Prevenzione della corruzione: chiarimenti su comunicazione, astensione e pantouflage

Con la deliberazione del Consiglio di Amministrazione n. 220 del 9 novembre 2022 l’INPS ha adottato il nuovo Codice di comportamento dei dipendenti, redatto alla luce delle indicazioni contenute nelle “Linee guida in materia di Codici di comportamento delle amministrazioni pubbliche”, di cui alla delibera ANAC n. 177 del 19 febbraio 2020, nell’ambito del quale sono state altresì recepite le modifiche normative, contrattuali e regolamentari intervenute successivamente all’emanazione del precedente Codice adottato con determinazione commissariale n. 181 del 7 agosto 2014. Ciò premesso, con la circolare n. 8 del 25 gennaio 2023 l’INPS ha fornito chiarimenti in tema di obblighi di comunicazione, astensione e attività successiva alla cessazione del rapporto di lavoro (cd. pantouflage).

Obblighi di comunicazione

Il Codice è intervenuto sulle modalità di gestione delle comunicazioni previste dagli articoli 5, 6, comma 1, e 13, comma 3, del Codice di comportamento dei dipendenti pubblici, di cui al D.P.R. 16 aprile 2013, n. 62.

In particolare, l’articolo 8 del Codice prevede l’obbligo del dipendente di comunicare all’INPS la propria adesione o appartenenza ad associazioni od organizzazioni i cui ambiti di interesse possano interferire con lo svolgimento dell’attività dell’ufficio di appartenenza. Tale comunicazione, da non fornire in caso di iscrizione a partiti politici o a sindacati, deve essere resa in forma scritta entro 15 giorni dalla data di adesione secondo le modalità di cui al comma 2 del medesimo articolo 8 e di seguito indicate:

a) da ciascun dipendente al dirigente responsabile della Struttura centrale o territoriale di appartenenza o, in caso di assenza/impedimento, rispettivamente, al Direttore centrale Risorse umane o al Direttore regionale o di coordinamento metropolitano;
b) dai dirigenti con incarico di livello dirigenziale non generale al proprio Direttore centrale, regionale, di coordinamento metropolitano ovvero, in caso di assenza/impedimento, al Direttore centrale Risorse umane e, per conoscenza, al Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza;
c) dai medici e professionisti al proprio Coordinatore generale, centrale o territoriale, e, per conoscenza, al Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza e al dirigente della Struttura di appartenenza o, in caso di assenza/impedimento di quest’ultimo, al Direttore centrale Risorse umane;
d) da ciascun dipendente in forza ai Coordinamenti generali al Direttore centrale Risorse umane e da ciascun dipendente in forza presso i coordinamenti territoriali al Direttore regionale o di coordinamento metropolitano di riferimento;
e) i Direttori centrali, regionali e di coordinamento metropolitano, i Titolari di incarichi dirigenziali di livello generale, i Coordinatori generali dei rami professionali e i Responsabili degli Uffici centrali o di supporto devono rendere la loro comunicazione al Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza e, per conoscenza, al Direttore generale.

L’articolo 9 del Codice prevede altresì in capo al dipendente l’obbligo di comunicazione degli interessi finanziari, da rendere entro il termine perentorio di 5 giorni dalla assegnazione all’ufficio ai soggetti sopra indicati alle lettere a) e d).

Al riguardo specifici obblighi di comunicazione sono previsti dall’articolo 18 del Codice che richiama i dirigenti, i medici e i professionisti dell’Istituto, all’osservanza delle disposizioni particolari previste per il dirigente dall’articolo 13, comma 3, del D.P.R. n. 62/2013, in base al quale: “prima di assumere le sue funzioni, comunica all’amministrazione, le partecipazioni azionarie e gli altri interessi finanziari che possano porlo in conflitto di interessi con la funzione pubblica che svolge e dichiara se ha parenti e affini entro il secondo grado, coniuge o convivente che esercitano attività politiche, professionali o economiche che li pongano in contatti frequenti con l’ufficio che dovrà dirigere o che siano coinvolti nelle decisioni o nelle attività inerenti all’ufficio”. Tale comunicazione deve essere resa ai soggetti di cui alle lettere b) e c).

La medesima dichiarazione deve essere resa, senza ritardo e con le medesime modalità, anche dai dirigenti, medici o professionisti che si dovessero venire a trovare in una delle fattispecie sopra descritte, nel corso dell’incarico.

Obblighi di astensione

Il Codice prevede all’articolo 10, comma 2, che il dipendente nei cui confronti ricorra una situazione di conflitto di interessi, anche potenziale, ha l’obbligo di segnalare per iscritto tale circostanza al dirigente o al coordinatore di riferimento e, in caso di assenza o di impedimento, ai soggetti indicati al precedente paragrafo.

