Legittima la cartella di pagamento senza calcoli per sanzioni e interessi

Se la cartella di pagamento segue l'adozione di un atto fiscale, che abbia già determinato il quantum del debito di imposta e gli interessi relativi al tributo, è congruamente motivata – con riguardo al calcolo degli interessi nel frattempo maturati – attraverso il semplice richiamo dell'atto precedente e la quantificazione dell'importo per gli ulteriori accessori. Qualora, invece, la cartella costituisca il primo atto riguardante la pretesa per interessi, essa deve indicare, per soddisfare l'obbligo motivazionale, oltre all'importo monetario richiesto, anche la base normativa relativa agli interessi stessi, la quale può però ben essere implicitamente desunta dall'individuazione specifica della tipologia e della natura degli interessi oggetto della pretesa, ovvero del tipo di tributo a cui questi accedono, e la decorrenza dalla quale gli accessori sono dovuti, senza che sia necessaria la specificazione dei singoli saggi periodicamente applicati o delle varie modalità di calcolo. È quanto ha statuito, con l’ordinanza n. 18426 del 28 giugno 2023, la Corte di cassazione accogliendo un ricorso dell’Amministrazione finanziaria volto alla caducazione di una pronuncia dei giudici di merito, con la quale era stato annullato un atto di accertamento emesso dall’ufficio. IL FATTO L’Amministrazione finanziaria emetteva, nei confronti di una contribuente, una cartella di pagamento relativa a interessi da rateazione e imposte erariali, che comprendeva oltre a quanto richiesto a titolo di debito principale, anche le componenti accessorie per sanzioni e interessi. Non condividendo l’operato del fisco, la contribuente impugnava l’atto impositivo dinanzi ai giudici tributari di primo grado, che respingevano il ricorso, confermando la bontà dell’operato dell’ufficio. La cittadina decideva, cosi, di ricorrere in appello dinanzi la competente Corte di giustizia tributaria di secondo grado, che ribaltava la prima decisione, annullando la cartella di pagamento, nella parte relativa alle sanzioni e agli interessi, per carenza motivazionale sulla base della considerazione che nella stessa non era agevole rinvenire e controllare proprio gli importi dovuti per sanzioni e interessi, in quanto non ne era spiegato il meccanismo di calcolo. L’Agenzia delle entrate, ritenendo il proprio atto esente da qualsiasi vizio e congruamente motivato, anche in relazione agli interessi richiesti, ricorreva in ultima istanza alla Corte di cassazione, chiedendo l’annullamento della decisione dei giudici di secondo grado. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE Chiamati a pronunciarsi sulla questione, i giudici di legittimità hanno accolto il ricorso dell’Amministrazione e cassato la decisione dei giudici tributari di merito. I magistrati di piazza Cavour hanno, infatti, osservato come sulla questione della motivazione degli atti impositivi emanati dal fisco si siano recentemente espresse le sezioni unite della Corte di cassazione, superando il precedente contrasto giurisprudenziale che si era formato sul punto. Le sezioni unite, infatti, con la decisione n. 22281/2022 hanno chiarito quale debba essere il contenuto motivazionale della cartella di pagamento, che intima al contribuente il versamento di interessi sul debito fiscale accertato e, in particolare, se vi rientri anche l'indicazione dei criteri di calcolo e delle percentuali applicate per ogni annualità in base ai tassi via via modificati. I magistrati romani hanno evidenziato come, in effetti, sia proprio per il tramite della cartella di pagamento che il contribuente deve essere posto in grado di apprezzare il contenuto della richiesta avanzata dal fisco in modo da evitare, in caso di sua illegittimità, la successiva procedura esecutiva. E un tale obbligo non può che riguardare anche l'obbligazione relativa agli interessi del debito fiscale, non potendosi desumere dalla natura accessoria della cartella rispetto all'obbligazione tributaria principale l'assenza di un obbligo della parte pubblica di individuare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche poste a base della richiesta di interessi. La motivazione che deve sorreggere tali atti deve, poi, assumere i caratteri della congruità, sufficienza e intelligibilità. Tanto precisato, i giudici di ultima istanza hanno chiarito come “la cartella di pagamento, allorché segua l'adozione di un atto fiscale che abbia già determinato il "quantum" del debito di imposta e gli interessi relativi al tributo, è congruamente motivata - con riguardo al calcolo degli interessi nel frattempo maturati - attraverso il semplice richiamo dell'atto precedente e la quantificazione dell'importo per gli ulteriori accessori, indicazione che soddisfa l'obbligo di motivazione prescritto dall'art. 7 della L. n. 212 del 2000 e dall’art. 3 della L. n. 241 del 1990”. Qualora, invece, la cartella, come nel caso in esame, costituisca il primo atto riguardante la pretesa per interessi, per soddisfare l'obbligo di motivazione “essa deve indicare, oltre all'importo monetario richiesto, la base normativa relativa agli interessi reclamati - la quale può anche essere implicitamente desunta dall'individuazione specifica della tipologia e della natura degli interessi oggetto della pretesa ovvero del tipo di tributo a cui questi accedono - e la decorrenza dalla quale gli accessori sono dovuti, senza che sia necessaria la specificazione dei singoli saggi periodicamente applicati o delle modalità di calcolo”. Tanto premesso, i giudici di legittimità, appurato come nella cartella di pagamento oggetto della controversia l'Amministrazione abbia correttamente indicato la tipologia di sanzioni e interessi richiesti, collegandoli all'omesso e al tardivo versamento e specificandone la debenza, per gli interessi medesimi, dal momento in cui doveva essere effettuato il versamento dei tributi dovuti, hanno ritenuto la stessa essere congruamente motivata sulla base dei principi di diritto espressi sopra. Conseguentemente, pronunciandosi sulla questione, hanno accolto il ricorso dell’Amministrazione finanziaria, annullando la decisone dei giudici tributari di merito.

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L'Amministrazione finanziaria ha ben operato, indicando correttamente la tipologia delle somme accessorie richieste e collegandole all'omesso e al tardivo versamento

LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE

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