L’art. 23 della Costituzione recita che “ ... nessuna prestazione professionale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge ...”. Questa riserva di legge comporterebbe secondo anche un’interpretazione consolidata dell’Agenzia delle Entrate, un vincolo invalicabile al potere discrezionale dell’Amministrazione finanziaria nell’accordare o meno uno sconto. Comporterebbe atteso che oggi è innegabile come la generalizzazione dell’istituto della transazione tributaria, intervenuta con l’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs n. 14/2019), ha comportato la normalizzazione di tale strumento. In tal senso sono almeno due le innovazioni che scardinano il principio di indisponibilità, espresso dalla riserva di legge dell’art. 23 Cost., dei crediti erariali e che nel codice della crisi sono espressione di un nuovo approccio: il cram down tributario e contributivo e il rafforzamento degli strumenti di risoluzione negoziale della crisi Con la locuzione “cram down tributario e previdenziale” ci riferiamo, quindi, a quegli istituti giuridici, attualmente disciplinati dal Codice della crisi in forza dei quali è possibile, anche in mancanza di adesione da parte dell’Agenzia delle Entrate o di altro ente della PA quali creditori, ottenere, - sulla base di un provvedimento giudiziale- una riduzione, anche molto pesante, del carico tributario, allorché il debitore proponga un piano di risanamento che preveda il soddisfacimento dei creditori tale da apparire ed essere conveniente rispetto alle reali possibilità economiche e patrimoniali del debitore stesso. Stralcio del debito fiscale e previdenziale o cram down: cosa comporta e chi ne beneficia Una delle fondamentali innovazioni in tema di stralcio dell’obbligazione tributaria è contributiva è data dalla possibilità di ottenerlo per via giudiziale atteso che viene attribuito all’autorità giudiziaria ordinaria di omologare in maniera coatta il piano proposto ai creditori da parte del debitore “ ... anche in mancanza di adesione da parte dell’Amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie quando l’adesione è determinante ...” ciò tanto nel caso di accordo di ristrutturazione quanto nel caso di concordato preventivo. Di suddetta nuova norma esistono due diverse interpretazioni una più restrittiva per cui la coazione giudiziale interviene solo in caso di mancata esplicita votazione da parte della PA interessata alla proposta formulata dal debitore ed una più estensiva che ritiene che il Legislatore abbia manifestato, in maniera inequivocabile, l’intenzione di superare ingiustificate resistenze da parte della Pubblica amministrazione tenuto conto della mancanza di motivazione delle stesse in presenza di un’attestata convenienza della proposta stessa in termini di “incasso” rispetto alla liquidazione giudiziale (resistenza che sarebbe altresì in contrasto con l’art. 97 della Costituzione ovverosia con il principio di buon andamento della PA, vedasi in tal senso Tribunale di Brindisi, sentenza del 10 gennaio 23, Corte d’Appello di Milano sentenza del 9 giugno 2022). L’Autorità giudiziaria è chiamata, in questi casi, ad eseguire una prudente e rigorosa disamina volta a superare l’ostracismo della Pubblica amministrazione solo dove questo risulti ingiustificato o irragionevole e senza che ciò comporti un’ingiusta compressione dei diritti dell’ente pubblico interessato. In questo delicato equilibrio il debitore nella formulazione della propria proposta deve in maniera adeguata pronosticare tutte quelle iniziative che in altre sedi potrebbero essere esperite allo scopo di incrementare l’attivo liquidabile in favore dei creditori e, quindi, anche del creditore pubblico, quali ad esempio, la proposizione di azioni revocatorie, di responsabilità, di recupero crediti etc etc etc... La mancanza di una ragionevole e convincente valutazione da parte del debitore di tutti quegli strumenti volti ad aumentare l’attivo liquidabile alzerà il rischio di respingimento della proposta sia da parte della Pubblica Amministrazione sia da parte, in un secondo momento, dell’Autorità giudiziaria. Ad ogni buon conto nel mese di agosto del 2023 è stato modificato l’art. 63 del CCII ed in forza di tale modifica è stata sospesa la disciplina del cram down fiscale negli accordi di ristrutturazione tributaria con l’Agenzia delle Entrate ed enti previdenziali ritenendo la coazione giudiziaria applicabile solo se il debitore liquiderà il 30% del debito per imposta, interessi e sanzioni e se gli altri creditori aderenti all’accordo rappresentano almeno il 25% dell’intero debito da ristrutturare. Se i creditori aderenti rappresentassero una percentuale inferiore al 25% la proposta del debitore dovrà salire al 40%, il tutto in ogni caso tenendo presente lo scenario della liquidazione giudiziale che dovrà risultare sempre e comunque meno vantaggiosa. La modifica in questione riguarda solo ed unicamente gli accordi di ristrutturazione, restando esclusi dalla stessa sia l’istituto del concordato preventivo sia ogni altro istituto proprio del CCII relativo a tutti quei soggetti non assoggettabili alle procedure proprie della liquidazione giudiziale (vecchio fallimento) e considerati sovra indebitati. In tutti questi casi il cram down fiscale sarà sempre possibile in percentuali libere. Un esempio di stralcio del debito fiscale e previdenziale Uc Sampdoria SPA e Agenzia delle Entrate hanno sottoscritto nel mese di agosto 2023 un accordo in forza del quale il debito fiscale di quasi 50.000.000 di euro è stato stralciato al 35% con un risparmio di 32.000.000 di euro Agenzia dell’Entrate ha accettato lo stralcio atteso che la proposta formulata dal debitore era pari al 35% del debito fiscale. Quest’accordo risalta lo scopo della transazione fiscale, che è quello di produrre effetti positivi al tempo stesso per il debitore, per l’Erario, per gli altri ceditori. Difatti grazie a tale accordo: - il debitore ha potuto dare seguito al proprio risanamento aziendale, proseguendo la propria attività; - l’Agenzia delle Entrate ha potuto recuperare una somma superiore a quella che avrebbe potuto percepire in caso di liquidazione giudiziale; - i creditori ricevono un pagamento che, pur non essendo integrale, consente agli stessi, di evitare le difficoltà e i costi del recupero giudiziale; - i dipendenti del debitore conservano il loro posto di lavoro; - l’erario evita, altresì, il sostenimento degli oneri sociali connessi alla perdita del lavoro (cassa integrazione, mobilità etc etc etc ...). Da ultimo si segnala che l’accordo ha stabilito che il pagamento del 35% del debito erariale è dilazionato in dieci anni, ed è garantito attraverso la concessione da parte del debitore di un pegno sul marchio storico della società.