La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21929 del 21 luglio 2023, ha stabilito che non è possibile presumere automaticamente che l’opera prestata dall’amministratore di società a responsabilità limitata sia stata svolta a titolo oneroso tassandone il compenso, visto il carattere disponibile del diritto al compenso medesimo. Nella specie il principio disposto dalla Suprema Corte stabilisce: “in materia di accertamento delle imposte sui redditi, l’amministrazione finanziaria non può pretendere, presumendone la onerosità, di assoggettare a tassazione il compenso dell’amministratore di una società in mancanza di prova contraria da parte del contribuente, non potendo la stessa fondare tale pretesa su una presunzione, inconferente in presenza di un diritto disponibile, quale quello dell’amministratore al compenso da parte della società”. La statuizione si richiama a un altro precedente della Cassazione (decisione n. 16530 del 22 giugno 2018), in cui si spiegava che a tale risultato si perviene in quanto il compenso all’amministratore di società essendo un diritto disponibile può essere anche oggetto di rinuncia. Per cui la natura di diritto disponibile non lo rende idoneo a fondare la presunzione di onerosità, circostanza che quindi esclude la possibilità del Fisco di procedere sic et simpliciter al recupero a tassazione. Si segnala che la Suprema Corte aveva anche escluso che l’Amministrazione finanziaria potesse assoggettare a tassazione il presunto compenso dell’amministratore di società per azioni, deducendone l’esistenza solo sulla base della presunzione di distribuzione degli utili, derivante a sua volta dalla ristrettezza della base societaria: veniva escluso il metodo delle c.d. presunzioni “a catena” (Cass. 13 luglio 2018 n. 18643). Di segno opposto è la giurisprudenza di merito, la quale, pur riconoscendo la possibile gratuità dell’incarico dell’amministratore di una srl mediante esplicita rinuncia, ai fini della sua opposizione all’Erario presupponeva una valida delibera assembleare e il riscontro nei libri contabili della società (C.T. Reg. Milano 23 maggio 2017 n. 2285/8/17). Si osservi che, sotto un profilo civilistico nell’ambito delle srl, manca una specifica disciplina in materia di compensi degli amministratori. La giurisprudenza di merito, tuttavia, ha ritenuto che potesse applicarsi la disciplina prevista per le spa che ammette alla possibilità di rinunciare al compenso espressamente o implicitamente (Trib. Milano 27 maggio 2019 n. 5013 e Trib. Roma 3422/2017). Nel caso deciso, fermo restando il principio suddetto, si osserva che il contribuente era stato raggiunto da un accertamento induttivo personale in quanto non aveva presentato la dichiarazione dei redditi pur risultando amministratore di due società che a loro volta avevano omesso le dichiarazioni. Tale circostanza, in assenza di prove di segno contrario, nonché in mancanza dell’indicazione di fonti alternative di reddito da parte del contribuente, ha fatto propendere la Corte – condividendo l’operato dei giudici del gravame – per legittimare il recupero a tassazione. Ciò dal momento che era inverosimile ritenere gratuita la prestazione visto il quadro indiziario rappresentato. Sicché sono state legittimate le presunzioni c.d. supersemplici ricadendo nell’ipotesi di omessa presentazione della dichiarazione, ai sensi dell’art. 41 del DPR 600/73, mancandovi qualsivoglia prova contraria (Cass. 16 luglio 2020 n. 15167).