L’art. 10 comma 2 della L. 212/2000 prevede che non si debbano irrogare le sanzioni, né applicare gli interessi moratori al contribuente che si sia uniformato alle indicazioni contenute in atti dell’Amministrazione finanziaria e quando il suo comportamento sia stato posto in essere a seguito di fatti direttamente conseguenti a ritardi, omissioni o errori dell’amministrazione stessa. La sentenza della Cassazione n. 26406/2023, pronunciandosi in merito alla sussistenza del legittimo affidamento del contribuente in considerazione dell’omessa contestazione in una precedente verifica fiscale, ha chiarito che “l’affidamento del contribuente, tutelato dall’art. 10 L. n. 212/2000 è quello che deriva da un comportamento attivo ed univoco dell’Amministrazione finanziaria competente, non quello inerziale, passivo o inattivo che – per sua natura – non univoco è anche spesso coerente con la valutazione sull’esercizio del potere impositivo, non potendosi quindi mai tradurre in una sua limitazione”. Nel caso deciso, l’Ufficio aveva ripreso a tassazione l’indebita deduzione di quote di ammortamento di beni immateriali perché superiori a quelle effettivamente spettanti, ritenendo che dette quote dovessero essere calcolate sul valore di concessione per l’affidamento del servizio farmaceutico anziché, come era avvenuto, sul valore di “avviamento”. La contribuente, dopo aver contestato nel merito l’illegittimità della ripresa impositiva, chiedeva la disapplicazione delle sanzioni e degli interessi sostenendo che la contestazione relativa alle quote di ammortamento avrebbe potuto essere rilevata nel corso di una precedente verifica generale avvenuta nel 2003, anno in cui era già presente l’operazione contestata, essendo avvenuta tra l’anno 1996 e l’anno 2000, mentre in tale contesto l’Ufficio non aveva contestato l’illegittimità dell’ammortamento. La difesa della contribuente riteneva che, proprio in considerazione dell’omessa contestazione nel corso della precedente verifica, fosse innegabile il suo legittimo affidamento a ritenere corretta la condotta fiscale tenuta e, quindi, l’inapplicabilità delle sanzioni e degli interessi (oltre all’illegittimità della ripresa impositiva). In generale, la giurisprudenza di legittimità (ex multis, Cass. 10 dicembre 2002 n. 17576) richiamata anche nella sentenza in esame, ritiene che la sussistenza di un legittimo affidamento richieda: - “un’attività dell’Amministrazione finanziaria idonea a determinare una situazione di apparente legittimità e coerenza dell’attività stessa in senso favorevole al contribuente”; - la conformazione in buona fede alla condotta suggerita; - una situazione normativa astrattamente idonea a normare la fattispecie. Dando seguito al richiamato significato da attribuire al legittimo affidamento, i giudici di legittimità hanno escluso che l’omessa contestazione nel corso di precedenti verifiche fiscali sia idonea a giustificare il legittimo affidamento in quanto “l’affidamento incolpevole è desumibile da un facere dell’Amministrazione che abbia un significato univoco, non da un comportamento negativo, tantomeno durante il termine in cui può essere esercitato il potere di accertamento, poiché tale atteggiamento meramente passivo non riveste i caratteri dell’univocità su cui si edifica l’affidamento incolpevole cui si riferisce la norma precitata che richiede, infatti, dei riscontri oggettivi”. Benché i giudici di legittimità ritengano che il contribuente non possa fare affidamento sull’omessa contestazione per chiedere la disapplicazione delle sanzioni qualora in una successiva verifica dovesse emergere la violazione di norme fiscali, l’opposto orientamento è sostenuto dalla giurisprudenza di merito, la quale con argomentazioni a ben vedere condivisibili ha affermato che “il fatto che un comportamento (quanto meno discutibile dal punto di vista fiscale) sia già stato tenuto dal contribuente e non sia stato contestato in precedenti verifiche, senza che la parte nulla avesse fatto per occultarlo, ma esso fosse facilmente rilevabile dal semplice esame della documentazione contabile dell’anno già verificato” non attribuisce legittimità alla condotta ma è causa idonea per non applicare le sanzioni (sentenza C.T. Reg. Torino n. 674/4/19).