A quasi cinque anni dalla reintroduzione delle causali nei contratti a termine, avvenute con il decreto dignità (D.L. n. 87/2018), il legislatore decide di apportare ulteriori modifiche alle tipologie di macro-ragioni che obbligatoriamente dobbiamo prevedere in caso di instaurazione di un primo rapporto di lavoro a tempo determinato (o somministrazione a termine), per più di 12 mesi, ovvero in caso di rinnovo con tali tipologie contrattuali flessibili. Le causali, così come disciplinate dal famigerato decreto Dignità (D.L. n. 87/2018), hanno rappresentato, da subito, un deterrente a questi rapporti di lavoro, in quanto sono state considerate poco chiare nella loro interpretazione, e come tale hanno costituito una minaccia verso il contenzioso, favorendo la stabilizzazione giudiziaria dei rapporti di lavoro. Infatti, il legislatore ha presidiato questa regola con una sanzione indiretta che è quella della trasformazione del rapporto da tempo determinato a tempo indeterminato qualora l’azienda non abbia individuato una causale ovvero questa non sia reale alla situazione aziendale. La modifica è stata prevista dall’art. 24, del decreto Lavoro (D.L. n. 48/2023), vigente dal 5 maggio 2023, il quale, per fare fronte alle esigenze di flessibilità rappresentate dalle aziende, ha sostituito le causali presenti nell’art. 19, del TU sui contatti di lavoro (D.Lgs. n. 81/2015), con le seguenti: a) specifiche esigenze previste dai contratti collettivi; b) specifiche esigenze di natura tecnica, organizzativae produttivaindividuate dalle parti; b-bis) esigenze di sostituzione di altri lavoratori. Specifiche esigenze previste dai contratti collettivi La prima causale prevede la possibilità che sia la contrattazione collettiva a decretare le esigenze per le quali il datore di lavoro può avviare un rapporto di lavoro a tempo determinato. Si ricorda che quando il legislatore parla genericamente di “contrattazione collettiva”, si deve fare riferimento non solo alla contrattazione nazionale (CCNL) ma anche alla contrattazione decentrata (territoriale ed aziendale), collegandosi, in tal caso, a quanto previsto dall’art. 51 del D.Lgs. n. 81/2015, che stabilisce quale controparte datoriale alla firma dell’accordo la sola rappresentanza sindacale unitaria ovvero le rappresentanze sindacali aziendali, appartenenti alle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. L’individuazione di “specifiche esigenze” da parte della contrattazione collettiva non abilita, in automatico, l’azienda ad avviare rapporti di lavoro a tempo determinato, bensì il datore di lavoro deve, necessariamente, valutare se tale ipotesi siano coerenti con il contesto aziendale e siano oggettivamente verificabili. Vi dovrà essere quel nesso eziologico tra la situazione tipizzata dal contratto collettivo e la specifica circostanza. In pratica, la causale, ripresa dalla contrattazione collettiva, deve rappresentare il reale fabbisogno temporaneo dell’azienda. Si ricorda che tale causale dovrà, altresì, persistere per tutta la durata del rapporto di lavoro, proroghe comprese. Specifiche esigenze di natura tecnica, organizzativa e produttiva individuate dalle parti Qualora la contrattazione collettiva non abbia disposto le casistiche, potranno essere le parti (datore di lavoro e lavoratore) ad individuare “specifiche esigenze di natura tecnica, organizzativa e produttiva” da inserire all’interno del contratto individuale di lavoro, al fine di giustificare l’apposizione di un termine al rapporto di lavoro. Detta causale sarà operativa per i contratti stipulati dal 5 maggio 2023 (vigenza del decreto lavoro), fino al 30 aprile 2024. Detto ciò, quando si potrà applicare la causale individuata dalle parti? - quando i contratti collettivi non disciplinano le causali; - quando i contratti collettivi richiamano le ipotesi previste dalla legge; - se la contrattazione collettiva ha previsto causali poi scadute. Infatti, vi sono alcuni contratti collettivi che hanno previsto una scadenza alle ipotesi individuate, anche in virtù di quanto il precedente legislatore aveva previsto e cioè che le causali contrattuali potevano durare sino al “30 settembre 2022” (disposizione poi abrogata proprio dal D.L. n. 48/2023). Esigenze di sostituzione di altri lavoratori La terza causale potrà essere di natura sostitutiva. In pratica, il datore di lavoro potrà apporre un termine al contratto di lavoro qualora il lavoratore venga assunto in sostituzione di un altro dipendente, assente con diritto alla conservazione del posto di lavoro. In questo caso, il rapporto di lavoro dovrà riflettere l’assenza del lavoratore indicato nel contratto individuale stipulato tra le parti e dovrà terminare al rientro di questi. Le predette causali saranno operative anche in riferimento all’eventuale ulteriore contratto a tempo determinato stipulabile tra le parti - ai sensi dell’art. 19, comma 3, del D.Lgs. n. 81/2015 - presso l’Ispettorato territoriale del lavoro (Contratto assistito, per massimo 12 mesi) ed in caso di missioni a termine di lavoratori in somministrazione. In quest’ultimo caso, l’Agenzia di somministrazione dovrà richiedere all’utilizzatore la causale da inserire nel contratto individuale di lavoro, che andrà a stipulare con il lavoratore. Esclusioni Il legislatore ha escluso dall’obbligo di indicare la causale le pubbliche amministrazioni e le seguenti categorie di datori di lavoro qualora i lavoratori assunti siano chiamati a svolgere attività di insegnamento, di ricerca scientifica o tecnologica, di trasferimento di know-how, di supporto all’innovazione, di assistenza tecnica alla stessa o di coordinamento e direzione della stessa: - università private, incluse le filiazioni di università straniere, - istituti pubblici di ricerca, - società pubbliche che promuovono la ricerca e l’innovazione, - enti privati di ricerca.