Nel leasing traslativo, in caso di risoluzione anticipata del contratto (per inadempimento dell'utilizzatore) è stata dichiarata illegittima la penale che consente al concedente di mantenere la proprietà del bene e al tempo stesso di acquisire i canoni maturati fino al momento della risoluzione, ciò comportando un indebito vantaggio derivante dal cumulo della somma dei canoni e del residuo valore del bene. Lo precisa la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 17752 pubblicata il 21 giugno 2023. Sul tema risulta necessario ripercorrere la ricostruzione nomofilattica operata di recente dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite (sentenza n. 2061 del 28 gennaio 2021). Con questo arresto è stata innanzi tutto esclusa l'applicabilità retroattiva della novella di cui alla legge n. 124/2017; la decisione, dopo avere precisato che «in tema di "leasing" finanziario, la disciplina di cui all'art. 1, commi 136-140, della legge n. 124 del 2017 non ha effetti retroattivi, sicché il comma 138 si applica alla risoluzione i cui presupposti si siano verificati dopo l'entrata in vigore della legge stessa», ha, altresì, statuito che «per i contratti anteriormente risolti resta valida, invece, la distinzione tra "leasing" di godimento e "leasing" traslativo, con conseguente applicazione analogica, a quest'ultima figura, della disciplina dell'art. 1526 cod. civ., e ciò anche se la risoluzione sia stata seguita dal fallimento dell'utilizzatore, non potendosi applicare analogicamente l'art. 72 quater L. fall.». Le Sezioni Unite, una volta ribadita la collocazione delle vicende risolutive anteriori nell'ambito dell'art. 1526 cod. civ., hanno poi precisato quanto segue ai fini della corretta lettura di questa norma: «4.7.1. Il risarcimento del danno del concedente può, infatti, come nell'ipotesi qui in scrutinio, essere oggetto di determinazione anticipata attraverso una clausola penale ai sensi dell'art. 1382, cod. civ., e in questo senso si è dispiegata l'autonomia privata nella costruzione, in base a modelli standardizzati, del social-tipo "contratto di leasing", come risulta dalla stessa casistica oggetto di cognizione giudiziale, anche da parte di questa Corte di legittimità. In tale contesto, quindi, si è fatta applicazione del secondo comma dell'art. 1526, cod. civ., e del principio, già contemplato dall'art. 1384 cod. civ. (di cui la prima disposizione è un portato specifico), della riduzione equitativa, ad opera del giudice, della penale che, sebbene comunque lecita, si palesi manifestamente eccessiva, così da ricondurre l'autonomia contrattuale nei limiti in cui essa appare meritevole di tutela e riequilibrando, quindi, la posizione delle parti, avendo pur sempre riguardo all'interesse che il creditore aveva all'adempimento integrale (Cass., S.U., 13 settembre 2005, n. 18128). Ecco, dunque, che la complessiva operazione - originatasi in seno all'autonomia privata e sussunta, attraverso l'analogia, nell'art. 1526 cod. civ. - trova la sua compiuta regolamentazione attraverso la peculiare rilevanza che viene ad assumere il comma secondo dello stesso art. 1526 cod. civ., ossia la norma che disciplina la clausola penale (c.d. clausola di confisca) e, quindi, il risarcimento del danno spettante in base ad essa al concedente in ipotesi di risoluzione del contratto di "leasing" traslativo per inadempimento dell'utilizzatore. Ed è attraverso lo spettro filtrante di detta disposizione che la giurisprudenza di questa Corte ha potuto selezionare quali delle clausole standardizzate dall'autonomia privata fossero o meno meritevoli di tutela alla luce della "ratio" di evitare indebite locupletazioni in capo al concedente e rispondenti, quindi, ad un equilibrato assetto delle posizioni delle parti contrattuali. Pertanto, si è ritenuta manifestamente eccessiva la penale che, mantenendo in capo al concedente la proprietà del bene, gli consente di acquisire i canoni maturati fino al momento della risoluzione, ciò comportando un indebito vantaggio derivante dal cumulo della somma dei canoni e del residuo valore del bene (tra le molte, Cass., 27 settembre 2011, n. 19732, nonché ... Cass. n. 1581 del 2020). È stata, invece, reputata coerente con la previsione contenuta nel secondo comma dell'art. 1526 cod. civ. la penale inserita nel contratto di "leasing" traslativo prevedente l'acquisizione dei canoni riscossi con detrazione, dalle somme dovute al concedente, dell'importo ricavato dalla futura vendita del bene restituito (tra le