Doppio appuntamento fissato il prossimo 30 giugno con le dichiarazioni IMU. Entro fine mese, infatti, vanno dichiarate ai comuni le variazioni influenti sulla determinazione dell’imposta non solo se verificatesi nel 2022, ma anche nel 2021. Relativamente all’anno d’imposta 2021, infatti, l’articolo 3, comma 1, del D.L. n. 198/2022 ha spostato al prossimo 30 giugno il termine di presentazione della dichiarazione. L’originaria scadenza era già stata differita dal 30 giugno 2022 al 31 dicembre scorso dall’articolo 35, comma 4, del D.L. n. 73/2022. Entro venerdì 30 devono ottemperare all’adempimento anche gli enti no profit utilizzando il nuovo modello dichiarativo approvato dal MEF con il DM del 4 maggio di quest’anno. In virtù delle richiamate disposizioni, la scadenza relativa al periodo d’imposta 2021, oltre naturalmente al 2022, interessa anche gli enti non commerciali. Le modalità di presentazione previste sono la consegna cartacea, la spedizione via pec o per raccomandata senza avviso di ricevimento, l’invio telematico sul canale dell’Agenzia delle entrate direttamente o tramite un intermediario abilitato di cui al D.P.R. n. 322/1998. Esclusivamente in via telematica, gli enti non commerciali, come previsto dall’articolo 1, comma 770, della legge n. 160/2019, dovranno presentare la dichiarazione ogni anno con il nuovo modello IMU ENC per tutti gli immobili (con o senza riduzioni/esenzioni). Ai fini IMU, normalmente, ricorre l’obbligo dichiarativo per le situazioni che hanno un impatto sulla determinazione dell’imposta e non sono altrimenti conoscibili dai comuni. Il riferimento è per lo più al calderone delle riduzioni e esenzioni dall’imposta. Titolarità degli immobili oggetto di tassazione e variazioni di rendita influenti sulla determinazione della base imponibile, in quanto risultanti dalla banca dati catastale, non sono situazioni contemplate dall’obbligo. La dichiarazione non è costitutiva delle agevolazioni se non nelle ipotesi espressamente previste dalla legge per cui, nella generalità dei casi, l’omissione rappresenta mera violazione formale. È invece sempre costitutiva del diritto alle esenzioni godute dal mondo del no profit (Cassazione n. 37385/2022) e delle esenzioni per i beni merce, per le abitazioni del personale delle forze armate e militari, per gli alloggi sociali (articolo 1, comma 769, legge n. 160/2019, Cass. n. 5190/2022). Con riferimento a queste ultime fattispecie, con un cambio di rotta rispetto ad inizio 2020, il Dipartimento delle Finanze ha confermato negli eventi della stampa specializzata di quest’anno che la violazione dell’obbligo dichiarativo comporta la decadenza dai benefici. Ciò in quanto, l’articolo 1, comma 769, della legge n. 160/2019 afferma che «in ogni caso, ai fini dell'applicazione dei benefici» di cui alle tre predette fattispecie, «il soggetto passivo attesta nel modello di dichiarazione il possesso dei requisiti prescritti dalle norme». Novità e riflessioni – La scadenza del 30 giugno rappresenta il primo appuntamento con l’adempimento dichiarativo dopo la sentenza n. 209 del 13 ottobre 2022 della Corte Costituzionale che, ai fini dell’agevolazione IMU riconosciuta all’abitazione principale, ha eliminato ogni riferimento ai familiari del soggetto passivo d’imposta. Le istruzioni al modello approvato con DM del 29 luglio 2022, pertanto antecedenti alla pronuncia, prevedono che se il nucleo familiare ha dislocato le residenze in più immobili deve comunicare quale intende considerare abitazione principale. A rigor di logica, non sussistendo più alcuna differenza rispetto alla fattispecie dell’unica abitazione per famiglia, conoscibile dai sindaci sulla base delle risultanze catastali e anagrafiche, anche in questa ipotesi l’obbligo deve considerarsi venuto meno. I nuovi modelli dichiarativi approvati dal MEF recano la casella «Esenzione quadro temporaneo Aiuti di Stato». Tuttavia, come in più occasioni eccepito dal Centro Studi Fiscal Focus, i modelli ministeriali non richiedono l’indicazione del settore di fruizione dell’aiuto, indispensabile per l’individuazione del registro nazionale di riferimento, RNA, SIAN o SIPA per agricoltura e pesca, né del codice Ateco dell’attività oggetto di agevolazione. Ciò potrebbe determinare o la collocazione di tutte le esenzioni nel RNA, comprese quelle destinate al SIAN e al SIPA, tra i quali il DM del 2017 prevede l’interoperabilità o, nella peggiore delle ipotesi, l’omissione dell’indicazione nei registri da parte dei comuni. Il problema non può essere risolto neanche dall’autodichiarazione presentata alle Entrate entro lo scorso 31 gennaio in quanto, per le esenzioni IMU, non prevedeva l’indicazione di tali informazioni. Come inoltre segnalato su queste pagine, pure irrisolto resta il problema delle esenzioni pandemiche fruite nel 2020 già oggetto di dichiarazione nel 2021 con il previgente modello. Ulteriore aspetto per il quale di recente è stato suscitato interesse è relativo alle variazioni di valore delle aree fabbricabili. La Suprema Corte, con l’ordinanza n. 11443 depositata il 2 maggio scorso, riferita ad una controversia in materia di ICI, ha affermato che non sussiste obbligo dichiarativo delle variazioni di valore subite dalle aree fabbricabili. Il principio, estendibile alla previgente disciplina IMU, non pare potersi recepire nell’attuale legislazione. L’articolo 1, comma 769, della legge n. 160/2019 ha attribuito l’onere di disciplinare i casi per i quali deve essere presentata la dichiarazione al decreto ministeriale di approvazione del modello. Così, il 29 luglio 2022, ha visto la luce il decreto del MEF con cui è stato istituito l’attuale modello completo delle relative istruzioni. A differenza del passato, il decreto emanato sulla base della norma primaria, ha previsto l’obbligo dichiarativo dell’atto costitutivo, modificativo o traslativo del diritto che ha avuto a oggetto un’area fabbricabile con la precisazione che, in questi casi, nonostante il dato relativo alla variazione catastale sia fruibile dal comune, «l’informazione relativa al valore dell’area deve essere dichiarata dal contribuente, così come devono essere dichiarate le variazioni del valore dell’area successivamente intervenute, poiché detti elementi non sono presenti nella banca dati catastale. Nel caso in cui il comune abbia predeterminato i valori venali in comune commercio delle aree fabbricabili, la dichiarazione non deve essere presentata se il contribuente all’atto del versamento intende adeguarsi, per il calcolo dell’imposta, al valore venale dell’area predeterminato dal comune».