Con la risposta n. 419 del 25 agosto 2023 l'Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in merito alla possibilità di presentare dichiarazioni integrative al fine di poter esercitare la detrazione IVA, relativamente a interventi effettuati su un locale di proprietà del Comune, con riferimento all'effettuazione dell'attività commerciale in parte realizzata su una parte dello stesso locale. L'articolo 19 del d.P.R. n. 633/1972, ai commi 1, 2 e 4 prevede, tra l'altro, rispettivamente che «Per la determinazione dell'imposta dovuta a norma del primo comma dell'articolo 17 o dell'eccedenza di cui al secondo comma dell'articolo 30, è detraibile dall'ammontare dell'imposta relativa alle operazioni effettuate, quello dell'imposta assolta o dovuta dal soggetto passivo o a lui addebitata a titolo di rivalsa in relazione ai beni ed ai servizi importati o acquistati nell'esercizio di impresa, [...]. Il diritto alla detrazione dell'imposta relativa ai beni e servizi acquistati o importati sorge nel momento in cui l'imposta diviene esigibile ed è esercitata al più tardi con la dichiarazione relativa all'anno in cui il diritto alla detrazione è sorto ed alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo. Non è detraibile l'imposta relativa all'acquisto o all'importazione di beni e servizi afferenti operazioni esenti o comunque non soggette all'imposta, salvo il disposto dell'articolo 19-bis 2. [...]. Per i beni e servizi in parte utilizzati per operazioni non soggette all'imposta la detrazione non è ammessa per la quota imputabile a tali utilizzazioni e l'ammontare indetraibile è determinato secondo criteri oggetti, coerenti con la natura dei beni e servizi acquistati». Al riguardo, con riferimento alla determinazione della quota d'imposta detraibile, la circolare 24 dicembre 1997, n. 328/E, ha avuto modo di precisare, tra l'altro, che «per i beni ed i servizi utilizzati esclusivamente per realizzare operazioni fuori campo IVA non compete, [...] alcuna detrazione d'imposta [...].» e, relativamente agli acquisti di beni e servizi utilizzati promiscuamente e cioè impiegati per realizzare sia operazioni imponibili sia operazioni escluse dall'ambito IVA, che «[...] per tali beni e servizi spetta una detrazione parziale, rapportata all'entità del loro impiego nelle operazioni soggette ad imposta, come, infatti, viene stabilito nel comma 4 del riformulato art. 19. Ai fini della ripartizione dell'imposta tra la quota detraibile e quella indetraibile, la predetta norma non detta alcuna regola specifica, demandando al contribuente la scelta del criterio più appropriato alle diverse e variegate situazioni che possono verificarsi. Al contribuente viene imposto soltanto, per l'eventuale controllo da parte degli organi competenti, che i criteri adottati siano oggettivi e coerenti con la natura dei beni e dei servizi acquistati. [...].». Relativamente agli enti non commerciali, tra i quali sono riconducibili i Comuni, l'articolo 19-ter prevede che «[...] è ammessa in detrazione, a norma degli articoli precedenti e con le limitazioni, riduzioni e rettifiche ivi previste, soltanto l'imposta relativa agli acquisti e alle importazioni fatti nell'esercizio di attività commerciali [...]. La detrazione spetta a condizione che l'attività commerciale [...] sia gestita con contabilità separata da quella relativa all'attività principale e conforme alle disposizioni di cui agli articoli 20 e 20-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. L'imposta relativa ai beni e servizi utilizzati promiscuamente nell'esercizio dell'attività commerciale [...] e dell'attività principale è ammessa in detrazione per la parte imputabile all'esercizio dell'attività commerciale [...]. La detrazione non è ammessa in caso di omessa tenuta, anche in relazione all'attività principale, della contabilità obbligatoria a norma di legge o di statuto, né quando la contabilità stessa presenti irregolarità tali da renderla inattendibile. Per le regioni, province, comuni e loro consorzi, [...] la contabilità separata di cui al comma precedente è realizzata nell'ambito e con l'osservanza delle modalità previste per la contabilità pubblica obbligatoria a norma di legge o di statuto.» L'articolo 19-bis2, commi 1 e 2, dello stesso d.P.R. n. 633 del 1972, inoltre, prevede, rispettivamente, che «La detrazione dell'imposta relativa ai beni non ammortizzabili ed ai servizi è rettificata in aumento o in diminuzione qualora i beni e i servizi medesimi sono utilizzati per effettuare operazioni che danno diritto alla detrazione in misura diversa da quella inizialmente operata. Ai fini di tale rettifica si tiene conto esclusivamente della prima utilizzazione dei beni e dei servizi. Per i beni ammortizzabili, la rettifica di cui al comma 1 è eseguita in rapporto al diverso utilizzo che si verifica nell'anno della loro entrata in funzione ovvero nei quattro anni successivi ed è calcolata con riferimento a tanti quinti dell'imposta quanti sono gli anni mancanti al compimento del quinquennio.». Il comma 8 dello stesso articolo 19-bis2 stabilisce, tra l'altro, che «[...] Agli effetti del presente articolo i fabbricati o porzioni di fabbricatisono comunque considerati beni ammortizzabili ed il periodo di rettifica è stabilito in dieci anni, decorrenti da quello di acquisto o ultimazione.