La violazione del contraddittorio preventivo da parte dell’Agenzia delle Dogane ha rilievo esclusivamente formale, con la conseguenza che l’Ufficio può porre rimedio a tale inosservanza con la riemissione degli atti impositivi. I provvedimenti sanzionatori emessi a seguito degli avvisi originari, pertanto, non vengono travolti, in quanto il nuovo esercizio del potere impositivo ristabilisce il collegamento ontologico tra accertamento e sanzione. Questo principio di diritto è stato espresso dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 21236 depositata il 20 luglio 2023. IL FATTO La vicenda trae origine da diverse importazioni di merce, dichiarata di un’origine successivamente rettificata dall’Agenzia delle Dogane a seguito di indagini internazionali effettuate dall’Olaf. L’Amministrazione finanziaria ha, dunque, ingiunto all’operatore economico il pagamento dei maggiori diritti doganali, nonché ha irrogato, separatamente, atti di contestazione sanzioni, ai sensi dell’art. 303 del DPR 43/73 (TULD). Gli atti impositivi, impugnati sia in primo che in secondo grado, sono stati annullati dai giudici di seconde cure, con sentenza passata in giudicato, per la mancata concessione, da parte dell’Ufficio, del termine necessario per l’espletamento del contraddittorio preventivo, di cui all’art. 12 comma 7 della L. 212/2000 (Statuto del contribuente). L’Agenzia delle Dogane ha, pertanto, da un lato, riemesso tali provvedimenti, dall’altro, ha mantenuto gli atti sanzionatori in precedenza notificati, essendo stato ripristinato il potere accertativo. L’Amministrazione finanziaria può, ai sensi dell’art. 43 del DPR 600/73, esercitare il potere di autotutela sostitutiva, annullando, per errori di natura formale, l’atto illegittimo e sostituirlo con un altro di contenuto identico, privo dei vizi originari (cfr. Cass. n. 13807/2020). L’emissione del primo atto, infatti, non consuma il potere di imposizione, sempreché non siano ancora trascorsi i termini di decadenza. Di conseguenza, al fine di verificare se l’Ufficio sia legittimato a notificare un secondo avviso di accertamento sostitutivo del primo, occorre valutare se la violazione ascrivibile allo stesso sia di natura sostanziale ovvero formale. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE A mente dei giudici di legittimità, l’inosservanza del contraddittorio procedimentale assume rilievo esclusivamente formale e, pertanto, permane in capo all’Agenzia il potere impositivo, che, una volta esercitato, fa salve le sanzioni precedentemente irrogate. La Cassazione ha, dunque, affermato il principio di diritto secondo cui “In tema di diritti doganali, l’annullamento, in via di autotutela, di avvisi di rettifica dell’accertamento per ragioni esclusivamente procedimentali (riguardanti nella specie la ritenuta violazione dell’art. 12, comma 7, st. contr.), cui abbia fatto seguito, in relazione alla medesima pretesa, la riemessione degli avvisi emendati del vizio, non comporta il travolgimento delle sanzioni irrogate, con atti separati, in conseguenza degli originari avvisi, giacché il nuovo esercizio del potere impositivo ristabilisce il collegamento ontologico tra accertamento e relativa sanzione”. Appare, tuttavia, svilente e fortemente limitativo attribuire al contraddittorio endoprocedimentale una funzione prettamente formale, quando, invece, a più riprese, sia la Consulta che la Corte di Giustizia dell’Ue e le Sezioni Unite della Cassazione hanno ribadito l’importanza sostanziale di tale diritto, la cui inosservanza incide sull’intero procedimento accertativo (Corte Cost. n. 47/2023; Corte di Giustizia C-349/07; SS.UU. n. 24823/2015). Qualora, infatti, l’inosservanza del contraddittorio procedimentale avesse soltanto rilievo formale, gli atti impositivi relativi alle imposte armonizzate sarebbero sempre legittimi, a prescindere dal rispetto del termine ex art. 12 comma 7 dello Statuto del contribuente.