La pubblicazione della circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 13/E del 13 giugno 2023 costituisce l’occasione per fare il punto sulle norme in materia di Superbonus applicabili agli interventi effettuati su edifici unifamiliari o su unità immobiliari funzionalmente indipendenti, che sono state oggetto di numerose modifiche ad opera del cd. Decreto Aiuti-quater (art. 9 nr. 2 comma 1 lett. a) e del D.L. 11/2023 (articolo 1). Per quanto riguarda gli interventi avviati dal 1° gennaio 2023, il Superbonus viene sostanzialmente meno, salvo che non vengano rispettate le nuove e più che stringenti condizioni stabilite dalla norma: il contribuente deve essere titolare dp diritto di proprietà o diritto reale di godimento sull’unità immobiliare oggetto di intervento; l’unità immobiliare oggetto di intervento deve essere adibita ad abitazione principale da parte del contribuente; il contribuente deve avere un reddito di riferimento, così come determinato ai sensi del comma 8-bis 1 dell’articolo 119 del D.L. 34/2020, non superiore a 15.000 euro. Solo se tutte le sovra elencate condizioni vengono rispettate, il contribuente potrà giovarsi della detrazione per Superbonus, nella misura del 90%, e con riferimento alle spese sostenute entro il 31 dicembre 2023. Andiamo quindi ad approfondire i dettagli dei requisiti richiesti, secondo quanto precisato dall’Agenzia delle Entrate con la Circolare 13/E del 13 giugno 2023. Per quanto riguarda il primo requisito (proprietà o diritto reale di godimento), lo stesso deve risultare sussistente sull’unità immobiliare oggetto degli interventi al momento dell’inizio dei lavori. Inoltre, con riferimento alla titolarità del diritto di proprietà, la Circolare precisa che tale requisito si intende soddisfatto anche solo in presenza della nuda proprietà. Per quanto riguarda il secondo requisito, ovvero il fatto che l’unità immobiliare oggetto di intervento deve essere adibita ad abitazione principale da parte del contribuente, occorre guardare alla definizione di cui al comma 3-bis dell’articolo 10 del TUIR: “per abitazione principale si intende quella nella quale la persona fisica, che la possiede a titolo di proprietà o altro diritto reale, o i suoi familiari, dimorano abitualmente. Non si tiene conto della variazione della dimora abituale se dipendente da ricovero permanente in istituti di ricovero o sanitari, a condizione che l’unità immobiliare non risulti locata”. La detrazione può pertanto essere fruita anche nel caso in cui l’unità immobiliare sia adibita a dimora abituale di un familiare del contribuente (coniuge, parenti entro il 3° grado e affini entro il 2° grado, ex art. 5 c. 5 TUIR). Sul punto la circolare precisa che laddove sia teoricamente possibile effettuare la scelta in relazione a due immobili (uno dimora abituale del contribuente, l’altro dimora abituale di un suo familiare) occorre fare esclusivamente riferimento all’immobile adibito a dimora abituale del contribuente che esegue gli interventi. Per quanto riguarda le tempistiche, se l’immobile non è già abitazione principale nel momento in cui hanno inizio i lavori, il Superbonus spetta ugualmente a condizione che l’immobile stesso sia adibito ad abitazione principale al termine dei lavori. Infine, il terzo requisito, quello “reddituale”, che è certamente quello più complesso e più stringente. Le regole per la verifica della soglia dei 15.000 euro di reddito di riferimento sono fissate dal comma 8 bis-1 dell’art. 119 del D.L. 34/2020, e prevedono che il già menzionato reddito di riferimento sia calcolato dividendo il reddito complessivo familiare per un coefficiente denominato “numero di parti”. Recita a tal proposito la Circolare 13/E/2023: “Il reddito complessivo familiare è costituito dalla somma dei redditi complessivi posseduti, nell’anno precedente a quello di sostenimento della spesa, dal contribuente, dal coniuge del contribuente, non legalmente ed effettivamente separato, o dal soggetto legato da unione civile. Vanno sommati, inoltre, i redditi posseduti dal convivente del contribuente, presente nel nucleo familiare, nonché quelli dei familiari, diversi dal coniuge o dal soggetto legato al contribuente da unione civile, presenti nel nucleo familiare se ricorrono i requisiti reddituali di cui al comma 2 dell’articolo 12 del TUIR per essere considerati fiscalmente a carico”. Si presti attenzione alla successiva specifica, che ricomprende nel nucleo familiare (da verificare, così come il reddito di riferimento, guardando alla composizione dello stesso nell’anno precedente a quello di sostenimento della spesa): il coniuge o il componente dell’unione civile, anche se non risulta nello stato di famiglia perché, ad esempio, ha una diversa residenza; il convivente di cui all’articolo 1, comma 36, della cd. legge Cirinnà 16; i figli e ogni altra persona indicata nell’articolo 433 del Codice civile purché siano fiscalmente a carico. Il reddito deve essere determinato tenendo conto anche dei redditi assoggettati a cedolare secca, dei redditi conseguiti in regime forfettario e della quota di agevolazione ACE. Il numero di parti è invece quantificato tenendo conto della composizione del nucleo familiare e in particolare della presenza del coniuge, non legalmente ed effettivamente separato, del soggetto legato al contribuente da unione civile, del convivente di cui all’articolo 1, comma 36, della cd. legge Cirinnà e dei familiari a carico, diversi dal coniuge e dal soggetto legato al contribuente da unione civile. Per la determinazione del numero di parti, il nuovo comma 8-bis.1 rinvia alla Tabella 1-bis, allegata al citato Decreto Rilancio, ai sensi della quale il numero di parti è pari a 1 nel caso di un nucleo familiare composto da una sola persona ed è incrementato di 1 se nel nucleo è presente il coniuge o il soggetto legato al contribuente da unione civile o il convivente, nonché di 0,5 se è presente un familiare a carico, di 1 se sono presenti due familiari a carico e di 2 se sono presenti tre o più familiari a carico. Per ulteriori approfondimenti si rimanda alla più volte citata circolare n. 13/E/2023 che fornisce anche un esempio di determinazione del reddito di riferimento.