[...]. L'imputazione dell'imposta relativa ai fabbricati ovvero alle singole unità immobiliari, soggette a rettifica, che siano compresi in edifici o complessi di edifici acquistati, costruiti o ristrutturati unitariamente, deve essere determinata sulla base di parametri unitari, costituiti dal metro quadrato o dal metro cubo, da parametri similari, che rispettino la proporzionalità fra l'onere complessivo dell'imposta relativa ai costi di acquisto, costruzione o ristrutturazione, e la parte di costo dei fabbricati o unità immobiliari specificamente attribuibile alle operazioni che non danno diritto alla detrazione dell'imposta.» Il comma 9 prevede, infine, che «Le rettifiche delle detrazioni di cui ai commi precedenti sono effettuate nella dichiarazione relativa all'anno in cui si verificano gli eventi che la determinano, sulla base delle risultanze delle scritture contabili obbligatorie». Al riguardo, la citata circolare n. 328/E del 1997 ha precisato che «Le ipotesi e le modalità di rettifica delle detrazioni evidenziate per i beni ammortizzabili, valgono anche relativamente ai fabbricati [...], che la legge equipara, a tali fini, ai beni ammortizzabili. Occorre peraltro, tenere presente che, in considerazione della loro particolare natura, la legge estende il periodo di rettifica per gli immobili da cinque a dieci anni, stabilendo, conseguentemente, che eventuali rettifiche afferenti tali beni devono essere effettuate per decimi e non per quinti». Con riferimento all'istituto della dichiarazione integrativa, il menzionato articolo 8, comma 6-bis del d.P.R. n. 322 del 1998, disciplina il ricorso alla dichiarazione integrativa, quale strumento per modificare le dichiarazioni annuali già presentate, al fine di «correggere errori od omissioni, compresi quelli che abbiano determinato l'indicazione di un maggiore o di un minore imponibile o, comunque, di un maggiore o di un minore debito d'imposta ovvero di una maggiore o di una minore eccedenza detraibile, mediante successiva dichiarazione da presentare, [...], non oltre i termini stabiliti dall'articolo 57 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633». Orbene, nel caso di specie, il Comune utilizza il locale, coincidente con l'area che risulta oggetto di affidamento in concessione, in parte per effettuare un'attività economica e per la restante parte per lo svolgimento della propria attività istituzionale di rappresentanza. Dalla documentazione catastale fornita dal Comune, detto bene risulta accatastato nella categoria D/8, che ricomprende i «fabbricati costruiti o adattati per speciali esigenze di un'attività commerciale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali trasformazioni». In particolare, il locale seppur accatastato quale bene immobile destinato ad attività commerciale, risulta parzialmente destinato a detta attività solo a partire dalla stipula dell'atto di concessione, ossia dal 21 febbraio 2023. Infatti, solo con riferimento all'affidamento dei predetti servizi e della connessa parte dell'area del locale strumentale all'esercizio degli stessi, a fronte del pagamento dei relativi canoni da parte del concessionario per l'intera durata della medesima concessione, può configurarsi in capo al Comune l'attività economica che lo stesso ritiene di svolgere e, conseguentemente, da quel momento il medesimo ente locale può esercitare il relativo diritto alla detrazione dell'IVA assolta per gli interventi di recupero e riqualificazione del locale. In altri termini, con riferimento alle annualità dal 2020 al 2022, il Comune non ha maturato il diritto ad esercitare la detrazione dell'imposta relativa alle spese sostenute per gli interventi di recupero e riqualificazione del locale, come previsto dal richiamato articolo 19, commi 1 e 2 del d.P.R. n. 633 del 1972, in quanto acquisti eseguiti nell'ambito dell'attività istituzionale e, quindi, fuori dall'esercizio dell'impresa. Con riferimento ai detti periodi d'imposta, dunque, non si configura alcun errore od omissione emendabile tramite l'istituto della dichiarazione integrativa, poiché in detti periodi, il Comune non ha svolto alcuna attività commerciale che legittimerebbe il diritto a detrazione. Solo nel 2023, quando viene stipulata la suddetta concessione di servizi (21 febbraio 2023), infatti, muta parzialmente la destinazione d'uso dell'immobile e, pertanto, come già detto, solo a partire da detto periodo d'imposta è possibile esercitare proporzionalmente il diritto a detrazione, nonché recuperare l'IVA relativa alle spese pluriennali imputabili al fabbricato secondo le regole di cui ai citati articoli 19 e 19-bis2 del decreto IVA. Pertanto, a partire dal 2023, la parziale destinazione d'uso dell'immobile (strumentale per natura), consente al Comune di recuperare proporzionalmente, per i decimi che residuano, la quota d'imposta ad essi relativa.