Il destinatario della segnalazione ne valuta la fondatezza in termini di idoneità a ledere l’imparzialità dell’azione amministrativa, formulando le proprie motivate valutazioni e proposte da inoltrare in via gerarchica a uno dei seguenti soggetti, affinché venga adottata la decisione del caso con adeguata motivazione:

– al Direttore centrale, regionale o di coordinamento metropolitano cui fa capo l’ufficio di appartenenza;
– al Responsabile dell’Ufficio centrale o di supporto;
– al Titolare di incarico dirigenziale e di livello generale di consulenza, studio e ricerca;
– al Direttore centrale Risorse umane, in assenza/impedimento dei predetti soggetti.

I dipendenti in forza ai Coordinamenti generali effettuano la suddetta segnalazione al Direttore centrale Risorse umane, mentre i dipendenti in forza presso i Coordinamenti territoriali devono effettuare la predetta segnalazione al Direttore regionale o di coordinamento metropolitano di riferimento.

I dirigenti, i medici e i professionisti, a tutti i livelli, nei casi in cui abbiano comunque notizia di possibili situazioni di conflitto di interessi, hanno, a loro volta, l’obbligo di acquisire, di propria iniziativa, le necessarie dichiarazioni dall’interessato a conferma o meno della notizia ricevuta.

Acquisita la dichiarazione, il dirigente, il medico e il professionista procede nel rispetto delle modalità sopra descritte, in relazione al suo livello di appartenenza.

Ove la situazione di conflitto di interessi, ancorché potenziale, riguardi dirigenti, medici e professionisti (legali, tecnico-edilizi, statistico-attuariali), la decisione di sollevare o confermare l’interessato nell’espletamento dell’attività sarà assunta dal Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza secondo le seguenti modalità:

– i dirigenti con incarico di livello dirigenziale non generale, con esclusione dei titolari di incarico di responsabili di Direzione regionale di II fascia, inoltrano la segnalazione del conflitto di interessi al proprio Direttore centrale o regionale o di coordinamento metropolitano ovvero, in caso di assenza o impedimento, al Direttore centrale Risorse umane. L’Autorità investita provvede alla trasmissione al Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza unitamente a una dettagliata relazione, nell’ambito della quale è tenuta a esporre tutti gli elementi di conoscenza della situazione in esame, le sue motivate valutazioni e le conseguenti proposte. Ove il dirigente sia assegnato all’area manageriale di una Direzione provinciale/Filiale metropolitana/Filiale provinciale, il Direttore regionale o di coordinamento metropolitano provvede ad acquisire anche le valutazioni del Direttore della Struttura territoriale di appartenenza dell’interessato;
– i medici e i professionisti inoltrano la segnalazione al proprio Coordinatore generale, centrale o territoriale e, per conoscenza, al Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza e al dirigente della Struttura di appartenenza o, in caso di assenza/impedimento di quest’ultimo, al Direttore centrale Risorse umane;
– i Direttori centrali, regionali, di coordinamento metropolitano, i Titolari di incarichi dirigenziali di livello generale, i Coordinatori generali dei rami professionali e i Responsabili degli Uffici centrali o di supporto inoltrano la loro segnalazione al Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza e, per conoscenza, al Direttore generale.

L’omissione della segnalazione di conflitto di interessi, anche potenziale, e il compimento dell’atto, comportano l’attivazione a carico del dipendente del procedimento disciplinare.

Ricezione di qualsiasi provvedimento dell’Autorità giudiziaria attestante l’esercizio dell’azione penale per fatti connessi o estranei all’attività di servizio, la rotazione straordinaria

L’articolo 15, comma 2, del Codice dispone che il dipendente è tenuto a comunicare tempestivamente ai soggetti di cui al precedente paragrafo 1 la ricezione di qualsiasi provvedimento dell’Autorità giudiziaria attestante l’esercizio dell’azione penale nei suoi confronti ovvero l’avvio o la pendenza di indagini, per fatti connessi o estranei all’attività di servizio. Parimenti, i Direttori centrali, regionali e di coordinamento metropolitano, i Titolari di incarichi dirigenziali di livello generale, i Coordinatori generali dei rami professionali e i dirigenti responsabili degli Uffici centrali e di supporto, destinatari dei provvedimenti sopra indicati, sono tenuti a informare l’Ufficio Procedimenti disciplinari e della responsabilità amministrativa (UPD), il Direttore centrale Risorse umane, il Responsabile della prevenzione della corruzione e trasparenza e, per conoscenza, il Direttore generale.

