Il datore non può licenziare il dipendente solo perché ha comunicato di avere avuto un problema con l'auto e abbia poi timbrato con soli 5 minuti di ritardo rispetto all'inizio del turno. L'imprenditore, cioè, in questo caso (in mancanze di prove) non può presumere che il badge sia stato timbrato da terzi e quindi legittimare l'esonero. Lo precisa la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 23503 depositata il 2 agosto 2023. IL FATTO Ad una lavoratrice era stato addebitato di avere avvisato a mezzo sms su whatsapp il referente del cantiere, un'ora prima circa dell'inizio del suo turno (16,00 - 20,14), di aver avuto un guasto all'autovettura che le impediva di raggiungere il luogo di lavoro. Tuttavia dalla verifica dei cartellini del mese di ottobre 2018 era emerso che, nella medesima giornata, la dipendente avesse timbrato l'ingresso al lavoro alle 16:05. Ad avviso della Corte territoriale, alla luce del tenore testuale della contestazione, alla lavoratrice non sarebbe mai stata addebitata alcuna condotta truffaldina in quanto la società avrebbe ritenuto disciplinarmente rilevante solo l'aver telefonato al referente per comunicare l'assenza e poi l'aver timbrato l'ingresso all'auto. Ha ricordato in proposito come la lavoratrice avesse accettato la regolazione sul piano contrattuale dello stesso episodio come permesso non retribuito, giusta l'imputazione decisa dalla datrice di lavoro a seguito dell'avvio al lavoro della dipendente. Ha accertato pure che in base agli atti (attraverso gli "stringenti controlli" effettuati sugli ingressi presso l'aereonautica nel periodo dei fatti contestati, stante "il controllo specifico dell'identificazione personale dei soggetti che accedono da parte di personale militare"), la lavoratrice, nella giornata in questione e nel momento indicato, non si fosse recata nel cantiere, né che altri nel momento della timbratura si fossero recati in azienda in sostituzione della medesima. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE Ad avviso degli Ermellini, come correttamente osservato dalla Corte territoriale, era del tutto escluso che la lavoratrice avesse avuto accesso sul luogo di lavoro dopo aver comunicato il guasto alla propria macchina e quindi di non poter andare al lavoro. Non vi era alcuna prova di alcun tipo, anzi vi era la prova positiva che la stessa non fosse presente nelle rilevazioni effettuate. Se anche fosse stato vero che la lavoratrice avesse delegato un collega a registrare la presenza al suo posto, davvero non si comprende - chiosano gli Ermellini - perché non avrebbe potuto avvisarlo, così come aveva fatto con il referente del cantiere nel momento in cui le si era rotta l'auto. Tutte le circostanze acquisite al giudizio escludevano pertanto che una circostanza del genere si fosse verificata e non solo che ve ne fosse prova. Osserva il Collegio come non sia compatibile l'intento di truffare il datore di lavoro facendosi registrare da terzi una presenza fasulla, con il fatto che sia stata la stessa lavoratrice a comunicare al datore di lavoro la sua assenza.