Recentemente Assonime ha pubblicato la nuova interessante Circolare 20/2023 in cui vengono tirate le fila del discorso sulla normativa del Patent box alla luce delle novità introdotte con la Circolare AdE n. 5/E e con il Provvedimento n. 52642 del 24 febbraio 2023, in cui vengono apportate modifiche al Provvedimento n. 48243 del 15 febbraio 2022. Riprendendo brevemente i tratti fondamentali dell’istituto, il nuovo Patent Box è stato introdotto nel nostro ordinamento, in sostituzione del precedente regime, con l’art. 6 del D.L. 21 ottobre 2021 n. 146 convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215 e successivamente modificato dalla legge 30 dicembre 2021, n. 234. Il rinnovato impianto normativo ha cambiato completamente la disciplina, trasformando il Patent Box da una forma di agevolazione basata sui redditi ad una forma di agevolazione basata sui costi ed introducendo, a tal fine, la possibilità di applicare una maggiorazione del 110% a fronte di specifiche spese sostenute per attività di R&S, di cui ai commi 3 e 4 del citato articolo 6, finalizzate allo sviluppo, accrescimento, mantenimento, protezione e sfruttamento dei seguenti beni immateriali agevolabili: software protetto da copyright; brevetti industriali; disegni e modelli giuridicamente tutelati; due o più beni immateriali tra quelli indicati e collegati tra loro da un vincolo di complementarietà, tale per cui la realizzazione di un prodotto o di una famiglia di prodotti o di un processo o di un gruppo di processi sia subordinata all’uso congiunto degli stessi. Per quanto riguarda la decorrenza del nuovo regime, la legge di bilancio 2022 ha fugato ogni dubbio chiarendo definitivamente che il nuovo Patent box si applica a partire dal periodo d’imposta 2021, per i contribuenti con periodo di imposta coincidente con l’anno solare; mentre quelli con periodo d’imposta a cavallo devono prendere come data di riferimento il “periodo d’imposta in corso al 22 ottobre 2021”. Il nuovo Patent Box ha una durata per cinque periodi d'imposta; è irrevocabile e rinnovabile; prevede un meccanismo premiale di recapture su base ottennale, decorrente dal periodo di imposta in cui l'immobilizzazione immateriale ottiene un titolo di privativa industriale e che consente di recuperare le spese R&S che, ex post, hanno dato vita all’intangibile; consente di usufruire della Penality Protection a fronte di un’adeguata compliance documentale; prevede la sola procedura di autoliquidazione del beneficio da parte del contribuente e non è pertanto contemplata, neanche in forma facoltativa, la procedura di ruling. I regimi di beneficio fiscale relativi ai beni immateriali possono agevolare i costi connessi al loro sviluppo oppure i ricavi derivanti dal loro utilizzo. Da questo punto di vista, il vecchio Patent Box si qualificava come una forma di agevolazione di tipo back-end, in quanto implicava il riconoscimento di aliquote agevolate a valere sul reddito generato dai beni intangibili; per converso, il nuovo Patent Box rientra tra le agevolazioni di tipo front-end, poiché opera direttamente sui costi delle attività di R&S. I regimi front end dovrebbero quindi essere più trasparenti poiché connessi ad un reale sostenimento di costi e pertanto allo svolgimento di un’attività economica sostanziale; dall’altra parte, i regimi back end, agevolando i proventi derivanti dagli immateriali, non garantirebbero un adeguato riscontro che il soggetto percettore abbia effettivamente svolto le attività essenziali e necessarie alla creazione dell’intangibile, al suo sviluppo ed alla sua protezione. Quanto esposto rimanda ad uno dei principi fondamentali dell’Action 5, di cui al piano di azione "Action Plan on Base Erosion and Profit Shifting”, e che prevede una ristrutturazione del lavoro sulle pratiche fiscali dannose, incrementando la trasparenza dei regimi fiscali ed assicurando che questi siano conformi al principio della substantial activity in cui viene imposto l'allineamento tra tassazione e sostanza economica; l’obiettivo è di allineare l’imposizione fiscale con la creazione del valore ed evitare l’utilizzo di strutture prive di sostanza economica al fine di spostare i profitti da una giurisdizione all’altra. Premesso ciò, come sottolineato dalla circolare Assonime, l’Agenzia “non sembra trarre da questa conclusione delle coerenti conseguenze, “ancorando” comunque la spettanza della nuova agevolazione al soddisfacimento di condizioni tipiche dei regimi di Patent Box (regimi, cioè, di tipo back-end) come, ad esempio, l’utilizzo del bene immateriale immaginato soprattutto in termini di sfruttamento dell’IP destinato a produrre reddito; oppure, lo svolgimento di attività di ricerca e sviluppo considerato rilevante ai fini dell’agevolazione solo quando non svolto infra-gruppo”. Venendo alle modalità di utilizzo dell’intangibile, l’Agenzia precisa che l’agevolazione spetta al soggetto che ha il diritto allo sfruttamento economico dell’IP “a prescindere dalla titolarità giuridica dello stesso”, riconoscendone quindi la spettanza anche a coloro che “utilizzano il bene immateriale in forza di un contratto di licenza o sublicenza che conferisca loro il diritto allo sfruttamento economico del bene”, fermo restando il presupposto imprescindibile che il licenziatario o il sub-licenziatario assumano la veste di soggetto investitore. La natura dei beneficiari quali soggetti investitori rappresenta un punto di raccordo con la disciplina del credito d’imposta R&S; a tal proposito, è stato infatti emanato il Principio di diritto AdE 17/2021 recante “Credito d'imposta per attività di ricerca e sviluppo di cui all'articolo 3 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, e ss.mm.ii. - Chiarimenti sulla nozione di soggetto "investitore". Nel citato documento, l’Agenzia delle Entrate richiama la Circolare n. 13/E del 27 aprile 2017 - paragrafo 4.7.1 e ricorda che il credito d’imposta R&S è rivolto unicamente ai soggetti che, nella veste di imprese, effettuano investimenti, cioè investono risorse in attività di ricerca e sviluppo, ne sostengono i relativi costi, assumendone il rischio e avvalendosi degli eventuali risultati; mentre non spetta ai soggetti che, pur eseguendo le suddette attività, non restano incisi dei relativi costi e non sopportano il rischio degli investimenti né acquisiscono i benefici della ricerca svolta. Il contribuente, per poter beneficiare dei due strumenti fiscali, deve necessariamente assumere il rischio tecnico, finanziario e di insuccesso connaturato all’attività di ricerca. Come ulteriormente specificato nella Circolare Assonime n.5/2023, la qualifica di soggetto investitore non potrà pertanto esser riconosciuta in capo ad un contribuente che sottoscrive un contratto di ricerca avente ad oggetto un obbligo di risultato, in quanto, in tale circostanza, il soggetto non assumerebbe tanto la veste di committente, bensì quella più smile ad un comune acquirente dell’asset immateriale. In virtù della forte osmosi tra le due discipline, anche nel contesto della maggiorazione del 110 %, l’agevolazione potrebbe spettare tanto al licenziante quanto al licenziatario, a condizione che il contratto di licenza stipulato conferisca il diritto allo sfruttamento economico del bene immateriale, senza escludere la possibilità di svolgere le attività R&S sull’intangibile. La circolare Assonime sottolinea come “l’utilizzo, diretto o indiretto, dell’IP si configura, anche nell’attuale contesto normativo, come conditio sine qua non per fruire dell’agevolazione e individua, in ogni caso, il dies a quo per beneficiare della maggiorazione”. È pacifico pertanto riconoscere che il momento di fruizione del beneficio è subordinato all’effettivo utilizzo, diretto o indiretto, del bene immateriale tutelato giuridicamente fermo restando che l’AdE sottolinea come “…occorre precisare che, in termini generali, il primo periodo d’imposta nel quale è possibile usufruire del l’agevolazione (come già precisato al paragrafo 3) è quello di effettivo utilizzo del bene immateriale, che potrebbe anche avvenire in un periodo d’imposta successivo a quello in cui è stato ottenuto il titolo di privativa industriale. Resta inteso che, ai fini del meccanismo premiale la maggiorazione si applica ai costi sostenuti negli otto periodi d’imposta precedenti a quello in cui viene ottenuto il titolo di privativa industriale”. Secondo l’Agenzia è necessario pertanto che il bene immateriale, una volta ottenuto il relativo titolo di privativa, venga anche effettivamente utilizzato nell’ambito dell’attività di impresa ed in virtù di tale presupposto, il contribuente avrà l’onere di dimostrare, relativamente a ciascun periodo di imposta oggetto di beneficio fiscale, le modalità di impiego dell’intangibile.