È ormai principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità quello in forza del quale gli accordi aziendali hanno un’efficacia generale esclusivamente tendenziale - giustificata dall’esistenza di interessi collettivi all’interno dell’azienda che necessitano di essere disciplinati in maniera unitaria - e possono pertanto trovare un limite nel dissenso espresso dei lavoratori o delle associazioni sindacali. Del resto si tratta di accordi che, alla pari di quelli nazionali o territoriali, sono regolati dai principi della negoziazione privata e della rappresentanza negoziale (e non legale o istituzionale) delle organizzazioni sindacali. Sul punto la Corte di cassazione (sezione lavoro, 2 ottobre 2023, n. 27806) è tornata per specificare non solo l’assunto ormai indiscusso in forza del quale l’accordo aziendale ordinario non può estendere i propri effetti anche ai lavoratori o alle associazioni sindacali espressamente dissenzienti, ma soprattutto che, sebbene il predetto dissenso non infici la validità dell’accordo aziendale, lo stesso compromette comunque la natura dell’efficacia negoziale, che in tali casi non può considerarsi generale. Tuttavia, si tratta di una conclusione che non vale per tutti i contratti, in quanto non interessa in alcun modo il contratto collettivo disciplinato dall’articolo 8 del Dl 138/2021 e dotato di efficacia erga omnes. L’articolo 8, infatti, ha posto importanti norme per il sostegno alla contrattazione collettiva di prossimità, conferendo ampi poteri alle intese collettive stipulate a livello aziendale e territoriale e permettendo alle stesse, con specifico riferimento ad alcune materie predefinite, di derogare alle norme di legge e di contratto collettivo con efficacia nei confronti di tutti i lavoratori interessati. Secondo un orientamento affermato in più occasioni, in ogni caso, l’accordo di prossimità può assumere efficacia generale solo se sussistono tutti i presupposti ai quali la condiziona il predetto articolo 8. Si tratta, infatti, di un’efficacia generale eccezionale che non può che essere circoscritta entro confini ben definiti. Nel dettaglio, come riepilogato dalla Cassazione, i presupposti di applicabilità della disposizione possono essere ricondotti ai seguenti quattro. Innanzitutto, a sottoscrivere l’accordo devono essere le associazioni di lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale oppure le loro rappresentanze sindacali che operano in azienda. In secondo luogo, gli accordi aziendali – o meglio, le specifiche intese – devono essere sottoscritti sulla base di un criterio maggioritario relativo alle rappresentanze sindacali. Inoltre, l’accordo deve avere come fine, alternativamente, la maggiore occupazione, la qualità dei contratti di lavoro, l’adozione di forme di partecipazione dei lavoratori, l’emersione del lavoro irregolare, gli incrementi di competitività e di salario, la gestione delle crisi aziendali e occupazionali, gli investimenti o l’avvio di nuove attività. Infine, lo stesso deve provvedere a regolare l’organizzazione del lavoro e della produzione con riferimento agli impianti audiovisivi e all’introduzione di nuove tecnologie; alle mansioni del lavoratore, alla classificazione e all’inquadramento del personale; ai contratti a termine, ai contratti a orario ridotto, modulato o flessibile, al regime della solidarietà negli appalti e ai casi di ricorso alla somministrazione di lavoro; alla disciplina dell’orario di lavoro e alle modalità di assunzione e disciplina del rapporto di lavoro.