Illegittimo l’accertamento ante tempus se l’inosservanza è dipesa dalla segnalazione tardiva della DRE

È illegittimo l’avviso di accertamento emesso ante tempus dettato dalle tempistiche della Direzione regionale che ha tardato la segnalazione delle irregolarità all’ufficio operativo. Tempi e ritardi dell’organo si riflettono anche sull’ente impositore. Di conseguenza, l’imminente scadenza del termine per l’accertamento non configura un caso di particolare urgenza previsto dal comma 7 dell’art. 12 della L. 212/2000 tale da giustificare la notifica dell’avviso di accertamento prima del termine dilatorio. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 18466 del 28 giugno 2023, con cui ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate. Correttamente la C.T. Reg. ha annullato l’avviso di accertamento emesso dall’Amministrazione finanziaria nei confronti della società contribuente, dopo soli diciannove giorni dalla chiusura delle operazioni di accesso presso i locali del contribuente, giustificato dal fatto che la scadenza del termine di accertamento era prossima e che la segnalazione della Direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate, settore accertamento, riguardante l’annualità oggetto di verifica era pervenuta tardi. L’attività svolta dall’ufficio centrale dell’Agenzia ai suoi uffici periferici è imputabile all’intero ente impositore rappresentato, di conseguenza tempi e ritardi dell’organo si riflettono anche sull’ente impositore (Agenzia delle Entrate) nella sua interezza. Dunque, non è motivo di urgenza, per l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento, l’asserita tardività della segnalazione da parte della Direzione regionale dell’Agenzia delle irregolarità contabili riscontrate, in quanto essa rientra a pieno titolo in quella dell’ente impositore e della sua responsabilità. Infatti, ragioni di urgenza tali da rendere legittimo l’atto impositivo emesso ante tempus devono consistere in elementi di fatto che esulano dalla sfera dell’ente impositore e fuoriescono dalla sua diretta responsabilità (cfr. Cass. 6 aprile 2022 n. 11110). Con tale ultima pronuncia la Cassazione ha precisato che è nullo l’avviso di accertamento che non rispetta il termine dilatorio a causa dei ritardi della Guardia di Finanza nell’effettuare l’ispezione: l’Agenzia delle Entrate è responsabile anche dei ritardi imputabili all’organo ispettivo in quanto il termine di garanzia di cui all’art. 12 della L. 212/2000 è riferito all’Amministrazione finanziaria nel suo complesso. Dunque, l’art. 12 comma 7 della L. 212/2000 ha come destinataria l’Amministrazione finanziaria nel suo complesso, intesa come ente impositore, sicché comunque l’agenzia fiscale è responsabile anche dei ritardi imputabili alla Guardia di Finanza quale organo ispettivo collaterale. Nel caso di specie, la C.T. Reg. aveva illegittimamente separato l’attività accertativa in senso generale tra quella istruttoria della Guardia di finanza e quella impositiva dell’Agenzia delle Entrate. Su quest’ultimo aspetto la Cassazione ritiene di dover distinguere tra gli atti propedeutici all’esercizio del potere di accertamento e gli atti c.d. “impositivi” che costituiscono espressione di detto potere (cfr., tra le altre, Cass. n. 1150/2021). I primi sono “emessi «nell’esercizio» delle attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale, a cui sono certamente riconducibili gli atti adottati in occasione di indagini e verifiche ispettive”, e coincidono, ad esempio, con gli accessi, ispezioni e verifiche di cui discorre l’art. 32 del DPR 600/73, per quanto concerne le imposte dirette, e l’art. 52 del DPR 633/72, per l’IVA; gli atti c.d. “impositivi” sono invece gli “atti di liquidazione, rettifica, accertamento e di irrogazione delle sanzioni di natura tributaria”.

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Illegittimo l’avviso di accertamento emesso ante tempus dettato dalle tempistiche della Direzione regionale che ha tardato la segnalazione delle irregolarità all’ufficio operativo

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