Non scattano le sanzioni a carico del commercialista che ha architettato la frode fiscale a vantaggio del cliente: la responsabilità del professionista sussiste solo ove abbia tratto un vantaggio patrimoniale tutto suo. Lo ha sancito la Corte di Cassazione che, con l'ordinanza n. 26057 del 7 settembre 2023, ha accolto il ricorso di un commercialista condannato dalla Ctr a versare le sanzioni amministrative per una frode fiscale di una srl, sua cliente. Insomma, a patto che l'impresa non sia una cartiera, il consulente sfugge alle responsabilità. La sezione tributaria ha motivato la sua decisione spiegando che tema di violazioni tributarie, ai sensi dell'art. 7, d.l. n. 269 del 2003, conv. in L. n. 326 del 2003, le sanzioni amministrative gravano esclusivamente sulla persona giuridica contribuente, titolare del rapporto tributario, con esclusione della responsabilità a titolo concorsuale delle persone fisiche, indipendentemente dalla sussistenza di un rapporto organico delle medesime con l'ente, mentre sono sanzionabili, ex art. 9 d.lgs. n. 472 del 1997, anche i concorrenti esterni rispetto alla violazione tributaria commessa da soggetti privi di personalità giuridica. Tuttavia, la deroga al principio della responsabilità personale dell'autore della violazione di cui all'art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 472 del 1997, si applica soltanto quando la persona fisica che ha realizzato la violazione abbia agito nell'interesse e a vantaggio della persona giuridica, effettiva beneficiaria della condotta, ma non anche quando abbia operato nel proprio esclusivo interesse, poiché, in tal caso, viene meno la "ratio" che giustifica l'applicazione della disposizione di cui all'art. 7. Ciò involge, con evidenza qualunque concorrente, compreso il commercialista di una società dotata di personalità giuridica, come in questo caso, oltre che i soggetti che nella società possano aver esercitato un ruolo, formale o di fatto, come appunto gli amministratori di fatto. Nel caso sottoposto all'esame della Corte non è emersa alcuna prova del vantaggio economico personale che il professionista avrebbe incassato in seguito alla frode fiscale da lui architettata e posta poi in essere dalla società cliente.