La sopravvenuta conciliazione giudiziale preclude il rimborso fiscale

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 9322 del 4 aprile 2023, ha affrontato la problematica legata agli accertamenti derivanti da violazione per imputazione di un costo o ricavo in un diverso periodo di imposta rispetto a quello di competenza definiti in conciliazione giudiziale. IL FATTO In particolare ci si interrogava sulla successiva richiesta di rimborso avanzata dal contribuente per violazione del divieto di duplicazione d’imposta. Nel caso esaminato, infatti, il contribuente impugnava il diniego tacito di rimborso per i periodi di imposta definiti in conciliazione giudiziale, sull’assunto che aveva versato in duplice misura i tributi dovuti per la medesima fattispecie, una prima volta nel periodo d’imposta ritenuto di competenza e una seconda volta come conseguenza degli accertamenti dell’Erario. Si ricorda che la violazione del principio di competenza fiscale per dichiarazione di un costo o di un ricavo in un diverso periodo d’imposta determina una sanzione, in quanto il contribuente non è arbitro della scelta del periodo più conveniente in cui dichiarare i propri componenti di reddito (tra le tante Cass. 4 marzo 2016 n. 4342). Trova quindi applicazione la sanzione da dichiarazione infedele ex art. 1 comma 2 del DLgs. 471/97 nella misura dal 90% al 180% della maggiore imposta dovuta, con sanzione però ridotta di un terzo come previsto dal relativo comma 4, che si applica nell’ipotesi di infedeltà derivante da errata imputazione a periodo. Invece, se la violazione non ha comportato danno per l’Erario, opera la sanzione fissa di 250 euro (art. 1 comma 4 del DLgs. 471/97 post D.Lgs. 158/2015). LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE I giudici di legittimità, quindi, hanno statuito che “la sopravvenuta definitività del verbale di conciliazione preclude la disamina della violazione del detto divieto”; infatti, “nel verbale di conciliazione, la pretesa tributaria è stata rettificata e l’imposta dovuta rideterminata, cosicché l’odierna ricorrente avrebbe avuto lo spazio necessario per richiedere le rettifiche che le apparivano più opportune prima della sottoscrizione, con cui l’obbligazione tributaria si è modificata, essendosi estinta e poi rinnovata in via definitiva”. La conciliazione, quale atto di “transazione oggettiva novativa” definisce la pretesa, per cui la violazione del divieto di doppia imposizione non può essere oggetto di una “nuova” valutazione del giudice tributario (del pari Cass. 19 giugno 2009 n. 14300). Nel caso di specie il contribuente aveva conciliato tre periodi di imposta consecutivi in cui si recuperavano costi e ricavi di competenza differente da quella in cui erano stati computati e solo dopo la conciliazione ex art. 48 del DLgs. 546/92 ne chiedeva il rimborso. L’indebita deduzione/tassazione della componente negativa e positiva (circ. Agenzia delle Entrate 20 settembre 2012 n. 35 §1.4) di reddito per difetto di competenza, infatti, fa sorgere il contestuale diritto al rimborso per evitare la doppia imposizione. L’imposta rimborsabile va definita in conciliazione Tuttavia, previo accordo con l’Ufficio è possibile compensare l’imposta oggetto di accertamento, per effetto ad esempio dell’errata deduzione nell’anno non di competenza, con l’imposta rimborsabile che emergerebbe, per un’altra annualità, a fronte dell’imputazione corretta della componente che ha dato luogo alla rettifica. Tale compensazione può avvenire in sede di accertamento con adesione e, anche se non espressamente affermato si può ritenere che essa possa operare anche per altri istituti deflativi del contenzioso, ivi compresa la conciliazione (circ. Agenzia Entrate 2 agosto 2012 n. 31). Per tale ragione nel caso deciso può prospettarsi un dubbio circa la legittimità “a monte” dell’istanza di rimborso, dal momento che il contribuente, avendo con la conciliazione definito più annualità, avrebbe dovuto/potuto in quella sede compensare l’imposta rimborsabile. Circostanza questa che, sebbene non abbia formato oggetto espresso di decisum, non può essere trascurata dai contribuenti in ipotesi in cui si opti per la definizione della pretesa mediante il ricorso agli istituti deflativi. Il discorso è invece diverso se l’annualità in cui è stato tassato il ricavo o avrebbe dovuto essere dedotto il costo non forma oggetto dell’accordo. Ferma restando l’opportunità della menzionata compensazione, in questo caso il rimborso non può essere negato.

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La sopravvenuta conciliazione giudiziale preclude il rimborso fiscale

La sopravvenuta conciliazione giudiziale ha un effetto novativo del titolo di imposizione, sostituendosi all’originario verbale di constatazione ed all’avviso di accertamento su di questo basato

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