Fermo restando quanto sopra esposto, si rammentano, al riguardo, le indicazioni contenute nella delibera ANAC n. 215 del 26 marzo 2019, avente a oggetto “Linee guida in materia di applicazione della misura della rotazione straordinaria di cui all’art. 16, comma 1, lettera l-quater, del d.lgs. n. 165 del 2001”, e nei Piani Triennali di prevenzione della corruzione e della trasparenza sinora adottati ovvero che:

– l’Amministrazione deve valutare con immediatezza se rimuovere dall’ufficio un dipendente che, con la sua presenza, pregiudica l’immagine di imparzialità dell’ente, adottando un provvedimento adeguatamente motivato con il quale viene individuato il diverso ufficio al quale il dipendente viene trasferito, con specifica indicazione della durata della misura. A tale fine può essere stabilito un trasferimento di sede o l’attribuzione di diverso incarico nella stessa sede dell’Amministrazione;

– la rotazione straordinaria si applica a tutti coloro che hanno un rapporto di lavoro con l’Amministrazione, ossia dipendenti e dirigenti, interni ed esterni, in servizio a tempo indeterminato ovvero con contratti a tempo determinato;

– ai fini dell’individuazione delle condotte di natura corruttiva che impongono la misura de qua si adotta l’elencazione dei reati di cui all’articolo 7 della legge 27 maggio 2015, n. 69 (delitti previsti dagli artt. 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, 320, 321, 322, 322-bis, 346-bis, 353 e 353-bis del Codice penale). Per i reati sopra indicati è da ritenersi obbligatoria l’adozione di un provvedimento motivato con il quale viene valutata la condotta “corruttiva” del dipendente ed eventualmente disposta la rotazione straordinaria. L’adozione del provvedimento di valutazione della condotta “corruttiva” è, invece, solo facoltativa nel caso di procedimenti penali avviati per gli altrireati contro la pubblica Amministrazione (di cui al Capo I del Titolo II del Libro secondo del Codice penale, rilevanti ai fini delle inconferibilità ai sensi dell’art. 3 del D.lgs 8 aprile 2013, n. 39, dell’art. 35-bis del D.lgs 30 marzo 2001, n. 165, e del D.lgs 31 dicembre 2012, n. 235);

– sulla tempistica di adozione del provvedimento di rotazione straordinaria, l’ANAC ha precisato che l’espressione “avvio di procedimenti penali o disciplinari per condotte di natura corruttiva”, di cui all’articolo 16, comma 1, lettera l-quater), del D.lgs n. 165/2001, deve intendersi riferita al momento in cui il soggetto viene iscritto nel registro delle notizie di reato di cui all’articolo 335 c.p.p., in quanto è con tale atto che inizia un procedimento penale. La conoscenza di tale circostanza da parte dell’Amministrazione può avvenire in qualsiasi modo: attraverso fonti aperte (ad esempio, notizie rese pubbliche dai media) o tramite apposita comunicazione del dipendente interessato. L’Amministrazione, dunque, non appena venuta a conoscenza dell’avvio del procedimento penale, nei casi di obbligatorietà, adotta il provvedimento la cui motivazione riguarda, in primo luogo, la valutazione del se adottare il provvedimento di rotazione straordinaria e, in secondo luogo, la scelta dell’ufficio cui destinare il dipendente;

– in caso di obiettiva impossibilità nell’attuare la misura in argomento, il dipendente è posto in aspettativa o in disponibilità con conservazione del trattamento economico in godimento;

– per quello che concerne le conseguenze sull’incarico dirigenziale, infine, l’ANAC ha affermato che la rotazione straordinaria, “comportando il trasferimento a diverso ufficio, consiste nell’anticipata revoca dell’incarico dirigenziale, con assegnazione ad altro incarico ovvero, in caso di impossibilità, con assegnazione a funzioni «ispettive, di consulenza, studio e ricerca o altri incarichi specificamente previsti dall’ordinamento» (art. 19, comma 10, del D. Lgs. n. 165 del 2001)”. Qualora, invece, la rotazione sia applicata nei confronti di un dirigente esterno, questi “anche se reclutato per lo svolgimento di uno specifico incarico dirigenziale, può essere affidato a diverso ufficio o a diversa funzione (per esempio di staff) con la conservazione del contratto di lavoro e della retribuzione in esso stabilita”, sempre restando possibile “l’adozione, nei confronti dei dipendenti interessati, delle misure disciplinari cautelari, ovvero del provvedimento di trasferimento per incompatibilità ambientale ex art. 2103 c.c.”.

