 1° settembre 2023, destinata ai soggetti c.d. “occupabili” (persone di età compresa fra i 18 e 59 anni privi dei requisiti per accedere all’Assegno di inclusione) per un importo pari a un massimo di 350 euro mensili per un massimo di 12 mensilità. Il discrimine tra le due misure, dunque, è tra “l’occupabilità” e la “non occupabilità” dei soggetti destinatari. A ben vedere, però, anche i soggetti beneficiari dell’Assegno di inclusione sono destinati ad essere inseriti in percorsi di formazione lavorativa. L’articolo 1 del richiamato D.L. n. 48/2023 lo definisce, infatti, una “misura nazionale di contrasto alla povertà, alla fragilità e all’esclusione sociale delle fasce deboli attraverso percorsi di inserimento sociale, nonché di formazione, di lavoro e di politica attiva del lavoro”, nonché “di sostegno economico e di inclusione sociale e professionale, condizionata alla prova dei mezzi e all’adesione a un percorso personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa”. L’articolo 4, comma 1, inoltre, stabilisce che, per ricevere il beneficio economico, il richiedente “deve effettuare l’iscrizione presso il sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa (SIISL), (…), al fine di sottoscrivere un patto di attivazione digitale e deve espressamente autorizzare la trasmissione dei dati relativi alla domanda ai centri per l’impiego, alle agenzie per il lavoro e agli enti autorizzati all’attività di intermediazione (…), nonché ai soggetti accreditati ai servizi per il (…)”. L’articolo 6, infine, dispone che “I nuclei familiari beneficiari dell’Assegno di inclusione, una volta sottoscritto il patto di attivazione digitale, sono tenuti ad aderire ad un percorso personalizzato di inclusione sociale o lavorativa”. È chiaro, dunque, che l’idea di base è quella di puntare all’occupabilità dei percettori dell’Assegno di inclusione. Obbligati ai percorsi di inclusione, tuttavia, non sono tutti i percettori del beneficio ma soltanto “i componenti del nucleo familiare, maggiorenni, che esercitano la responsabilità genitoriale, non già occupati e non frequentanti un regolare corso di studi, e che non abbiano carichi di cura”. Esclusi, invece, da tale obbligo: i beneficiari dell’Assegno di inclusione titolari di pensione diretta o comunque di età pari o superiore a sessanta anni; i componenti con disabilità; i componenti affetti da patologie oncologiche; i componenti con carichi di cura, valutati con riferimento alla presenza di soggetti minori di tre anni di età, di tre o più figli minori di età, ovvero di componenti il nucleo familiare con disabilità o non autosufficienza. È comunque facoltà dei componenti con disabilità o di età pari o superiore a sessanta anni poter richiedere l’adesione volontaria a un percorso personalizzato di accompagnamento all’inserimento lavorativo o all’inclusione sociale.