Tra le novità approvate nella fase di conversione in Legge del Decreto Anticipi, risulta anche quella sulla tassazione dei prestiti concessi dal datore di lavoro ai dipendenti che modifica la lettera b), comma 4, articolo 51 del Tuir. Si tratterebbe di un intervento strutturale alla normativa in vigore e corrisponderebbe alla soluzione ideale collegata al problema legato al rialzo dei tassi della Bce, tenuto conto che la variazione del tasso di riferimento ha dirette conseguenze nella determinazione del valore imponibile del benefit da considerare in busta paga. Le misure previste dall’emendamento troverebbero applicazione anche nei mutui ipotecari, scoperti di conto corrente e cessione dello stipendio, concessi da terzi e con i quali il datore di lavoro abbia stipulato accordi o convenzioni, creando pertanto una misura agevolativa premiante per il lavoratore. Nello specifico, trattando il tema dei mutui, l’agevolazione è fruibile anche in assenza di una specifica convenzione (che darebbe vita ad una misura di welfare), ma è comunque necessario che sia il datore di lavoro a provvedere al versamento del proprio contributo direttamente sul medesimo conto corrente del dipendente dal quale la banca preleva le rate del mutuo. Questa nuova disciplina distinguerebbe i prestiti a tasso fisso da quelli a tasso variabile pur confermando le attuali regole di calcolo del fringe benefit, ovvero l’agevolazione secondo cui è imponibile solo la metà della differenza tra l’importo degli interessi calcolato al tasso ufficiale di riferimento (Tur) e gli interessi calcolati al tasso effettivamente praticato al dipendente sui prestiti. Ciò che cambia, invece, è che il tasso ufficiale di riferimento da considerare è quello vigente alla data di scadenza di ciascuna rata o, per i prestiti a tasso fisso, alla data di concessione del prestito. Questo doppio binario, risolve i problemi del recente passato, in cui il Tur da impiegare era esclusivamente quello vigente al 31 dicembre di ciascun anno, con la conseguenza che in periodi di tassi crescenti, come è accaduto lo scorso anno, i dipendenti con mutui a tasso fisso sono stati fiscalmente penalizzati in quanto il valore del benefit è notevolmente aumentato, quantomeno rispetto ai colleghi con i mutui a tasso variabile il cui rialzo del Tur è andato di pari passo con quello a loro applicato e, dunque, lasciando il delta degli interessi (e relativo importo imponibile) sostanzialmente invariato. Dobbiamo tuttavia precisare che la nuova misura si discosterebbe dalle precedenti previsioni anche per i finanziamenti a tasso variabile: il testo approvato, infatti, prevede che il nuovo riferimento da considerare corrisponde a quello vigente alla data di scadenza di ciascuna rata e non già alla fine dell’anno per tutte le rate del medesimo anno. Tale scelta è da accogliersi positivamente perché riduce, se non annulla, l’eventualità che il dipendente sia gravato da pesanti trattenute in sede di conguaglio annuale a causa di questo benefit. Infine, le nuove disposizioni dovrebbero essere applicabili già per il periodo di imposta corrente, in quanto la loro efficacia decorre dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto anticipi (e dunque entro 60 giorni dal 19 ottobre scorso).