Attività successiva alla cessazione del rapporto di lavoro. Il c.d. pantouflage

Il Codice, in coerenza con il comma 16-ter dell’articolo 53 del D.lgs n. 165/2001, pone all’articolo 7 un divieto temporalmente e soggettivamente circoscritto stabilendo che, nel triennio successivo alla cessazione del rapporto di pubblico impiego con l’Amministrazione, i dipendenti che, nel corso degli ultimi tre anni di servizio, abbiano esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto dell’Amministrazione, non possono svolgere alcuna attività lavorativa o professionale, autonoma o subordinata, presso i soggetti privati destinatari di provvedimenti o contratti sottoscritti nell’esercizio di quei poteri (c.d. pantouflage).

La violazione del divieto comporta, da un lato, la sanzione della nullità dei contratti di lavoro conclusi e degli incarichi conferiti e, dall’altro, per i soggetti privati la preclusione a contrattare con le pubbliche Amministrazioni per i successivi tre anni, con obbligo di restituzione dei compensi eventualmente percepiti e accertati in esecuzione dell’affidamento illegittimo.

Al riguardo, si rammenta che negli atti di assunzione da parte della Direzione centrale Risorse umane e negli atti di cessazione dal servizio da parte di tale Direzione e dell’UPD è previsto l’inserimento di una specifica clausola di richiamo al divieto di pantouflage.

Pertanto, le Direzioni regionali e di coordinamento metropolitano avranno cura di verificare nei predetti atti l’effettivo inserimento della specifica clausola e, in caso di mancanza, di provvedere all’inserimento.

Inoltre, le Strutture deputate alla predisposizione dei bandi di gara o degli atti prodromici agli affidamenti, anche mediante procedura negoziata, devono inserire negli stessi un’apposita clausola che faccia riferimento al rispetto della normativa sul pantouflage.

Al riguardo, si ricorda che con il messaggio n. 1304 del 19 febbraio 2015 sono stati divulgati gli schemi di dichiarazione sostitutiva inerente al rispetto della normativa de qua affinché gli operatori economici che entrano in contatto con l’Istituto rilascino le predette dichiarazioni ai sensi degli articoli 46 e 47 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445.

Infine, nel Piano Nazionale Anticorruzione 2022, l’ANAC ha effettuato un approfondimento su alcuni aspetti della normativa in esame fornendo specifiche indicazioni che di seguito si riassumono:

– nelle pubbliche Amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del D.lgs n. 165/2001, tra le quali anche l’INPS, il divieto di pantouflage si applica ai dipendenti con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, a quelli con rapporto di lavoro a tempo determinato e ai titolari degli incarichi di cui all’articolo 21 del D.lgs n. 39/2013 cessati dal servizio;

– per poteri autoritativi e negoziali si intende la capacità di emanare:

  • provvedimenti afferenti specificamente alla conclusione di contratti per l’acquisizione di beni e servizi per la pubblica Amministrazione;
  • provvedimenti adottati unilateralmente dalla pubblica Amministrazione, quale manifestazione del potere autoritativo, che incidono, modificandole, sulle situazioni giuridiche soggettive dei destinatari, tra cui provvedimenti che producono effetti favorevoli per il destinatario e, quindi, anche atti di autorizzazione concessione, sovvenzione, sussidi, vantaggi economici di qualunque genere;

– tra i soggetti privati destinatari dell’attività della pubblica Amministrazione inclusi nell’ambito di applicazione del pantouflage sono ricomprese anche le società con sede all’estero, purché le stesse siano state destinatarie di poteri autoritativi e negoziali efficaci secondo le regole di diritto vigenti nel nostro ordinamento;

– tra i soggetti privati destinatari dell’attività della pubblica Amministrazione esclusi dall’ambito di applicazione del pantouflage, invece, rientrano:

  • società in house della pubblica Amministrazione di provenienza dell’ex dipendente pubblico;
  • enti privati costituiti successivamente alla cessazione del rapporto di pubblico impiego del dipendente che non presentino profili di continuità con enti già esistenti;

– l’attività lavorativa o professionale oggetto del divieto va estesa a qualsiasi tipo di rapporto di lavoro o professionale con i soggetti privati e, quindi, a rapporti di lavoro a tempo determinato o indeterminato e a incarichi o consulenze a favore dei soggetti privati. Sono, invece, esclusi dal pantouflage gli incarichi di natura occasionale, privi cioè del carattere della stabilità; l’occasionalità dell’incarico, infatti, fa venire meno anche il carattere di “attività professionale” richiesto dalla norma, che si caratterizza per l’esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata.