In caso di disastro ferroviario se da un lato si applica la sanzione penale per la responsabilità nell’incidente non è detto che il comportamento del dipendente implichi anche il licenziamento dal posto di lavoro. Quest’ultimo, infatti, non si applica se il dipendente negli ultimi 60 mesi non ha riportato sinistri. Lo chiarisce la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 27407 del 26 settembre 2023. Come la Suprema Corte ha già rilevato (Cass. n. 13654 del 2015), il procedimento (maggiormente garantista, per il dipendente del settore autoferrotranviario, rispetto alla procedura prevista dalla legge n. 300 del 1970), si dipana attraverso quattro fasi: la prima è integrata dalla contestazione dell'addebito, con invito all'incolpato affinché si giustifichi; la seconda (che segue alle eventuali giustificazioni del dipendente) prevede una relazione scritta (corredata dell'opportuna documentazione delle indagini svolte) in cui i funzionari dell'Ufficio Disciplina riassumono i fatti emersi, espongono su di essi gli apprezzamenti e le considerazioni concernenti tutte le circostanze che possono influire sia a carico che a discarico dell'incolpato, nonché le conclusioni circa le mancanze accertate e i relativi responsabili; la terza fase prevede l'espressione, da parte del Direttore dell'Ufficio Disciplina, del c.d. opinamento circa la eventuale sanzione da adottare, opinamento reso noto con comunicazione scritta all'interessato, che entro cinque giorni può presentare nuove giustificazioni (in mancanza delle quali il provvedimento disciplinare diviene definitivo ed esecutivo); infine, la eventuale quarta fase di attivazione del ricorso al Consiglio di disciplina. Ciò posto, nel caso di specie la lavoratrice lamentava, tra l'altro, l'omessa valutazione dell'applicazione dell'allegato 4 dell'accordo sindacale del 26.4.2013 (che escludeva l'applicazione di sanzioni disciplinari e risarcimento del danno ove risultasse la mancanza di sinistri imputabili al dipendente da almeno 60 mesi precedenti l'evento), censura accolta dalla Suprema Corte. In particolare la lavoratrice (vittoriosa in primo grado) aveva riproposto, in sede di appello, la tesi della inapplicabilità, nel caso di specie, della sanzione disciplinare adottata dall'azienda, in forza di una prospettata interpretazione dell'accordo sindacale del 26 aprile 2013, Allegato 4 che consente di rendere non punibili le condotte disciplinarmente rilevanti ove il dipendente non abbia mai riportato sinistri da più di 60 mesi. Ebbene, effettivamente la Corte territoriale si era limitata ad illustrare ampiamente la valutazione di gravità del comportamento tenuto dalla lavoratrice (tale da integrare una giusta causa di licenziamento-destituzione, profilo da ritenersi, ormai, definitivamente accertato), ma non aveva affrontato minimamente il profilo di "non punibilità" così come prospettato dall'interessata. Ne consegue, pertanto, la rimessione della causa al giudice di merito per la valutazione dell'interpretazione dell'accordo sindacale invocato dalla lavoratrice e dell'eventuale applicazione al caso di specie.