La sopravvenuta notifica del diniego espresso pregiudica il processo sul silenzio rifiuto e rende il ricorso presentato contro l’inerzia dell’Ufficio inammissibile. Questo è il principio di diritto elaborato dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 20837 del 18 luglio 2023, pubblicata a pochi giorni di distanza da un’altra recente ordinanza dello stesso tenore (Cass. 15 giugno 2023 n. 17252). IL FATTO Il caso non è così infrequente. Due contribuenti, a fronte di un credito di imposta, presentavano un primo “sollecito” (si tratta, con ogni probabilità, anche qui di un’istanza di rimborso) nel corso del 2010 e, non avendo ottenuto risposta, presentavano domanda di rimborso in data 8 ottobre 2013, su cui si formava il silenzio rifiuto. La condotta dell’Amministrazione finanziaria formava oggetto di separati ricorsi, depositati il 7 aprile 2014. Tuttavia, poco prima del ricorso, in data 19 dicembre 2013, l’Amministrazione emetteva provvedimento di diniego espresso in risposta al sollecito del 2010. Tale provvedimento espresso non veniva impugnato dai contribuenti e, secondo l’Ufficio (e i giudici di primo grado) la declaratoria di inesistenza del diritto al rimborso era divenuta definitiva. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte, sulla scia di diversi precedenti in questo senso, ribadisce che qualora l’Amministrazione, anche dopo il formarsi del silenzio rifiuto sull’istanza di rimborso del contribuente, interrompa la propria inerzia, notificando a quest’ultimo un provvedimento di rigetto, anche parziale, dalla data di tale notificazione inizia a decorrere il termine decadenziale per l’impugnazione dell’atto esplicito di rigetto (artt. 19 e 21 del DLgs. 546/92), dovendosi escludere che il contribuente possa proseguire la controversia già introdotta con l’impugnazione del silenzio rifiuto (ex multis, Cass. 21 settembre 2021 n. 25446 e 25 settembre 2019 n. 23886). Alla luce di tali considerazioni, l’adozione di un provvedimento esplicito in risposta all’istanza dell’interessato rende il successivo ricorso avverso il silenzio rifiuto inammissibile per carenza originaria dell’interesse ad agire. Si tratta di un orientamento consolidato che trova più di una conferma anche nella giurisprudenza amministrativa (cfr. Cons. Stato 8 marzo 2006 n. 1193 e 3 dicembre 2003 n. 7969). È rimasto isolato, infatti, l’indirizzo che fa salvo, nonostante la notifica del diniego espresso, l’azione contro il silenzio rifiuto (Cass. 7 dicembre 2004 n. 22943). Si tratta di una presa di posizione che lascia, quantomeno in certe circostanze, perplessi. Non sorgono problemi particolari nel caso in cui il diniego venga notificato decorsi i 90 giorni (quando si è formato il silenzio rifiuto) e il contribuente non abbia ancora presentato ricorso contro il silenzio rifiuto: in questo caso è sufficiente presentare un solo ricorso contro il diniego espresso. Il discorso si complica se, una volta formato il silenzio rifiuto, l’ente impositore opponga il diniego espresso, e il contribuente, prima della notifica del diniego espresso, abbia già impugnato il silenzio rifiuto. In questo caso la Corte giunge a ritenere il ricorso inammissibile, imponendo di fatto che il processo instaurato contro il silenzio rifiuto debba terminare e che debba iniziarne uno nuovo contro il diniego espresso.