Con la sentenza n. 26729 del 18 settembre 2023, la Corte di Cassazione ha riconosciuto che il contribuente al quale si contesti di essere un soggetto interposto in una frode carosello può chiedere di accedere alle informazioni sottostanti l’emissione dell’atto impugnato solo se, e nella misura in cui, l’accesso a tali documenti sia strumentale all’esercizio del suo diritto di difesa, che può dirsi violato nel caso in cui egli illustri come e in che termini la tempestiva ostensione degli elementi di fatto a lui favorevoli, e non contenuti negli atti impositivi impugnati, gli avrebbe permesso di difendersi nel modo più adeguato. IL FATTO La sentenza in esame è stata pronunciata nell’ambito di un processo relativo all’impugnazione di un atto di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate per contestare l’emissione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti emerse a seguito di verifica fiscale eseguita nei confronti di altra società, durante la quale era emersa la frode in materia di IVA. La società impugnava l’atto ricevuto contestando, tra gli altri motivi, il vizio di motivazione per mancata allegazione del PVC contenente i rilievi formalizzati nei confronti della società oggetto di verifica, sostenendo che l’omessa allegazione violasse il suo diritto alla difesa. Sia in primo grado che in appello venivano accolte le eccezioni sollevate dalla contribuente. L’Agenzia delle Entrate presentava ricorso in Cassazione per contestare l’illegittimità della sentenza di secondo grado, sostenendo che l’atto di accertamento era motivato, anche se il PVC non era stato allegato, in quanto ne era stato riportato il contenuto rilevante ai fini delle contestazioni rivolte alla società. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE I giudici di legittimità hanno accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate e respinto il controricorso della contribuente, affermando che “il rispetto del diritto di difesa non costituisce una prerogativa assoluta, ma può essere assoggettato a restrizioni, in particolare in ambito tributario (...), ove occorre tutelare ulteriori interessi, come la vita privata di terzi e la stessa efficacia dell’azione repressiva, interessi meritevoli di tutela, e che possano essere pregiudicati dall’accesso indiscriminato”. È stato, in particolare, escluso che il contribuente non abbia potuto difendersi a causa della mancata allegazione del PVC, sostenendo che le argomentazioni riportate nella motivazione dell’atto notificato alla ricorrente fossero idonee a farle comprendere le contestazioni che le erano rivolte e che trattandosi di una frode IVA era evidente che la contribuente avrebbe dovuto provare di aver adoperato la massima diligenza esigibile da un operatore accorto, in quanto secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale solo tale prova è considerata idonea a escludere il suo coinvolgimento nella frode c.d. “carosello”. È doveroso motivare la limitazione all’accesso del PVC Premesso che nelle frodi IVA l’onere della prova spetta all’Autorità amministrativa e che il contribuente deve provare che non era a conoscenza della frode, si ritiene che per adempiere a tale onere probatorio sia necessario che il contribuente sia informato di tutte le circostanze emerse e documentate con il PVC, in quanto solo in tal modo può fornire la prova liberatoria, idonea a dimostrare che non poteva sapere e che ha tenuto una condotta diligente. Rileva poi precisare che i giudici di legittimità hanno deciso richiamando i principi sanciti con le sentenze della Corte di Giustizi Ue 9 novembre 2017, causa C-298/16, e 16 ottobre 2019, causa C-189/18, le quali hanno riconosciuto il diritto del contribuente ad accedere ai documenti contenuti nel fascicolo amministrativo ogniqualvolta sia avviata una verifica nei suoi confronti, chiarendo che non è rispettato il diritto alla difesa del contribuente ove gli si permetta di prenderne visione solamente nel processo e che, comunque, il diniego ad accedere all’intero fascicolo può solo essere giustificato da esigenze di tutela della riservatezza dei terzi o dell’efficacia dell’azione repressiva. Nel caso in esame, invece, non convince il richiamo a generiche ragioni che avrebbero giustificato la limitazione all’accesso al PVC chiesto dalla contribuente, anche in considerazione del fatto che la richiesta era formulata oramai in sede processuale e, comunque, non si fa riferimento ad alcuna motivazione concreta idonea a limitare il diritto di accesso.