Nella sentenza 17 maggio 2023, di cui alla causa C-365/22, la Corte di Giustizia UE è intervenuta in merito all’interpretazione della nozione di “bene d’occasione”, ai fini dell’applicazione del regime speciale del margine. IL FATTO La controversia ha visto coinvolto un imprenditore belga che svolge l’attività di vendita di veicoli d’occasione e di veicoli destinati alla demolizione; in particolare, egli acquista da imprese di assicurazione veicoli dismessi per poi rivenderli a terzi come rottami o “per pezzi di ricambio”. A seguito di un controllo fiscale, all’imprenditore sono state contestate alcune violazioni delle norme in materia di IVA, riguardanti, in particolare, l’esercizio della detrazione e l’applicazione del regime del margine. A quest’ultimo riguardo, l’Ufficio ha escluso il regime del margine per le fatture relative ai veicoli venduti come rottami o “per pezzi di ricambio”. La cornice normativa di riferimento A norma dell’art. 1, par. 2, comma 1, della direttiva n. 2006/112/CE, il principio del sistema comune dell’IVA consiste nell’applicare ai beni/servizi un’imposta generale sui consumi esattamente proporzionale al prezzo dei beni/servizi, qualunque sia il numero delle operazioni intervenute nel processo di produzione e di distribuzione anteriore alla fase di imposizione. Come previsto dal considerando 51 della direttiva, è opportuno adottare un regime specifico di imposizione per i beni d’occasione e gli oggetti d’arte, da collezione o di antiquariato diretto ad evitare la doppia imposizione e le distorsioni di concorrenza tra i soggetti passivi. L’art. 311, par. 1, della direttiva n. 2006/112/CE definisce, al punto 1), i beni d’occasione come i beni mobili materiali suscettibili di reimpiego, nello stato originario o previa riparazione, diversi dagli oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione e non costituiti da metalli preziosi o pietre preziose come definiti dagli Stati membri e, al punto 5), il soggetto passivo–rivenditore come il soggetto passivo che, nell’ambito della propria attività economica, acquista o utilizza ai fini dell’impresa o importa per rivenderli beni d’occasione. Il successivo art. 313 della direttiva n. 2006/112/CE prevede, al par. 1, che gli Stati membri, al ricorrere di specifiche condizioni, applichino un regime speciale alle cessioni di beni d’occasione effettuate dai soggetti passivi-rivenditori che abbiano acquistato tali beni all’interno del territorio comunitario dai soggetti individuati dall’art. 314. I motivi del rinvio pregiudiziale alla Corte europea Nel contenzioso, l’imprenditore, a fondamento del proprio operato, ha fatto richiamo alla sentenza della Corte di Giustizia di cui alla causa C-471/15, al fine di sostenere che i veicoli venduti “per pezzi di ricambio” non sarebbero esclusi dal regime speciale. Di diverso avviso i giudici nazionali, per i quali il caso esaminato dalla Corte riguarderebbe pezzi di ricambio preliminarmente prelevati dal soggetto passivo prima di essere rivenduti in quanto tali e non veicoli rivenduti “per pezzi di ricambio”, senza alcuna individualizzazione di questi ultimi. La sentenza impugnata sottolinea che, benché, secondo la pronuncia della Corte europea, la nozione di “beni d’occasione” non escluda i beni mobili materiali suscettibili di reimpiego, nello stato originario o previa riparazione, provenienti da un altro bene nel quale erano incorporati come parti costitutive e, benché la qualificazione come “bene d’occasione” richieda unicamente che il bene usato abbia conservato le funzionalità che possedeva allo stato nuovo, e che possa quindi essere riutilizzato nello stato originario o previa riparazione, l’imprenditore ricorrente non commercializzava pezzi d’occasione, bensì autovetture e ciò pur indicando su alcune delle fatture emesse che si trattava di autovetture vendute “per pezzi di ricambio”. I giudici ne deducono che è, pertanto, in riferimento ai beni venduti, vale a dire alle autovetture, che occorre verificare se abbiano conservato le funzionalità che possedevano allo stato nuovo e se possano, quindi, essere riutilizzati nello stato originario o previa riparazione. Essi considerano, da un lato, che tale condizione, evidentemente, non è soddisfatta per i veicoli venduti dall’imprenditore “per pezzi di ricambio”, dato che una tale indicazione attesta in maniera oggettiva che il veicolo non è, in linea di principio, idoneo ad essere riutilizzato in quanto tale e che sono le circostanze oggettive in cui è intervenuta l’operazione di rivendita a dover essere prese in considerazione; dall’altro, che, quanto agli altri veicoli, se sono stati ridotti allo stato di rottami, non si vede come possano essere qualificati come “beni d’occasione” dal momento che non possono essere riutilizzati grazie alla conservazione delle funzionalità che possedevano allo stato nuovo e che il loro impiego è limitato alla valorizzazione di qualche pezzo e dei materiali che li compongono. La questione sottoposta all’esame della Corte di giustizia è relativa all’interpretazione dell’art. 311, par. 1, punto 1), della direttiva n. 2006/112/CE, che definisce come “beni d’occasione” i beni mobili materiali suscettibili di reimpiego, nello stato originario o previa riparazione, dovendosi stabilire se gli autoveicoli fuori uso acquistati per la successiva rivendita “per pezzi di ricambio”, senza che i pezzi siano stati smontati, costituiscano beni d’occasione ai fini del regime del margine. LA DECISIONE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE Ad avviso dei giudici comunitari, gli autoveicoli definitivamente fuori uso, acquistati per essere venduti “per pezzi di ricambio”, senza che gli stessi siano staccati, costituiscono beni d’occasione. Un’interpretazione che consenta di assoggettare al regime del margine un veicolo definitivamente fuori uso, in quanto alcune delle sue parti costitutive possono essere riutilizzate, è coerente con l’obiettivo di evitare fenomeni di doppia imposizione. A tal fine, è necessario non soltanto che i predetti autoveicoli contengano parti che conservino le funzioni che avevano da nuove in modo da poter essere riutilizzate tali quali o previa riparazione, ma anche che gli stessi, a seguito della rivendita, rimangano all’interno del loro ciclo economico. Infatti, se la rivendita fosse effettuata ai fini della distruzione o della trasformazione in altro bene, gli autoveicoli in esame rientrerebbero in un nuovo ciclo economico e il rischio di doppia imposizione, che il regime del margine intende evitare, scomparirebbe, con la conseguente applicazione del regime ordinario.