La clausola sociale prevista da un contratto collettivo in caso di cambio appalto si applica anche ai subappaltatori, a patto che sia provata l’esistenza di tale rapporto contrattuale; la prova può essere acquisita dal Giudice, usando i propri poteri d’ufficio, quando già nella causa ci siano sufficienti piste probatorie. Con questi principi la Corte di Cassazione (sentenza n. 30803 pubblicata il 6 novembre 2023) ha risolto una vicenda nata dalla richiesta di alcuni lavoratori coinvolti in un cambio appalto. IL FATTO Un committente cambiava l’impresa affidataria di un servizio (pulizie) e i dipendenti di un’azienda che aveva collaborato a erogare il servizio con l’appaltatrice uscente chiedevano di essere assunti alle dipendenze del nuovo appaltatore, in applicazione della clausola sociale prevista dal contratto collettivo di settore (ccnl cooperative sociali, articolo 37). La complessità della vicenda risiedeva proprio nel fatto che questi lavoratori non erano dipendenti dell’impresa uscente, ma di un soggetto terzo che operava in favore di questa mediante un contratto di subappalto. In primo grado la domanda veniva rigettata dal Tribunale di Foggia per carenza di prova sull’esistenza di tale contratto. La Corte d’appello di Bari riconosceva, invece, il diritto di questi lavoratori a essere assunti alle dipendenze delle società subentrate, condannandole anche al pagamento, a titolo di risarcimento danni, delle somme pari alle retribuzioni che avrebbero percepito dalla messa in mora sino all’effettiva assunzione. La Corte d’appello si basava, per motivare l’accoglimento della domanda, su un contratto di subappalto che non era stato depositato in primo grado, e che veniva invece da lei ammesso in secondo grado facendo leva sui suoi poteri istruttori. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Cassazione ha ritenuto corretta la decisione d’appello, facendo innanzitutto presente che l’utilizzo da parte della Corte territoriale di poteri istruttori integrativi è coerente con i principi che governano il processo del lavoro. In particolare, la Corte di legittimità ritiene che debba essere assicurato un corretto bilanciamento tra il cosiddetto principio dispositivo con le esigenze di ricerca della verità materiale: bilanciamento che si traduce nella possibilità per il giudice, quando le risultanze di causa offrano già significativi dati di indagine (cosiddette piste probatorie), di provvedere d’ufficio all’acquisizione di atti istruttori idonei a superare lo stato di incertezza dei fatti costitutivi dei diritti di cui si verte. In ogni caso, l’attivazione dei poteri istruttori d’ufficio del giudice, precisa la Cassazione, non è volta a superare gli effetti derivanti da una tardiva richiesta istruttoria delle parti o a supplire ad una carenza probatoria totale. Quanto alla clausola sociale, la Corte rileva, nella fattispecie, l’operatività sul piano oggettivo dell’obbligo di assunzione stabilito dalla contrattazione collettiva a garanzia dell’occupazione dei lavoratori dipendenti di società appaltatrice o subappaltatrice in caso di cambio appalto. Questa obbligatorietà viene fatta discendere dal fatto che l’impresa subentrante non presenta mutamenti nell’organizzazione del lavoro; rispetto a tale continuità, conclude la sentenza, non è dirimente la conoscenza soggettiva o la volontà della società subentrante, e rimane efficace il diritto all’assunzione anche in difetto di corretta trasmissione della documentazione da parte delle società precedentemente titolari dell’appalto.