altre ... Cass. n. 15202 del 2018 e Cass. n. 1581 del 2020, nonché Cass., 28 agosto 2019, n. 21762 e Cass., 8 ottobre 2019, n. 25031). Trattasi, dunque, di patto che, quale espressione di una razionalità propria della realtà socio-economica, ha trovato origine e sviluppo nell'ambito dell'autonomia privata, il cui regolamento è stato, per un verso, assunto dal legislatore a parametro di una disciplina dapprima solo settoriale e specifica (tra cui quella dettata dall'art. 72-quater L. fall.) e poi, da un dato momento in avanti, generale (con la legge n. 124 del 2017) e, per altro verso, dalla giurisprudenza a metro di rispondenza alla "ratio" della disciplina applicata analogicamente al contratto di "leasing" traslativo. 4.7.2. In tale prospettiva va allora considerato che, ove la vendita o altra allocazione sul mercato del bene concesso in "leasing" non avvenga, non vi può essere (come precisato da Cass. n. 15202 del 2018, citata) "in concreto una locupletazione che eluda il limite ... ai vantaggi perseguiti e legittimamente conseguibili dal concedente in forza del contratto". Per cui resta fermo il diritto dell'utilizzatore "di ripetere l'eventuale maggior valore che dalla vendita del bene (a prezzo di mercato)" ricavi il concedente, "rispetto alle utilità che [quest'ultimo] ... avrebbe tratto dal contratto qualora finalizzato con il riscatto del bene" (quale tutela già settorialmente tipizzata legalmente, come detto, dallo stesso art. 72-quater L. fall.). Con l'ulteriore puntualizzazione che, nel caso in cui la clausola penale non faccia riferimento ad una collocazione del bene a prezzi di mercato, essa "dovrà esser letta negli stessi termini alla luce del parametro della buona fede contrattuale, ex art. 1375 cod. civ." (così ancora Cass. n. 15202 del 2018). Se, invece, il contratto preveda una clausola penale manifestamente eccessiva (acquisizione dei canoni riscossi e mantenimento della proprietà del bene: c.d. clausola di confisca), essa, ai sensi dell'art. 1526, secondo comma, cod. civ., andrà ridotta dal giudice, anche d'ufficio (ove, naturalmente, la penale stessa sia stata fatta oggetto di domanda ovvero dedotta in giudizio come eccezione - in senso stretto - nel rispetto delle preclusioni di rito: Cass., 12 settembre 2014, n. 19272), nell'esercizio del potere correttivo della volontà delle parti contrattuali affidatogli dalla legge, al fine di ristabilire in via equitativa un congruo contemperamento degli interessi contrapposti (Cass., S.U., n. 18128 del 2005, citata) e, quindi, nella specie dovendo operare una valutazione comparativa tra il vantaggio che la penale inserita nel contratto di "leasing" traslativo assicura al contraente adempiente e il margine di guadagno che il medesimo si riprometteva legittimamente di trarre dalla regolare esecuzione del contratto (tra le altre, Cass. n. 4969 del 2007 ... e Cass., 21 agosto 2018, n. 20840). A tal riguardo, tenuto conto delle circostanze concrete del caso oggetto di sua cognizione, occorrerà che il giudice privilegi la soluzione innanzi evidenziata, e, quindi, ferma restando l'irripetibilità dei canoni già riscossi, provveda ad una stima del bene ai valori di mercato al momento della restituzione dello stesso (se il bene non sia stato venduto o altrimenti allocato e, dunque, in tale evenienza costituendosi a parametro i valori rispettivamente conseguiti) e, quindi, detragga il valore stimato dalle somme dovute al concedente ...». Le riconsegna del bene, nel contratto di "leasing", è il presupposto di ogni opposta obbligazione di pagamento, ovvero in questo caso afferente al ricavato dalla riallocazione, ovvero del valore di stima di mercato in caso di mancata liquidazione (cfr. Cass., 20/09/2017, n. 21895, e Cass., 22/03/2022, n. 9210, con cui è stato ribadito il principio per cui alla risoluzione del "leasing" traslativo, i cui presupposti si siano verificati anteriormente all'entrata in vigore della legge n. 124 del 2017, si applica analogicamente la disciplina di cui all'art. 1526 cod. civ., sicchè, ove detta risoluzione consegua all'inadempimento dell'utilizzatore, dal principio di salvaguardia del corretto equilibrio contrattuale discende che egli abbia diritto alla restituzione delle rate pagate solo previa restituzione del bene, dal momento che solo dopo tale restituzione il concedente potrà trarre dalla cosa ulteriori utilità e sarà possibile determinare l'equo compenso spettante per il godimento garantito all'utilizzatore nel periodo di durata del contratto).