Con la sentenza n. 26374 del 12 settembre 2023, i giudici di legittimità hanno dato concretezza a un precedente intervento (Cass. 28 settembre 2018 n. 23506) in cui la Cassazione si limitava a demandare al giudice di merito il compito di disapplicare la sanzione interna e di quantificarla in base al principio di proporzionalità, alla luce della tipologia e della natura della violazione commessa. IL FATTO In ordine a una fattispecie di operazioni oggettivamente inesistenti emergeva che tra società del medesimo gruppo veniva venduta energia elettrica in maniera “circolare”, in modo che esse vendevano e riacquistavano, contestualmente, al medesimo prezzo energia (ciò era strumentale a far figurare un notevole fatturato onde accedere a finanziamenti bancari). Le società assolvevano regolarmente l’IVA gravante sulle loro vendite di energia e detraevano, nel riacquistare gli stessi quantitativi di energia elettrica al medesimo prezzo, un importo IVA identico a quello che avevano assolto. Sull’assunto dell’insistenza oggettiva delle operazioni, veniva recuperata l’IVA stante l’indetraibilità dell’imposta per carenza del suo presupposto costituito da un effettivo acquisto di beni e servizi, pur non essendovi una perdita di gettito fiscale. L’Amministrazione finanziaria dunque, evidentemente, contestava l’indebita detrazione ex art. 6 comma 6 del DLgs. 471/97 che punisce chi computa illegittimamente in detrazione l’IVA con sanzione pari al 90%. Si rileva che nel caso di specie la sanzione era del 100% in quanto la violazione risale al 2014, ovvero ante DLgs. 24 settembre 2015 n. 158 che ha diminuito la sanzione dal 100% al 90% dal 1° gennaio 2016 (applicabile retroattivamente ex art. 3 del DLgs. 472/97). La violazione è integrata quando la detrazione è eseguita nella liquidazione periodica e non in dichiarazione annuale ove, se l’acquisto relativo all’IVA detratta viene indicato, sussiste altresì la sanzione da dichiarazione infedele ex art. 5 del DLgs. 471/97, che per la misura base va dal 90% al 180% dell’imposta. Il ricorrente rilevava la violazione della proporzionalità per avere l’Ufficio comminato la sanzione del 100% dell’imposta dovuta e anch’essa recuperata nonostante non vi fosse nessuna perdita di gettito fiscale. In materia di IVA (tributo armonizzato) deve farsi applicazione del principio di proporzionalità già affermato dalla Corte di Giustizia Ue, secondo il quale le sanzioni “non possono eccedere quanto necessario per assicurare l’esatta riscossione dell’IVA ed evitare l’evasione” (Cass. 10 giugno 2021 n. 16450 e Corte di Giustizia 8 maggio 2019, causa C-712/17). La Cassazione in passato ha demandato al giudice di merito il compito di disapplicare la sanzione interna, e di quantificarla in base al principio di proporzionalità, alla luce della tipologia e della natura della violazione commessa anche per le ordinarie sanzioni da dichiarazione infedele e da indebita detrazione (Cass. 28 settembre 2018 n. 23506). LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE I giudici di legittimità con la pronuncia in oggetto non solo hanno fatto buon governo del principio di proporzionalità, ma di fatto hanno ritenuto di legittimare la riduzione della sanzione al 30% già disposta dal giudice di primo grado ma non condivisa in appello. Per quanto ci consta e per quanto pare emergere dalla sentenza, per la prima volta nel recepire il principio di proporzionalità delle sanzioni la Cassazione non si limita a una mera enunciazione di principio con rinvio al giudice di merito, ma ne legittima il suo operato rivestendolo di concretezza materiale. Sebbene ciò non emerga dalla sentenza, solitamente all’indebita detrazione segue la dichiarazione infedele e le due violazioni vengono unificate ai sensi dell’art. 12 del DLgs. 472/97, applicando la sanzione per la violazione più grave aumentata da un quarto al doppio, il che a maggior ragione può scontrarsi con la proporzionalità, essendoci due sanzioni sia pure temperate dal cumulo. Il giudice di merito dovrà, alla luce del caso concreto, disapplicare la sanzione e applicarla in misura inferiore al 90%, compito spesso non facile. Ciò, azzardando alcune ipotesi, può verificarsi quando nell’inesistenza soggettiva il soggetto passivo non è partecipe della frode ma avrebbe potuto, con un maggior grado di diligenza, accorgersene. In ambito domestico la violazione della proporzionalità può essere temperata dall’art. 7 comma 4 del DLgs. 472/1997: “Qualora concorrano circostanze che rendono manifesta la sproporzione tra l’entità del tributo cui la violazione si riferisce e la sanzione, questa può essere ridotta fino alla metà del minimo” (sull’applicabilità di ciò alle frodi IVA, Cass. 10 aprile 2013 n. 8722 e Cass. 4 marzo 2011 n. 5209). Rileviamo, infine, che la revisione del sistema sanzionatorio alla luce della proporzionalità compare tra i criteri direttivi della delega fiscale (L. 111/2023) che l’Esecutivo dovrà attuare.